Intervista con il teologo dell’Ordine dei Servi di Maria, Ermes Ronchi


A Palermo – in occasione di una conferenza organizzata dalla scuola teologica di base “San Luca Evangelista”, dal tema “Maria: donna di fede, donna controcorrente” – abbiamo incontrato padre Ermes Ronchi, presbitero e teologo italiano dell’Ordine dei Servi di Maria, curatore della rubrica “Le ragioni della Speranza” all’interno del programma di cultura cattolica A sua immagine, e realizzato questa intervista.

La storica giornata del 27 aprile scorso: due Papi santi, uno regnante e uno emerito. È solo una coincidenza storica o un importante segno dei tempi?
«Il 27 aprile ritengo che sia non il momento di una autocelebrazione della Chiesa, della gerarchia che celebra se stessa ma la celebrazione dello Spirito Santo che ha creato, attraverso questi quattro Papi, una novità successiva all’altra, una perenne novità. Giovanni XXIII, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco sono stati coloro che hanno aperto le loro vele al vento dello Spirito. Allora io sento davvero, in questa occasione, ancora pulsare il cuore profondo dello Spirito e della Chiesa. Dio la “vela” e noi il “vento”, questo ho sentito su quella piazza quel giorno».

A un anno e due mesi di pontificato di papa Francesco, qual è la riflessione di Ermes Ronchi?
«La riflessione è che è arrivata la primavera della Chiesa che abbiamo tanto atteso e desiderato. La mia prima reazione sarebbe quella di “saltare di gioia”, come Giovanni Battista nel grembo di Elisabetta quando sente arrivare la Parola incarnata. In papa Francesco credo ci sia questa parola incarnata, questa non differenza tra parola e vita, questa non distanza; e questo è ciò che sentiamo come una ventata di energia e di Vangelo vero. Poi, si potrebbe leggere la sua presenza e il suo lavoro nella Chiesa attraverso una serie di slogan, di parole d’ordine, di “loghion”, per dirla in termini evangelici. Ma ricordarli tutti è difficile. Io credo che davanti a un uomo come Francesco dobbiamo andare disarmati da tutte le difese intellettuali e vedere come siamo passati da una Chiesa sulla difensiva, da una Chiesa oppressa da giudizi, valutazioni e rifiuti, a una Chiesa propositiva, capace di sedurre ancora, capace di proporsi come un’altissima, la più alta, forza morale in questo momento nel mondo. E questo perché si è passati dalla contrapposizione ideologica al catechismo fondamentale, quasi elementare; quindi dalla contrapposizione ideale e ideologica alla modernità, alla riproposizione del catechismo di fondo. Questo credo sia la grande, evangelica, cristiana novità».

Famiglia ed evangelizzazione sono i temi del prossimo Sinodo, qual è l’importanza di questo grande appuntamento?
«È un’importanza vitale, perché dare e ricevere amore (in fondo la famiglia è questo, la famiglia è il luogo dove si dona e si riceve affetto) è ciò su cui si pesa la beatitudine della vita. E la beatitudine della vita è al centro di questo Sinodo dei vescovi. La seconda cosa importante è il metodo diverso che è stato adottato per organizzare il Sinodo, con domande che hanno coinvolto tutti e hanno raggiunto tutti coloro che volevano proporre, esporre, indicare… e quindi è tutta la Chiesa che si muove. Sinodo vero vuol dire “concorso di strade”, vuol dire diversità di strade che convergono, vuol dire non una cosa imposta che discende, ma un convergere insieme, alla ricerca della presenza di Dio e del suo annuncio».

Di che cosa ha realmente bisogno oggi la Chiesa?
«Ha bisogno delle cose di sempre, ha bisogno di “fuoco”! Sono venuto a portare il fuoco, come vorrei che divampasse. La Chiesa ha bisogno di questo calore che hanno sperimentato i discepoli di Emmaus. Trasmettere la fede non è trasmettere una serie di nozioni ma trasmettere l’incandescenza del cuore. E trasmettere questo bruciore dell’anima che hanno sperimentato tutti coloro che hanno avuto la fortuna di accostarsi al Signore e di ricevere la carezza di Dio, o di ricevere il fuoco della Parola».

Qual è l’importanza della Parola nella vita dei credenti, attraverso i mezzi di comunicazione?
«A proposito della Parola san Paolo ricorda: io sono incatenato ma la parola di Dio non è incatenata! Pertanto Essa ha bisogno di proposte libere, ha bisogno di tentare tutte le strade, ha bisogno di parabole. Noi dobbiamo guardare la vita e comporre parabole come faceva Gesù, dobbiamo inventare linguaggi, tutti i linguaggi, anche i 12 milioni di follower del Papa su Twitter. Vuol dire che questi linguaggi di oggi arrivano, e la Parola di Dio oggi – attraverso la molteplicità dei linguaggi, anche quello della televisione – credo che lavori nelle persone come i fiumi carsici. I fiumi della mia terra, nel Carso, improvvisamente scompaiono sotto terra e poi riemergono più a valle, con acqua più limpida, più abbondante, più fresca. E così credo sarà un atto di fede nello Spirito, così sarà anche la fede nel mondo d’oggi, come un fiume carsico, e sarà la sorpresa dello Spirito».

Scritto per Vatican Insider

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