Già nel III secolo d.C., i cristiani dell’Egitto si rivolgevano a Maria definendola «Madre di Dio». La bellissima preghiera Sub tuum praesidium (rinvenuta in un papiro del basso Egitto) ce ne dà testimonianza: “Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, santa Madre di Dio: non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, e liberaci da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta”. In questa antichissima preghiera appare, per la prima volta, l’espressione Theotokos, “Madre di Dio” che il Concilio di Efeso nel 431 proclamerà ufficialmente come dogma di fede.
Dal gennaio del 1970 (revisione del Calendario Romano) il primo giorno dell’anno è liturgicamente dedicato alla solennità della Madre di Dio. Ma quali sono i principali aspetti mariani riconducibili al dono di tale maternità?
Possiamo iniziare dall’episodio evangelico dell’Annunciazione. In quella occasione Maria, verginalmente concepita, risponde alla chiamata di Dio incondizionatamente, senza opporre nessuna obiezione. Le parole che Ella rivolge all’Angelo offrono a Dio l’opportunità di realizzare il piano della salvezza: “Allora Maria disse: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto». E l’angelo partì da lei” (Lc 1,38).
La condizione verginale di Maria, dunque, e il suo totale abbandono alla volontà di Dio sono gli elementi principali che determinano il mistero di questa materna fecondità.
Maria diventa madre nel momento in cui si lascia sottrarre tutto ciò che possiede, attraverso un’obbedienza totale che coinvolge perfino il suo corpo, attraverso la fiduciosa e certamente dolorosa offerta del proprio Figlio per la salvezza del mondo.
Anche il Calvario diventa un luogo straordinariamente fertile. Maria – analogamente al Figlio – si lascia guidare dall’amore del Padre, attraverso un cammino fatto esclusivamente di obbedienza: “avvenga di me quello che hai detto” (Maria) – “Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà” (Cristo); e di passione: “ Anche a te una spada trafiggerà l’anima” (Maria) – “Dopo averlo così schernito, lo spogliarono del mantello, gli fecero indossare i suoi vestiti e lo portarono via per crocifiggerlo” (Cristo).
Le vite di Maria e di Cristo, pertanto, s’intrecciano reciprocamente in un’unica volontà, diventando l’espressione fondamentale dell’appartenenza al Padre.
Faccio notare l’espressione potente e indicativa del ns fine in terra:” …non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova…”. Ecco che ci viene detto in modo esplicito quale sia la ns funzione in terra: siamo in prova.
Prova per una breve vita di carne in terra. Prova, per essere infine giudicati se passare “in permanenza” alla vita eterna o alla morte eterna dello spirito.
Bellissima ed importantissima supplica che spiega in poche righe…tutto il Mistero della vita.
L’espressione nella quale molti non si soffermano a riflettere, nella supplica alla Vergine Maria, é quella che invoca :”..noi che siamo nella prova”: Ma qual’é questa prova?
E’ la breve vita che trascorriamo nella “carne” in questa terra. Così come voluto da Dio, nostro Padre, per poi, una volta terminanta la “prova”, grazie al sacrificio di Cristo Gesù con la sua passione e la Croce, vivere l’etenità celeste con la resurrezione. Ma perché é una prova?
Perché é al termine di questa prova che Dio ci può o non ci può accogliere nel Paradiso celeste per farci godere dell’eternità, ovvero se non abbiamo superato la prova della “carne” in terra – con i nostri peccati lasciati incofessati – Dio ci abbandona alla morte ed al castigo eterno nelle braccia di satana.
Questa é la prova divina che dobbiamo assolutamente superare durante la breve ns vita terrena.