43 anni fa Paolo VI benediceva i primi Bambinelli del Presepio


Ormai è diventata una tradizione, al termine dell’Angelus della terza domenica di Avvento (la cosiddetta Domenica “Gaudete”, dedicata alla gioia del Natale che si avvicina, a metà strada nel cammino d’Avvento) il Papa benedice i bambinelli dei presepi portati in piazza San Pietro da centinaia di bambini e guidati dal Centro Oratori Romani che ogni anno si preoccupa di organizzare la mattinata di festa e preghiera per tutti gli oratori e le parrocchie di Roma che intendono partecipare. “Oggi – dice il Pontefice dalla finestra del Palazzo Apostolico – rivolgo un saluto speciale ai bambini di Roma! Siete venuti per la tradizionale benedizione dei Bambinelli. Carissimi, mentre benedico le statuine di Gesù che metterete nei vostri presepi, benedico di cuore ciascuno di voi e le vostre famiglie, come pure gli educatori e il Centro Oratori Romani”.

Questo particolare e tradizionale momento di festa, che vede coinvolti soprattutto i bambini, ebbe inizio nel dicembre del 1969. Fu Papa Paolo VI, durante l’Angelus di 43 anni fa, a benedire per la prima volta le statuette del Bambin Gesù e i presepi.
Le parole che il dotto Paolo VI rivolse ai fedeli in quella singolare circostanza descrivevano la cura e l’attenzione alla fede di molte delle famiglie italiane, “fra i tanti preparativi, – osservava il Pontefice – guardiamo con compiacenza a quelli che compongono i Presepi: nelle Cappelle, nelle sedi delle istituzioni, dove è onorato il nome cristiano, e specialmente nelle famiglie buone e liete della presenza di bambini e di ragazzi”. Paolo VI sottolineava inoltre l’ingresso di Dio nel mondo nella semplicità e nella povertà, cosicché – tolta ogni distanza, ostacolo o timore – tutti potessero avvicinarLo come uno di noi.

“In questi umili segni, – proseguiva il Successore di Pietro – così familiari e così sublimi, vi è già un preludio della vita nuova, un preludio così elementare, che anche i bambini lo capiscono: ciò che vale è la bontà, è la semplicità, è l’apprezzamento di ogni cosa come dono che viene da Dio, e che a Dio possiamo offrire; è il sentirci liberi dai pesi della vita complicata e mondana, il sentirci innocenti, il sentirci tutti amici e fratelli. Ci si riscalda al presepio, come ad un focolare di amore buono e puro, e ci si sente un po’ illuminati su tutti i problemi di questa nostra misteriosa avventura, che è la nostra vita nel tempo, sulla terra”.

Tre particolari non sfuggono alla nostra attenzione: il nome cristiano – afferma il Papa – è onorato in diverse istituzioni e in special modo nelle famiglie buone e liete della presenza dei bambini. Gli anni sessanta, infatti, custodivano il valore della fede e la trasmettevano, come dote preziosa, alle nuove generazioni.
Secondo: nella statuetta del Bambinello Gesù il segno, il preludio della vita buona, così elementare da essere percepita in modo semplice dai più piccoli. Terzo: l’apprezzamento di ogni cosa come dono che viene da Dio, e il sentirci liberi dai pesi della vita complicata e mondana, il sentirci innocenti, il sentirci tutti amici e fratelli.

Tre caratteristiche che raccontano l’itinerario della fede vissuto nell’ordinarietà della vita e che potremmo definire d’altri tempi se Cristo non continuasse a nascere nel cuore del credente disposto ad accoglierLo.
L’Angelus di Paolo VI terminava con una preghiera presso la culla di Gesù che possiamo fare nostra anche oggi: “Padre Santo, (…). Degnati di benedire questi presepi, / che faranno la gioia delle famiglie cristiane. / Queste immagini del mistero dell’Incarnazione, / sostengano la fede dei genitori e degli adulti, / ravvivino la speranza dei fanciulli, / aumentino in tutti la carità”.

Pubblicato su Korazym.org

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