Identità e appartenenza nell'abito del sacerdote 1


talareRitorna in questi giorni un antico monito (ripreso in passato da Giovanni Paolo II) circa l’opportunità, per il sacerdote o per il religioso, di indossare il proprio abito ecclesiastico. Nella Lettera indirizzata al Cardinale Ugo Poletti, Vicario Generale per la diocesi di Roma, il beato Wojtyla, nel settembre del 1982, sottolineava infatti il valore e il significato dell’abito ecclesiastico “che contribuisce al decoro del sacerdote nel suo comportamento esterno o nell’esercizio del suo ministero, ma soprattutto perché evidenzia in seno alla Comunità ecclesiastica la pubblica testimonianza che ogni sacerdote è tenuto a dare della propria identità e speciale appartenenza a Dio”. Del resto, perché si dovrebbe nascondere il proprio sacerdozio davanti agli uomini? L’abito del sacerdote non è forse un segno che lo distingue dall’ambiente secolare nel quale vive?

Non molto tempo fa, alcuni sacerdoti ritenevano più utile accostarsi ai giovani e incontrare le famiglie senza l’abito, preoccupandosi che la “crocetta” (diventata nel tempo sempre più piccola fino a scomparire del tutto!) rimanesse sempre ben in vista. Contrariamente a quanto si potesse pensare, “l’abito – ricordava Giovanni Paolo II – giova ai fini dell’evangelizzazione ed induce a riflettere sulle realtà che noi rappresentiamo nel mondo e sul primato dei valori spirituali che noi affermiamo nell’esistenza dell’uomo”. Bisogna anche ammettere che la cultura secolare del nostro tempo ha un assoluto bisogno di recuperare i segni e la sacralità del passato, quei richiami a Dio “che – è ancora Wojtyla a ricordarlo – non possono essere trascurati senza un certo impoverimento del nostro servizio sacerdotale”.

Nel marzo 2009 anche Papa Benedetto XVI, rivolgendosi ai partecipanti alla plenaria della Congregazione per il Clero, osservava: “Urgente appare anche il recupero di quella consapevolezza che spinge i sacerdoti ad essere presenti, identificabili e riconoscibili sia per il giudizio di fede, sia per le virtù personali sia anche per l’abito, negli ambiti della cultura e della carità, da sempre al cuore della missione della Chiesa”. Il sacerdote è un personaggio che appartiene alla nostra società; egli – attraverso il conferimento del sacramento dell’Ordine – diventa il principale punto di riferimento per la vita di ogni fedele cristiano. La sua presenza e il suo ministero sono unici e per tutta la comunità cristiana egli diventa necessario e insostituibile.
Basti pensare al fatto che se non esistesse il sacerdote noi verremmo privati della presenza sacramentale di Cristo, non avremmo in mezzo a noi l’Eucaristia. Così il Curato d’Ars ricordava, infatti, l’importante servizio del presbitero: “Se comprendessimo bene che cos’è un prete sulla terra, moriremmo: non di spavento, ma di amore… Senza il prete la morte e la passione di Nostro Signore non servirebbero a niente. È il prete che continua l’opera della Redenzione sulla terra… Che ci gioverebbe una casa piena d’oro se non ci fosse nessuno che ce ne apre la porta? Il prete possiede la chiave dei tesori celesti: è lui che apre la porta; egli è l’economo del buon Dio; l’amministratore dei suoi beni… Lasciate una parrocchia, per vent’anni, senza prete, vi si adoreranno le bestie… Il prete non è prete per sé, lo è per voi”. Che il profilo del sacerdote moderno debba cambiare – affermano alcuni – è un segno dei tempi, poiché è cambiato l’ambito sociale in cui egli vive e svolge il suo ministero, e pertanto anche la forma esteriore in cui egli si presenta alla gente deve mutare. Ma senza più la sua veste, vestito in “borghese”, il sacerdote non è più identificabile e immediatamente riconoscibile.

Se è vero che i Santi ci insegnano a vivere il mistero del Vangelo non risulterà inappropriato e fuori luogo questo richiamo finale. Quando san Giovanni della Croce fu vicino alla morte, in vista della sua sepoltura chiese un particolare permesso al proprio padre Priore: “Ecco l’abito della Vergine che mi è stato dato in uso; io sono povero e non ho nulla con cui essere sepolto; perciò prego vostra Reverenza di darmelo in elemosina”.

Pubblicato su Korazym.org


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Un commento su “Identità e appartenenza nell'abito del sacerdote

  • Virelli Giovanni

    Bisogna costringere i preti a indossare la veste talare, così come si faceva prima del Concilio. E’ uno schifo vedere preti in giro vestiti da pagliacci e buffoni. Ne ho visto uno anche in Chiesa, che vergogna! Essi allontanano la gente dalla Chiesa. Perchè la Chiesa non provvede a restaurare l’ordine e la disciplina? Speriamo che lo farà Papa Francesco.