“La mitezza missionaria di don Pino”


“Sacerdote palermitano martire, ucciso dalla mafia in odio alla fede”. E’ la prima sottolineatura indicata dall’episcopato siciliano in un messaggio per la beatificazione di don Giuseppe Puglisi che si svolgerà a Palermo il 25 maggio prossimo. “La sua mitezza e la sua incessante azione missionaria, evangelicamente ispirata, – scrivono i vescovi siciliani – si scontrò con una logica di vita opposta alla fede, quella dei mafiosi i quali ostacolarono la sua azione pastorale, con intimidazioni, minacce e percosse fino a giungere alla sua eliminazione fisica, in odio alla fede”.

In don Pino Puglisi diventa cristianamente eroico e straordinario il suo “ordinario” ministero presbiterale vissuto come servizio a Dio e all’uomo, senza troppi clamori e con quella serena consapevolezza di essere un semplice strumento nelle mani di Dio e nient’altro. “Promosse – lo riconoscono tutte le chiese di Sicilia – un’azione educativa che contribuiva al cambiamento della mentalità e della visione della vita, favorendo la maturazione della fede del popolo a lui affidato. Svolse instancabilmente il suo ministero sacerdotale per l’edificazione del Regno di Dio richiamando tutti alla conversione, al pentimento e all’incontro con la tenerezza di Dio Padre”. Insomma, Pino Puglisi stimava troppo la vocazione sacerdotale per tirarsi indietro di fronte alle minacce di chi vedeva il lui un prete pericoloso, perché capace di seminare nel cuore di tutti germogli di speranza. Era, si potrebbe dire, “troppo prete”! “Eccessivamente” conformato a Cristo, dedito ad una vita spirituale fatta di ascolto, di preghiera, di Eucaristia.
“La sua azione pastorale – scrivono i vescovi siciliani – nella logica dell’incarnazione si è svolta nella ferialità di una vita «normale», senza compromessi, senza protagonismi, senza vetrine mediatiche, testimoniando nella quotidianità della vita la fedeltà al suo ministero sacerdotale e l’amore alle persone a lui affidate. Questo schietto modo di essere di don Pino Puglisi incoraggia tutti noi, vescovi, presbiteri, diaconi, consacrati e laici, ad attingere alla Parola di Dio e all’Eucarestia il sostegno necessario per la nostra missionarietà nella diffusione del Regno di Dio e per la promozione dell’uomo”.

Pino Puglisi non dimenticò di essere prete anche nei confronti di coloro che meditavano di ucciderlo: “Mi rivolgo ai protagonisti delle inutili intimidazioni che ci hanno bersagliato. Parliamone, spieghiamoci, vorrei conoscervi e conoscere i motivi che vi spingono a ostacolare chi cerca di educare i vostri figli al rispetto reciproco, ai valori della cultura e della convivenza civile”.

Ma nello stesso tempo non poteva tacere il bisogno di promozione umana presente nel territorio della sua Parrocchia: “C’è nella parrocchia un buon fermento di persone impegnate in un cammino di fede, nel servizio liturgico, catechistico e caritativo, ma i bisogni della popolazione sono molto superiori delle risorse che abbiamo. Vi sono nell’ambiente molte famiglie povere, anziani malati e soli, parecchi handicappati mentali e fisici; ragazzi e giovani disoccupati, senza valori veri, senza un senso della vita; tanti fanciulli e bambini quasi abbandonati a se stessi che, evadendo l’obbligo scolastico, sono preda della strada dove imparano devianza, violenza e scippi”.

Pubblicato su Vatican Insider

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