Una piccola «Porta Santa»


Roma_Non è molto grande la porta di casa mia, ha i cardini un po’ arrugginiti, e, a volte, si fa fatica ad aprirla.
Bisognerebbe ripararla questa porta!

Due giorni fa, è venuto il sacerdote a benedire la mia casa e ad incontrare mio marito che, da cinque anni, è inchiodato nel nostro letto per una grave malattia.
«Padre, si accomodi» – dissi, cercando di trovare uno spazio vuoto nella nostra camera matrimoniale, diventata ormai una stanza d’ospedale.

Cristoforo accolse il giovane pretino e riuscì a sollevarsi un po’ dal suo cuscino, stringendo le mani sante del curato.
Il sacerdote, in casa nostra, è una preziosissima risorsa; egli rappresenta e incarna il dono di Dio per noi, la Sua benedizione e la sua presenza.

Cristoforo era contento di quella visita, e iniziò a raccontare la storia della nostra famiglia: il nostro fidanzamento, il matrimonio, la nascita di Luca e Marta, il lavoro, gli amici, la fede e tanti aneddoti che – lo ha sempre detto con grande fierezza – hanno reso la nostra vita la più bella che il buon Dio potesse regalarci. Non trascurò nulla, e con la medesima emozione raccontò anche il piccolo calvario che da cinque anni a questa parte sta sperimentando.

Il giovane sacerdote, aprì l’ultima pagina della Bibbia e lesse il versetto finale:
«La grazia del Signore Gesù sia con tutti voi. Amen!» (Ap 22,21). Sono queste – disse – le ultime parole che nel libro dell’Apocalisse completano il mistero della nostra fede.
Con questo Amen finale, Dio ci ha rivelato tutto.
«È il così sia che tu – caro Cristoforo – stai sperimentando nel letto della tua sofferenza; è lo stesso Amen che non hanno detto dopo la formula del tuo Battesimo perché avresti dovuto dirlo poi tu stesso, lungo tutta la vita. Nel tuo nome, poi, c’è già tutto il mistero che stai sperimentando in questi giorni: Cristoforo vuol dire, infatti, “portatore di Cristo”».

Cristoforo ricevette i sacramenti con invidiabile serenità e gioia, e non smetteva di ringraziare il parroco per la sua visita.
Il giovane pretino ci salutò con grande affetto e lo accompagnai davanti alla porta di casa. Don Marcello mi ringraziò per questo incontro. Poi si fermò un istante, come se stesse pregando, davanti alla porta che avevo appena aperto, si fece il segno della croce e oltrepassò l’uscio di casa.
Leggendo nel mio volto una domanda mi disse:
«Oggi anch’io ho vissuto con voi il mio giubileo. Nelle case dove la sofferenza e le fatiche della vita sono sorrette dalla fede, c’è sempre una piccola porta santa da attraversare!».

© Michelangelo Nasca

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