“Il sorriso di don Pino illumina la sua Palermo”


“Grazie per essere qui, per essere attorno a lui, per vedere il suo sorriso. Perché la sua testimonianza raggiunga il nostro cuore. Don Pino Puglisi sognava sempre delle comunità vive. La nostra Città è orgogliosa del suo martirio. Palermo ha bisogno di un cuore che ama, che condivide, che costruisce”. Sono le parole pronunciate dall’arcivescovo di Palermo, mons. Paolo Romeo, prima del rito di beatificazione del martire palermitano barbaramente ucciso dalla mafia nel settembre di vent’anni fa.

Oggi Palermo raccoglie l’entusiasmo di oltre 80.000 fedeli che trasformano l’area del Foro Italico palermitano in una moltitudine colorata e festosa di cristiani orgogliosi di quel “normalissimo” sacerdote siciliano che ha costretto la mafia ad inchinarsi a quel suo “sorriso”.

Quello stesso sorriso che gli esecutori materiali dell’omicidio – Gaspare Spatuzza e Salvatore Grigoli – raccolsero, con sorpresa, dal volto di Puglisi prima di sparargli a bruciapelo con un arma da fuoco; un sorriso che entrambi (sono loro a renderne testimonianza) continuano ad incontrare nella loro quotidianità, non per condannare ma per convertire.

Anche i medici – durante l’autopsia del cadavere di Padre Puglisi, il 15 settembre del 1993 – non riuscirono a spiegarsi come mai quel volto – dopo aver subito il trauma del colpo ravvicinato alla nuca, che di per sé avrebbe dovuto deformare i lineamenti del viso – continuasse a sorridere. La sorpresa diventa ancora più grande se si pensa poi che durante la ricognizione del corpo del Beato Puglisi, avvenuta in queste ultime settimane, i medici hanno potuto constatare non solo lo stato di ottima conservazione del corpo del sacerdote palermitano, ma la presenza di quel sorriso ancora stampato sul suo volto.

Nella rivista “Credere”, Gaspare Spatuzza racconta i momenti dell’esecuzione di don Pino Puglisi: «Gaspare Spatuzza – si legge nel memoriale in cui il pentito si cita ricorrendo alla terza persona – lo affianca alla sua sinistra, Salvatore Grigoli alla destra. Padre Puglisi, con un sorriso, prima guarda Spatuzza, poi Grigoli. Allora Spatuzza, cercando la mano di padre Puglisi, per rubargli il borsello che teneva con la sinistra, gli intima: “Padre, questa è una rapina”. Puglisi, sorridendo dolcemente e con serenità, dice: “Lo avevo capito”. A quel punto Spatuzza prende il borsello di padre Puglisi e china la testa per far capire a Grigoli che può sparare. Salvatore Grigoli, che nel frattempo aveva puntato l’arma alla nuca di padre Puglisi, spara un solo colpo, come prestabilito, per farlo apparire un incidente nel corso di una rapina. Padre Puglisi cade a terra. Gli assassini, con passo regolare, si allontanano dal luogo del delitto, a bordo delle autovetture che li aspettavano».

In questi giorni ai microfoni dell’agenzia Sir, suor Carolina Iavazzo, collaboratrice di don Pino Puglisi nel quartiere Brancaccio di Palermo, ha ricordato quanto sia vero che l’anima, la libertà e gli ideali di una persona non muoiono mai. Quando il 29 giugno 1993 i mafiosi appiccarono il fuoco alla porta di casa di alcuni strettissimi collaboratori del sacerdote, come vendetta trasversale, «nella Messa successiva – ricorda la religiosa – don Pino usò parole dure: “Voi siete bestie, siete vigliacchi, è facile nascondersi dietro una pistola al buio e colpire, ma se siete uomini possiamo ragionare insieme”. Io mi spaventai molto di queste sue parole e in sacrestia gli chiesi perché aveva gridato tanto, sapendo che c’era gente che ci spiava. Mi rispose: “Più che uccidermi non possono fare”. Solo in quel momento ho avuto la misura giusta del pericolo, ma non capivo la sua risposta: mi chiedevo cosa sarebbe restato se lo avessero ammazzato, ma aveva ragione lui. Il suo messaggio è andato ben oltre. Voleva dire: possono uccidere il mio corpo, ma non la mia anima, i miei ideali, la mia libertà, la mia voglia di costruire il bene, la mia speranza per questo quartiere». Oggi «don Puglisi è come un faro che si accende sulla Chiesa, sul mondo, sulla società – sostiene suor Iavazzo –. Amava dire: “Se ognuno fa qualcosa, allora avremo fatto molto”. Credo che noi tutti, politici, cardinali, vescovi, preti, religiosi, gente comune, dovremmo porre il nostro tassello al servizio del bene nel grande puzzle della vita, con coraggio, perché il mondo si cambia così, dalle piccole cose di ogni giorno”.

Per la città di Palermo questa è stata una settimana di eroiche commemorazioni che il card. Paolo Romeo non ha dimenticato di ricordare durante la celebrazione del rito di beatificazione di don Puglisi; “Livatino, Falcone, Borsellino – afferma l’Arcivescovo palermitano –, come dimenticare il sacrificio di tante persone di buona volontà che si sono impegnate a dare dignità alla nostra isola?”. Palermo fa festa, Puglisi “ha vinto”! E come ci ricorda Tertulliano il seme dei martiri è seme di nuovi cristiani.

Pubblicato su Vatican Insider

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *