La Cattedra di Pietro e la responsabilità dei cristiani


«Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (Mt 16, 16). Possiamo considerare queste parole la prima professione di fede pronunciata da Pietro. E’ Dio Padre che rivela al primo pontefice dell’era cristiana l’identità del Figlio. Pietro, un umile pescatore di Galilea, è l’apostolo designato dal Padre e chiamato dal Figlio a guidare e sostenere la fede della Chiesa. Benedetto XVI, 265esimo pontefice di Roma, “un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore”, anch’egli – come i suoi predecessori – chiamato a governare la Chiesa. “Questo – disse Papa Benedetto XVI insediandosi sulla Cathedra romana del Vescovo di Roma, il 7 maggio 2005 – è il compito di tutti i Successori di Pietro: essere la guida nella professione di fede in Cristo, il Figlio del Dio vivente. La Cattedra di Roma è anzitutto Cattedra di questo credo”.

La parola “credere”, quella stessa parola che mosse la fede di Abramo, diventa per Pietro il primo e fondamentale atto di adesione a Cristo. Credere in Dio significa muoversi verso di Lui, affidarsi, lasciarsi condurre. Pietro – e di conseguenza tutti coloro che gli succedono nel ministero – ha il compito di confermare la fede dei fratelli nonostante le sue personali fragilità. “Colui che è il titolare del ministero petrino, chiariva il Pontefice in quella memorabile omelia prima richiamata, deve avere la consapevolezza di essere un uomo fragile e debole – come sono fragili e deboli le sue proprie forze – costantemente bisognoso di purificazione e di conversione”.

Con il senno di poi queste parole, pronunciate da Benedetto XVI alcuni giorni dopo la sua elezione, ci piombano addosso non a conferma di un triste presagio ma come giusta e consapevole misura dei nostri limiti che possono essere legati, talvolta, anche al vigore fisico e che tutti noi siamo chiamati a sostenere con la preghiera; il 19 aprile 2005, infatti, durante il primo saluto da Pontefice nella Loggia centrale della Basilica Vaticana, Benedetto XVI non esitava a chiederci: “soprattutto mi affido alle vostre preghiere”.

Non è possibile considerare il ministero petrino una preoccupazione esclusiva del Papa. C’è una responsabilità alla quale ciascun cristiano è chiamato, proprio nei confronti di chi ha il compito di condurre la barca di Pietro. Non di rado vengono, infatti, rivolte al Papa una serie di critiche relative al suo ministero e all’efficacia di alcune sue scelte, e spesso anche noi cristiani ci adeguiamo al pregiudizio raccolto per strada, senza alcuna remora o imbarazzo per la Verità che non siamo stati capaci di annunciare! Dimenticando che anche noi siamo chiamati a sorreggere, con la preghiera e con una seria e credibile testimonianza di vita cristiana, il servizio che il Papa svolge per il bene di tutta la Chiesa.

A tal proposito, il teologo svizzero H. U. von Balthasar affermava: “Il Papa non è la santità oggettiva della Chiesa né fonda l’unità di quest’ultima; ha solo da reggere quella già costituita. Ma lo può solo se a lui, insediato da Cristo, nella concorde amorevole obbedienza di tutti i credenti in Cristo viene concesso in cristiana carità lo spazio d’azione spirituale senza di cui egli non può svolgere il suo ministero… In Cristo la Chiesa è talmente una cosa sola, che il Papa non può esercitare la sua funzione d’unità se tutti insieme non sono obbedienti nello Spirito a Cristo così come Cristo lo era nello Spirito al Padre. Se il rapporto che i fedeli hanno con gli uomini del Ministero, il papa, i vescovi e sacerdoti, non è vivificato dalla carità, il ministero che presiede loro scade nella burocrazia, che poi si fa presto a denunciare e criticare senza prender coscienza della propria parte di responsabilità”.

L’adesione al Cristianesimo – quella realtà ed esperienza di vita costruita con il sangue di Cristo – chiede a ciascun battezzato una testimonianza chiara e verace, non nascondiamoci dietro i cespugli dell’indifferenza. Se è vero – come è vero – che siamo Chiesa, tutto ciò che appartiene a Cristo non può e non dev’essere trascurato. “Siate, Cristiani, a muovervi più gravi:/ non siate come penna ad ogne vento,/ e non crediate ch’ogni acqua vi lavi./ Avete il novo e ‘l vecchio Testamento,/ e ‘l pastor de la Chiesa che vi guida:/ questo vi basti a vostro salvamento./ Se mala cupidigia altro vi grida,/ uomini siate, e non pecore matte,/ sì che ‘l Giudeo di voi tra voi non rida! / Non fate com’agnel che lascia il latte / della sua madre, e semplice e lascivo / seco medesmo a suo piacer combatte!” (Dante, Paradiso, V, 73-84).

Pubblicato su Korazym.org

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