Per entrare in Chiesa non si deve pagare


In una recente nota il Consiglio Episcopale Permanente della Cei ha ridisegnato le direttive riguardanti l’accesso alle chiese aperte al culto, escludendo il pagamento di un eventuale biglietto d’ingresso (talvolta riservato ai non residenti o a gruppi di turisti), “perché ne risalti – si legge nella nota – la primaria e costitutiva destinazione alla preghiera liturgica e individuale”. L’episcopato italiano considera “ospiti graditi” tutti coloro che desiderano entrare in chiesa “per pregare, per sostare in silenzio, per ammirare le opere d’arte sacra in esse presenti”. Tuttavia l’osservanza di alcune regole è assolutamente necessaria, soprattutto per quanto riguarda l’abbigliamento, lo stile di comportamento adeguato al luogo e il rispetto del silenzio.

“L’adozione di un biglietto d’ingresso a pagamento – si legge infine nella nota della Cei – è ammissibile soltanto per la visita turistica di parti del complesso (cripta, tesoro, battistero autonomo, campanile, chiostro, singola cappella, ecc.), chiaramente distinte dall’edificio principale della chiesa, che deve rimanere a disposizione per la preghiera”.

Mons. Vincenzo Paglia, vescovo di Terni-Narni-Amelia, che ha redatto il documento della Cei riguardante l’accesso nelle chiese, chiarisce così l’iniziativa dell’episcopato italiano: “L’esigenza nasce dal fatto che erano state fatte alcune obiezioni, perché, in effetti, ci sono circa una cinquantina di chiese dove, in maniera differenziata, si paga un ticket di ingresso, ed era importante ribadire che la Chiesa è un luogo sacro. In Italia, ci sono quasi 100 mila chiese e ovviamente sono tutte gratuite, salvo questa piccola eccezione, che peraltro a volte riguarda unicamente alcune adiacenze delle chiese. Ma che si salvaguardi, si ribadisca con forza che la chiesa è un luogo di accoglienza e di preghiera. Questa è una tradizione antichissima. Ricordo, ad esempio, che nei secoli moderni le chiese erano anche luogo di asilo per i condannati. Se uno era condannato a morte e riusciva a entrare in chiesa, non poteva essere tratto fuori con la forza, neppure dalla Chiesa stessa. Questo per dire quanto uno spazio come quello della preghiera sia santo”.

La presenza nel territorio italiano di famosi edifici sacri, talvolta veri e propri complessi monumentali, poneva una serie di problematiche legate al flusso continuo di visitatori e ai servizi necessari per garantire la vigilanza, la costosa manutenzione dell’edificio sacro, la combinazione degli orari per garantire lo svolgimento delle celebrazioni liturgiche e un po’ di religioso silenzio per permettere al fedele di sostare in preghiera.

L’episcopato italiano con questo documento mette a tema il problema pastorale dell’accoglienza dei turisti e offre alcune importanti indicazioni che hanno il compito di conciliare le esigenze prioritarie della liturgia e della preghiera con le esigenze turistiche, lasciate fino a non poco tempo fa alla libera iniziativa delle varie realtà diocesane.

(Pubblicato su Korazym)

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