Ecco come accogliersi nella diversità



Il messaggero dei ragazzi

Il «Messaggero dei Ragazzi» (MeRa) – il mensile francescano dedicato ai preadolescenti, edito dalla Messaggero Sant’Antonio editrice – propone per il mese di dicembre 2017 un’interessante inchiesta che abbraccia i temi dell’accoglienza e della diversità. Un argomento di indiscutibile attualità che vede come protagonisti due giovani amici che si conoscono da tre anni: Amine, nato in Italia con origini marocchine, e Carlo.

In dialogo con Davide Penello, curatore dell’inchiesta, i due giovani amici offrono alcune delle loro considerazioni personali circa il tema dell’integrazione e dell’accoglienza alle persone immigrate. Quando per strada incrocio lo sguardo degli stranieri – inizia Carlo –, oltre alla diversità dei tratti somatici, del colore della pelle e del loro modo di fare, osservo un «volto pieno di tanti perché! A volte mi piacerebbe sapere cosa pensano, cosa hanno vissuto, come sono arrivati a decidere di lasciare la propria terra».

«I miei genitori – risponde Amine – hanno deciso di spostarsi per avere una condizione di vita migliore, per poter vivere, più che sopravvivere, per allontanarsi da una terra dove c’erano poche opportunità di lavoro. Mio padre era primogenito di una grande famiglia ed il nonno stava male, ha dovuto andarsene dalla sua terra per necessità».

I due amici si rendono conto della grande differenza tra chi scappa dalla guerra ed è costretto a cambiare completamente vita, e chi, invece, lascia la propria terra a causa di condizioni disagevoli, sperando di ritornare nella propria patria in condizione di vita migliore. Si tratta pur sempre di un viaggio, carico di incognite, che – precisa Carlo – «lascia dei segni indelebili, sul volto delle persone che lo affrontano e questa cosa mi colpisce tanto. E poi questa vita migliore che sperano di trovare si scontra con la realtà che non sempre è a loro favore. Ad esempio: il problema del lavoro e dell’inserimento sociale, mica è poca cosa per uno straniero. Vista con i miei occhi non è certo una vita migliore quella che si trovano a vivere».

Molti dei nostri giovani non sempre si rendono conto di quanto possa essere difficile una vita carica di stenti e di incognite, guardano la loro vita in funzione di un benessere che non è uguale per tutti, e non riescono, talvolta, a comprendere – ritenendosi fortunati – l’importanza di quello che hanno. Altri, invece, hanno il coraggio di ammettere – come il giovane Carlo – che «è solo grazie all’altro, al diverso da me, che mi rimanda a condizioni di vita più difficili della mia» che è possibile confrontarsi. A volte – sottolinea Amine, che è nato in Italia – «la mia vita da straniero, perché ho un colore delle pelle diverso dal tuo, la sento tutta! Per me non è tutto dovuto e scontato. I miei genitori, che hanno fatto il viaggio per venire fin qui, mi hanno insegnato il rispetto per tutto quello che vivo. […] Per me non esistono stranieri, ma persone, che tentano di vivere la propria vita con coraggio e dignità».

Accoglienza e integrazione sono due parole difficili da comprendere, se, in qualche modo, non si prova a diventare amici, conoscendo e condividendo un cammino di esistenza comune. Nella storia di amicizia tra Carlo e Amine – osserva Davide Penello –, «sembra che la parola straniero non faccia parte del loro vocabolario, è solo un termine convenzionale. Il loro faccia a faccia fa comprendere che ognuno può essere straniero per l’altro, a volte anche per se stesso, se manca il coraggio della sincerità».

Conoscere gli altri e rispettarli per quello che sono e per la diversità culturale che rappresentano può diventare una ricchezza. «Sento parlare di integrazione – afferma Carlo –, ma spesso mi trovo di fronte ad uno “spezzatino culturale”, mentre sono del parere che si debba mantenere una propria identità e poi aprirsi agli altri».

L’inchiesta operata dal «Messaggero dei Ragazzi» sull’accoglienza e l’integrazione offre tanti spunti di riflessione, soprattutto perché provenienti dalla voce di due giovani, protagonisti di un’amicizia che non mortifica la diversità culturale. Amine – rivolgendosi al giovane amico – conclude: «Grazie Carlo per quello che dici, sento verità nelle tue parole e questo mi tranquillizza perché non sempre ho la sensazione di essere accolto per quello che sono. In fondo ho il colore della pelle ed il volto diverso dal tuo, capisco però che se c’è disponibilità e apertura reciproca le parole come accoglienza e integrazione diventano speciali!».

Scritto per Vatican Insider

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