Se Dio fosse un mestiere probabilmente sarebbe un orefice, magari lo stesso Orefice immaginato dal giovane Karol Wojtyla nel 1960 in uno dei suoi scritti letterari di maggior successo: “La Bottega dell’Orefice”.
Lo sguardo di Dio, mite e penetrante, cerca il cuore di ogni uomo per immergersi nel suo passato e per rinascere nel suo presente. Andrea e Teresa – i due giovani innamorati, entrati nella bottega del misterioso Orefice – percepiscono in quell’inedito sguardo la sensazione ch’Egli (Dio, l’Orefice) stia cercando qualcuno per versarvi dentro qualcosa! Forse cerca proprio loro. Forse cerca anche noi! La loro attenzione è concentrata in quello sguardo… la nostra intera esistenza stava davanti a Lui.
Ecco due brevi stralci tratti dall’opera di Karol Wojtyła, La bottega dell’orefice:
«Intanto l’orefice – come ho già detto – ci guardava in modo particolare. Il suo sguardo era insieme mite e penetrante. Con questo sguardo, lo sentivo, ci scrutava, scegliendo e soppesando le fedi. Poi ci ha infilato gli anelli al dito – per prova. Ho avuto l’impressione che con il suo sguardo cercasse i nostri cuori per immergersi nel loro passato. Riesce anche ad abbracciare il futuro? Calore e fermezza – ecco cosa leggevo nei suoi occhi. Il futuro è rimasto per noi ignoto, ma lo accettiamo senza perplessità. L’amore ha vinto ogni perplessità. L’amore determina il futuro».
«A un certo punto i nostri sguardi si sono incontrati – il mio e quello del vecchio Orefice. Ho avuto allora la sensazione che Lui non solo stesse sondando i nostri cuori ma che cercasse anche di versarvi dentro qualcosa. Ci siamo trovati al livello del Suo sguardo, anzi, al livello della Sua vita. La nostra intera esistenza stava davanti a Lui. Il Suo sguardo ci comunicava dei segni ma in quel momento non eravamo in grado di percepirli in tutta la loro pienezza come accadde con quelle voci, quella notte in montagna – però quei segni riuscirono a penetrare fino nel fondo dei nostri cuori. E non so come – ma ci siamo messi in cammino nella direzione indicataci perché questo filo è diventato l’ordito di tutta la nostra vita».