Quando Luciani scriveva a Pinocchio


“Caro Pinocchio, avevo sette anni; quando lessi la prima volta le tue Avventure. Non ti so dire quanto mi son piaciute e quante volte poi le ho rilette. In te fanciullo riconoscevo me stesso, nel tuo ambiente il mio ambiente”. Inizia così una delle 40 lettere scritte negli anni ’70 dal Patriarca di Venezia, Albino Luciani, divenuto Papa il 26 agosto del 1978 con il nome di Giovanni Paolo I. Si tratta di un fantasioso epistolario – redatto da Luciani tra il 1971 e il 1975 e pubblicato sulla rivista «Messaggero di sant’Antonio» – indirizzato a personaggi storici e mitici di tutti i tempi e luoghi, della fede e della cultura. In una di queste lettere aperte, il Patriarca di Venezia si rivolge a Pinocchio, il famoso burattino fuoriuscito dalla fantasia dello scrittore fiorentino Carlo Collodi, per affrontare insieme a lui il problema dell’autonomia giovanile e delle fede.

Il tempo delle corse in mezzo al bosco, attraverso i campi, in paese, con gli amici è trascorso e Luciani ricorda al giovane Burattino di essere passato dall’altra parte della barricata, e di riconoscersi adesso nei suoi consiglieri: mastro Geppetto, il Grillo parlante, il Merlo, il Pappagallo, la Lucciola, il Granchio, la Marmottina, in quei personaggi della cui saggezza – un tempo – si nutrivano tante generazioni di lettori. “Essi – prosegue Luciani – hanno tentato, ahimé, non ascoltati, eccettuato il caso del Tonno, di darti dei suggerimenti per la tua vita di fanciullo. Io tento di darteli per il tuo futuro di ragazzo e di giovanotto”; poi simpaticamente precisa: “Bada, non tentare neppure di scagliarmi il solito martello, non son disposto a fare la fine del povero Grillo parlante”.

Tra i “consiglieri” appena citati, il Patriarca di Venezia non menziona però la “Fata”, uno dei personaggi protagonisti delle Avventure di Pinocchio che in tanti, istintivamente, avremmo messo al primo posto. E’ il sistema che lascia perplesso l’illustre interlocutore di Pinocchio, il metodo adottato dalla Fata, che per far comprendere gli errori commessi talvolta lascia il giovane burattino da solo, costretto a navigare in cattive acque, lontano da un abbraccio accogliente e indulgente. “Non si agisce così – dice il Vescovo – coi ragazzi che sbagliano, specialmente se essi stanno entrando o sono entrati nell’età detta preziosa oppure, alla pari, età difficile, che va dai 13 ai 16 anni”.
Ed è proprio a questa particolare fascia di età che si rivolge Luciani, a quei giovani che iniziano a crescere e a guardarsi dentro, in un groviglio di mille contraddizioni, carichi di domande e il desiderio di diventare subito grandi. “Sentirai, prepotente, la necessità di affermare il tuo io: da una parte, verrai in contrasto con l’ambiente della famiglia e della scuola; […] Da una parte, esigi indipendenza dalla famiglia; dall’altra, hai fame e sete di essere «accettato» dai coetanei e di dipendere da loro. Quanta paura di essere diverso dagli altri!”. E per questo che servono buoni consiglieri, capaci di instradare le nuove generazioni verso porti sicuri, perché con l’aiuto esterno di bravi educatori cresca la giusta coscienza dei propri diritti e doveri, e il senso di responsabilità.

Luciani poi – rivolgendosi ai giovani più adulti – affronta il problema della fede e, attraverso una variegata ed efficace serie di immagini, avverte Pinocchio: “Respirerai, infatti, obiezioni antireligiose come si respira l’aria a scuola, in fabbrica, al cinema, ecc. Se la tua fede è un mucchio di buon frumento, ci sarà tutto un esercito di topi a prenderlo d’assalto. Se è un vestito, cento mani tenteranno di lacerartelo. Se è una casa, il piccone la vorrà smantellare pezzo per pezzo. Bisognerà difendersi: oggi, della fede si conserva solo ciò che si difende. Per molte obiezioni c’è una risposta persuasiva. Per altre, una risposta esauriente non è ancora stata trovata. Che fare? Non gettar via la fede!”.
Non si può negare che Gesù di Nazareth sia storicamente esistito e che un gruppo di Apostoli lo abbia visto morto e poi risorto. Bisogna dunque avere stima di ogni certezza anche se non è matematicamente evidentissima. “All’uomo è necessario il senso del mistero. Di nulla noi sappiamo il tutto […] come posso pretendere di comprendere e sapere tutto di Dio?”.
A proposito poi dell’amore e dei rapporti prematrimoniali – ricorda il futuro Pontefice – “qualcuno propugna oggi una morale largamente permissiva. Pur ammettendo che in passato si è stati un po’ troppo rigidi su certi punti, i giovani non devono accettare quella permissività […]. E’ opportuno che accettino di imporsi qualche sacrificio…”. E se avessi una fidanzata, un giorno, “rispettala! Difendila contro te stesso! […]. Non badare a certi amici, che raccontano le loro «prodezze», vantandosi e credendo di essere «brillanti» per le loro avventure donnesche. «Brillante» e forte è l’uomo, che sa conquistare se stesso”.

Ma le obiezioni più frequenti – prosegue Luciani – le sentirai circa la Chiesa, e citando Pitigrilli [pseudonimo di Dino Segre, scrittore e aforista italiano, ndr] racconta: «A Londra, ad Hyde Park, un predicatore predica all’aria aperta, ma è interrotto ogni tanto da un individuo mal pettinato e sporco. – Sono duemila anni che esiste la Chiesa, sbotta ad un tratto l’individuo, e il mondo è ancora pieno di ladri, di adulteri, di assassini! “Avete ragione, rispose il predicatore, sono due milioni di secoli che c’è l’acqua al mondo, e guardate in che stato è il vostro collo!” In altre parole: ci sono stati dei cattivi papi, dei cattivi preti, dei cattivi cattolici. Ma questo che significa? Che è stato applicato il Vangelo? No, che viceversa, in quei casi, il Vangelo non è stato applicato!».

Divenuto Papa, nel corso del suo penultimo Angelus, il 17 settembre 1978 (undici giorni prima dalla morte), Giovanni Paolo I tornerà a parlare di Pinocchio, e dalla finestra del Palazzo Apostolico, in occasione dell’inizio dell’Anno Scolastico, dirà:  “Agli alunni delle elementari vorrei ricordare il loro amico Pinocchio: non quello che un giorno marinò la scuola per andare a vedere i burattini; ma quell’altro, il Pinocchio che prese il gusto alla scuola, tanto che durante l’intero anno scolastico, ogni giorno, in classe, fu il primo ad entrare e l’ultimo ad uscire”. Fu in quell’occasione che il “Papa del sorriso” ricordò anche uno dei problemi (immutato ancora oggi dopo 35 anni) legati al lavoro: “Sia in Italia, – affermava Papa Luciani – sia nelle altre nazioni del mondo, oggi: portoni spalancati per chi vuole entrare alle scuole medie e alle università; ma quando hanno il diploma o la laurea ed escono dalla scuola, ci sono soltanto piccoli, piccoli usciolini, e non trovano lavoro, e non possono sposarsi. Sono problemi che la società di oggi deve veramente studiare e cercare di risolvere”.

Poi il Pontefice regala ai fedeli un piccolo riferimento personale e un triste profetico epilogo: “Anche il Papa è stato alunno di queste scuole: ginnasio, liceo, università. Ma io pensavo soltanto alla gioventù e alla parrocchia. Nessuno è venuto a dirmi: «Tu diventerai Papa». Oh! se me lo avessero detto! Se me lo avessero detto, avrei studiato di più, mi sarei preparato. Adesso invece sono vecchio, non c’è tempo”.

Scritto per Vatican Insider

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