La “fede semplice” di Ermanno Olmi nel ricordo del Messaggero di Sant’Antonio


Ermanno Olmi

«Olmi, amico del Messaggero». È questo il principale riconoscimento che il Messaggero di Sant’Antonio attribuisce ad uno dei grandi maestri della cinematografia italiana del Novecento, dedicandogli la copertina della rivista e un articolo carico di ricordi nel numero di luglio-agosto. Piero Lazzarin, ripercorrendo in sintesi la bella amicizia intercorsa con il maestro Olmi, ricorda quanto siano stati importanti per la cinematografia realizzata dal grande regista bergamasco le radici di un cattolicesimo e una purezza contadina d’altri tempi.

L’ambiente d’origine del maestro Olmi – racconta il Messaggero – «era popolato da gente umile e frugale, che regolava le giornate sui ritmi della natura e nel rispetto vitale di essa […]. Gente che si fidava di Dio, anche quando le giornate finivano contro il muro nero dello sconforto». Elementi, questi, che ritornano con delicata realtà scenica nel film “L’albero degli zoccoli”, girato nel 1978 e recitato in dialetto bergamasco da attori non professionisti, per raccontare la vita dei contadini padani. Un capolavoro che valse al maestro Olmi la Palma d’Oro al Festival di Cannes. Analoghe emozioni ne “Il posto” (1961), “Lunga vita alla signora” (1987), e in modo eccellente ne “La leggenda del santo bevitore”, tratto dal romanzo omonimo di Joseph Roth, premiato con il Leone d’Oro al Festival di Venezia, dove miseria umana, riscatto sociale e spirituale, descrivono la fede e la speranza che alberga nel cuore dell’uomo.

Con particolare riconoscenza il Messaggero di Padova ricorda uno dei capolavori di Ermanno Olmi, “700 anni”, un documentario realizzato per la Rai sulla figura di sant’Antonio a settecento anni dalla ricognizione delle sue spoglie mortali. In quest’opera cinematografica, racconta Lazzarin, è possibile osservare la delicatezza e l’attenzione che il maestro Olmi riserva ai volti delle persone che vengono inquadrati dalla telecamera, per raccoglierne con discrezione le loro testimonianze: «In tutta la pellicola aleggia un clima di festa e speranza che stempera l’ansia di chi porta con sé drammi pesanti come macigni».

Il documentario ha segnato il vincolo d’amicizia tra il maestro Olmi e il Messaggero di Sant’Antonio nella persona del direttore, padre Saverio Pancheri, e del caporedattore del mensile, Gino Lubich. «Olmi ci incantava ogni volta con il racconto dei suoi film. Poi, inevitabilmente, nei discorsi s’infilavano i problemi del momento: le inquietudini e gli smarrimenti dell’uomo moderno che, smanioso di autonomia, andava disconoscendo valori affermati e riferimenti, finendo col ritrovarsi solo e vuoto. E poi le brutture di una società sprecona, che i giovani contestavano, sempre più tentati dal ricorso alla violenza», scrive Lazzarin.

Un dialogo schietto e non convenzionale, che guardava – talvolta con preoccupazione – al futuro, e che interrogava anche la coscienza del cristiano, circa la possibilità di contribuire alla creazione di un mondo diverso, più umano e solidale. Erano – conclude l’autore – incontri redazionali a cielo aperto, che offrivano stimoli al nostro lavoro. Ermanno Olmi, infine, era legato al Messaggero di Sant’Antonio «perché rappresentava l’espressione di un mondo che lo incuriosiva, con la sua fede semplice, i riti, le storie di vita e di prodigi». E forse era la condivisione della vita e della fede semplice, il segreto di questa grande amicizia.

Scritto per Vatican Insider

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *