Don Pino Puglisi, il sorriso di chi abbraccia la fede


«Era il giorno del suo compleanno, lo scoprimmo dopo. Spatuzza (un componente del commando che lo uccise, ndr) gli tolse il borsello e gli disse: padre, questa è una rapina. Lui rispose: me l’aspettavo. Lo disse con un sorriso. Un sorriso che mi è rimasto impresso. Non ho esperienza di santi. Quello che posso dire è che c’era una specie di luce in quel sorriso. Un sorriso che mi aveva dato un impulso immediato. Non me lo so spiegare: io già ne avevo uccisi parecchi, però non avevo mai provato nulla del genere. Me lo ricordo sempre quel sorriso, anche se faccio fatica persino a tenermi impressi i volti, le facce dei miei parenti. Quella sera cominciai a pensarci, si era smosso qualcosa» (F. Anfossi, “Famiglia Cristiana”).

E’ con queste parole che Salvatore Grigoli – l’autore materiale dell’omicidio di don Giuseppe Puglisi – ricorda gli ultimi istanti di vita del parroco di Brancaccio (Palermo), ucciso “in odio alla fede” il 15 settembre del 1993. Un “sorriso” che lasciò sbalorditi anche i medici che eseguirono l’autopsia sul cadavere di Padre Puglisi, senza riuscire a spiegarsi come mai quel volto – dopo aver subito il trauma del colpo di pistola ravvicinato alla nuca (che di solito deforma i lineamenti del viso) – continuasse a sorridere. La sorpresa divenne ancora più grande quando durante l’estumulazione del corpo di don Puglisi, avvenuta qualche settimana prima della beatificazione, vent’anni dopo il barbaro omicidio, i medici poterono constatare non solo lo stato di ottima conservazione del corpo del sacerdote palermitano, ma la presenza di quel sorriso ancora stampato sul suo volto. Anche il Pubblico Ministero che si occupò dell’omicidio Puglisi, Lorenzo Matassa, dichiarerà: «Io non dimenticherò mai il sorriso sereno di don Pino Puglisi mentre il medico legale mi indicava il foro d’entrata della pallottola che lo uccise. Era il sorriso di colui il quale aveva scelto e abbracciato la sua fede e con rassegnazione aveva accettato il suo destino con l’estremo sacrificio».

Durante la visita pastorale alla città di Palermo, nell’ottobre del 2010, Papa Benedetto XVI ha più volte ricordato il sacrificio di Padre Pino Puglisi. Il Pontefice, in quella circostanza, non ha esitato a riconoscere nel Parroco di Brancaccio gli elementi di una vita di fede eroica e luminosa. «Egli – sosteneva il Papa – aveva un cuore che ardeva di autentica carità pastorale; nel suo zelante ministero ha dato largo spazio all’educazione dei ragazzi e dei giovani, ed insieme si è adoperato perché ogni famiglia cristiana vivesse la fondamentale vocazione di prima educatrice della fede dei figli. Lo stesso popolo affidato alle sue cure pastorali ha potuto abbeverarsi alla ricchezza spirituale di questo buon pastore […]. Vi esorto a conservare viva memoria della sua feconda testimonianza sacerdotale imitandone l’eroico esempio».

La Chiesa ha riconosciuto, come somma delle virtù, il martirio di don Giuseppe Puglisi, e lo ha beatificato – a Palermo, alla presenza di oltre 90mila fedeli – il 25 maggio 2013.

Se si volesse approntare un bilancio – a venticinque anni dall’omicidio, e a cinque anni dalla beatificazione – non potremmo non mettere in luce i frutti che il martirio di don Puglisi ha prodotto in questi anni. Quelli successivi al martirio sono stati gli anni in cui l’Arcidiocesi di Palermo registrava un significativo incremento di vocazioni al sacerdozio, e non si trattava di adesioni scaturite da suggestioni emotive determinate dalla particolare circostanza.

Alcuni degli autori materiali dell’omicidio Puglisi – come sottolineavamo all’inizio – hanno vissuto in carcere momenti di trasformazione interiore. Anche la Chiesa siciliana, in questi anni, ha rafforzato ulteriormente il “No” alla criminalità e agli illeciti della mafia, attraverso pronunciamenti ufficiali e ferree prese di posizione da parte dei vescovi. Proprio in questi giorni, a 25 anni dal “grido” di Giovanni Paolo II ad Agrigento contro i mafiosi, l’episcopato siciliano ha pubblicato un documento per ricordare l’evento e riconfermarne l’attualità.

A coronamento del venticinquesimo anniversario del martirio di don Pino Puglisi vi sarà nei prossimi mesi l’attesissima visita pastorale di Papa Francesco. Il fatto che il Pontefice venga a Palermo proprio il 15 settembre dà a questa visita pastorale un valore simbolico molto importante. Il 15 settembre è infatti il giorno in cui il beato Puglisi veniva ucciso, il giorno del suo cinquantaseiesimo compleanno, giorno che dal 1993 sino ad oggi ha segnato, per l’Arcidiocesi di Palermo, l’inizio delle attività pastorali.

Il testamento spirituale di Puglisi sta nel suo ministero presbiterale, vissuto come servizio a Dio e all’uomo, senza troppi clamori e con quella serena consapevolezza di essere un semplice strumento nelle mani del Signore. Insomma, Pino Puglisi stimava troppo la vocazione sacerdotale per tirarsi indietro di fronte alle minacce di chi vedeva in lui un prete scomodo e pericoloso, perché capace di seminare nel cuore di tutti germogli di speranza.

Scritto per Korazym.org

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *