“Mia chiesa amata e infedele” 3


«La prima cosa che sento arrivare dritta al cuore quando leggo queste pagine di papa Francesco è una insurrezione di libertà e di fedeltà. Libertà da tutto ciò che è abitudine, consuetudine, apparenza, per riattingere al cuore del Vangelo. Libertà e fedeltà, entrambe vitali come l’aria». È una delle numerose considerazioni che scaturiscono, con abbondante e garbata insistenza, dalle pagine dell’ultimo libro di Ermes Ronchi, «Mia chiesa amata e infedele», Edizioni Messaggero Padova. Un testo che ripercorre sinteticamente l’attività pastorale del Papa latinoamericano, commentando alcune parole chiave del suo pontificato: creatività, originalità, pazienza e tenerezza.

L’autore, presbitero e teologo italiano dell’Ordine dei Servi di Maria, fa suo il sogno di Francesco, quello di una «chiesa sognatrice, lungimirante, che non aspetta quelli che busseranno, ma si mette in cammino, che esce per le strade», e la strada – precisa Ronchi nel prologo del libro – «è di tutti, non domanda lasciapassare, è il luogo dell’imprevisto».

Nella prima parte del libro, Ermes Ronchi – com’è nel suo stile personale, notoriamente familiare e coinvolgente, – offre un approfondimento spirituale della Evangelii gaudium, l’esortazione apostolica scritta dal papa argentino nel novembre 2013. In una chiesa privata dei suoi sogni, a parere dell’autore, «la vocazione al risveglio è il dono inatteso trasmesso dalla Evangelii gaudium: ci fa credere possibile e vicina una chiesa accogliente e liberante, un linguaggio fresco e vitale, il sogno di una comunità credente benefica e felice».

La seconda parte del libro è interamente dedicata al tema della misericordia, un’arte – afferma Ronchi – «che s’impara, imparando tre verbi: vedere, fermarsi, toccare, i primi gesti del buon samaritano».

Nelle pagine di questo libro, edito dal Messaggero di Padova, non mancano riferimenti scritturistici, citazioni letterarie, semplici aneddoti e racconti spirituali capaci di incentivare e motivare l’attenzione del lettore. Interessante, tra le altre cose, l’input contenuto nel titolo del libro, «Mia chiesa amata e infedele», estrapolato da una poesia di David Maria Turoldo; amata come una madre – scrive Ermes Ronchi – «amata nonostante i suoi limiti e la fatica con cui questa nostra carovana multicolore avanza nell’immenso pellegrinaggio verso la vita, nonostante la povertà e le fratture che una visione senza orizzonti ha portato nel popolo di Dio», e infedele «non perché i suoi membri trasgrediscono qualche comandamento, ma perché trasgredisce il sogno che Gesù ha fatto su ciascuno di noi e su tutta l’umanità, quel sogno di gratuità, di felicità e di libertà che ha iniettato nella storia».

Due indicazioni – tra le numerose presenti nel libro – ci fanno riflettere, in modo particolare, sull’azione evangelizzatrice del cristiano: la prima motivazione per evangelizzare – scrive Ermes Ronchi – è «l’amore di Gesù che abbiamo ricevuto e che torna ad affascinarci», in un mondo che talvolta vive come se Dio non ci fosse; pertanto – precisa l’autore – «Avere incontrato Cristo è stato l’affare migliore della nostra vita». La seconda indicazione riguarda Maria come madre e modello di evangelizzazione; «La fede – precisa Ronchi – non si trasmette, alla fede si genera, come madri; non si tratta di consegnare una dottrina ma un fuoco, un lievito caldo, un abbraccio: Dio è così. Al punto da far dire a un grande uomo spirituale “Dio è un bacio” (dom Benedetto Calati); e a papa Francesco, a più riprese, “Gesù è il racconto della tenerezza di Dio”».

Ermes Ronchi, «Mia chiesa amata e infedele», Edizioni Messaggero Padova (2018), pp. 112

Scritto per Vatican Insider


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