Quando Lutero maledì la Carità!


La carità e la prudenza del magistero a proposito di Lutero

Ritorna, in questi giorni, come tema d’attualità, una quaestio teologica, già risolta e abbondantemente trattata e motivata con il Concilio di Trento (1545-1563), in quel periodo storico che diede vita alla cosiddetta Controriforma, a seguito della Riforma protestante.

Non vogliamo, in queste pagine, ripercorrere tutto il processo storico che portò Lutero a prendere le distanze dalla Chiesa cattolica, e le inevitabili e contrapposte lacerazioni che si vennero a creare di conseguenza. Preferiamo, tuttavia, concentrarci – giusto per non lasciare al diffuso buonismo di alcuni moderni commentatori l’ultima parola – su un particolare dettaglio storico-teologico, su un’espressione, «Maledicta sit caritas» («Maledetta sia la carità!»), che venne usata da Lutero in uno dei suoi scritti, e che perfino i suoi più accaniti difensori definirono «mostruosa».

Il “sola fides” luterano

Con questa espressione la teologia luterana tende ad escludere aprioristicamente il legame presente nelle tre virtù teologali (fede, speranza e carità). «Il sola fides, su cui Lutero ha tanto insistito – affermava il card. Joseph Ratzinger –, vuol dire esattamente e propriamente questa esclusione della carità, o amore, dalla questione della salvezza. La carità appartiene al campo delle “opere”, e diventa in tal modo “profana”». Una aggressione da parte di Lutero al concetto di Carità, e non un semplice malinteso come si disse!

In una delle sue ultime opere, Il «Divino cantico» di San Giovanni della Croce, il teologo carmelitano Antonio Maria Sicari offre un’efficace confronto tra la teologia spirituale di San Giovanni della Croce e alcuni capisaldi della teologia luterana. «A riguardo della “sola Fides” – precisa Sicari –, il prezzo più grave che Lutero dovette pagare fu quello di una tragica incomprensione delle altre due virtù teologali (la speranza e la carità). Egli non temeva di insegnare che la sola fede giustifica “prima della carità e senza la carità”, e che la fede non ha bisogno che la carità le dia “forma”. Per sostenere un tale principio, non esitava nemmeno a manipolare alcune note affermazioni bibliche».

Rileggendo, inoltre, la prima Enciclica di Papa Benedetto XVI, Deus caritas est, non vi è poi alcun dubbio sulla centralità che, recentemente, il magistero della chiesa cattolica ha voluto dare alla carità.

Carità e prudenza

Questa premessa ci è sembrata necessaria, soprattutto alla luce delle variegate esternazioni ed interpretazioni che, dall’esterno, hanno accompagnato il recente viaggio apostolico di Papa Francesco in Svezia (31 ottobre – 1 novembre 2016), in occasione della commemorazione comune luterano-cattolica della Riforma. Commenti ed esternazioni, come dicevamo prima, che offrono un’idea di ecumenismo superficiale e frettoloso. «Quelli, ad esempio, che – affermava Papa Paolo VI, quarantotto anni fa – vedono tutto bello nel campo dei Fratelli separati, e tutto pesante e censurabile nel campo cattolico non sono più in grado di promuovere efficacemente ed utilmente la causa dell’unione»; e nel sottolineare gli atteggiamenti di carità e prudenza, il Pontefice precisava: «Dobbiamo riprendere, ben s’intende, con la dignità e la prudenza proprie delle questioni gravi e difficili, contatti cortesi ed amichevoli con i Fratelli da noi tuttora divisi».

“Rimanere uniti a Cristo”

Durante il momento di Preghiera Ecumenica Comune nella Cattedrale Luterana di Lund, Papa Francesco, nel suo discorso, ha sottolineato gli intendimenti ecumenici che lo hanno condotto in Svezia: «In questo incontro di preghiera, qui a Lund, vogliamo manifestare il nostro comune desiderio di rimanere uniti a Cristo per avere la vita». È anche un momento – ha precisato il Pontefice – «per rendere grazie a Dio per l’impegno di tanti nostri fratelli, di diverse comunità ecclesiali, che non si sono rassegnati alla divisione, ma che hanno mantenuto viva la speranza della riconciliazione tra tutti coloro che credono nell’unico Signore».

“Non possiamo rassegnarci alla divisione”

Ricordando il cammino ecumenico e di riconciliazione intrapreso da Cattolici e luterani, Papa Francesco ha precisato che nel contesto della commemorazione comune della Riforma del 1517 vi è una nuova opportunità di accogliere un percorso comune, che ha preso forma negli ultimi cinquant’anni: «Non possiamo rassegnarci alla divisione e alla distanza che la separazione ha prodotto tra noi. Abbiamo la possibilità di riparare ad un momento cruciale della nostra storia, superando controversie e malintesi che spesso ci hanno impedito di comprenderci gli uni gli altri». Il Papa ha inoltre ricordato che la necessità di saper riconoscere che la divisione ci ha allontanati dall’intuizione originaria del popolo di Dio, che è quella dell’unità; la separazione e le incomprensioni ci hanno portato «a prendere coscienza sinceramente che senza di lui non possiamo fare nulla, dandoci la possibilità di capire meglio alcuni aspetti della nostra fede. […] Chiediamo al Signore che la sua Parola ci mantenga uniti, perché essa è fonte di nutrimento e di vita; senza la sua ispirazione non possiamo fare nulla».

In tale circostanza Papa Francesco e il Vescovo Munib Yunan, Presidente della LWF (Lutheran World Federation) hanno anche firmato una Dichiarazione congiunta; un gesto di comune apertura che si inserisce nel lavoro ecumenico che già da diversi anni mette in dialogo e in reciproco ascolto la Chiesa cattolica e luterana.

Scritto per la rivista Dialoghi Carmelitani

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