Tolto il Sacerdote, noi non avremmo il Signore


prete_collettoNon si può dire che negli ultimi anni l’immagine del sacerdote non sia stata oggetto di numerose critiche, e – lo sappiamo bene – quando i peccati più comuni, quelli che commette ogni essere umano, riguardano il sacerdote appaiono sempre più pesanti e fanno notizia. C’è poi chi, in queste notizie costruisce la sua battaglia personale, dove la figura accartocciata del sacerdote è solo lo spunto per remare contro la Chiesa.

Che vi siano state, e purtroppo vi sono ancora, situazioni imbarazzanti nella vita di alcuni preti, non intendiamo metterlo in discussione. Papa Francesco recentemente ha detto: «Ho sentito qualche volta commenti dei sacerdoti che dicono: “Ma questo Papa ci bastona troppo, ci rimprovera”. E qualche bastonata, qualche rimprovero c’è. Ma devo dire che sono rimasto edificato da tanti sacerdoti, tanti preti bravi!».
Anche Papa Benedetto XVI – nella Lettera d’indizione dell’Anno Sacerdotale del 2009 – osservava: «Ci sono, purtroppo, anche situazioni, mai abbastanza deplorate, in cui è la Chiesa stessa a soffrire per l’infedeltà di alcuni suoi ministri. È il mondo a trarne allora motivo di scandalo e di rifiuto». Poi, però, paternamente diceva: «Ciò che massimamente può giovare in tali casi alla Chiesa non è tanto la puntigliosa rilevazione delle debolezze dei suoi ministri, quanto una rinnovata e lieta coscienza della grandezza del dono di Dio, concretizzato in splendide figure di generosi Pastori, di Religiosi ardenti di amore per Dio e per le anime, di Direttori spirituali illuminati e pazienti». E invitava i fedeli a rileggere la vita, gli insegnamenti e gli esempi del Santo Curato d’Ars, il sacerdote che per oltre quarant’anni guidò in modo mirabile la parrocchia a lui affidata nel villaggio di Ars in Francia, con l’assidua predicazione, la preghiera e una vita di penitenza.

Forse è proprio questo il punto di avvio per una corretta crescita interiore, a proposito del ministero sacerdotale, che aiuterebbe laici e preti a riconoscere: prima la grandezza e la santità di un ministero e poi a considerarne i limiti umani. Del resto il concetto di misericordia è misurabile solo a partire dalla grandezza di Dio. Se conosco Dio, l’eternità e l’infinita bontà del suo amore, posso guardare all’uomo con misericordia. Se invece contemplo sempre ed ossessivamente le miserie dell’uomo, difficilmente arriverò a comprendere – come afferma i Catechismo della Chiesa –  che «il desiderio di Dio è inscritto nel cuore dell’uomo».

Offrire al mondo l‘immagine di un sacerdozio corrotto, incline al denaro, lussurioso, pedofilo, arrivista, poco misericordioso, pavido, politicante, spendaccione e altro ancora, può portarci ad una inesorabile conclusione, che il Santo Curato d’Ars (citato da Papa Benedetto XVI) – ribaltandola – spiegava così ai suoi parrocchiani: «Tolto il sacramento dell’Ordine, noi non avremmo il Signore. […] Senza il prete la morte e la passione di Nostro Signore non servirebbero a niente. È il prete che continua l’opera della Redenzione sulla terra… Che ci gioverebbe una casa piena d’oro se non ci fosse nessuno che ce ne apre la porta? Il prete possiede la chiave dei tesori celesti: è lui che apre la porta; egli è l’economo del buon Dio; l’amministratore dei suoi beni… Lasciate una parrocchia, per vent’anni, senza prete, vi si adoreranno le bestie… Il prete non è prete per sé, lo è per voi».

Scritto per Korazym.org

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