«Nelle tue mani per la salvezza del mondo»: il beato don Pino Puglisi


padre_p_puglisiTerminata la lettura di «Pino Puglisi. Il sorriso della fede» (Ed. Messaggero, Padova 2015, pp. 106), scritto da Michelangelo Nasca, vengono spontaneamente alla memoria le parole di Giovanni Paolo II quando affermava che «la vera forza della Chiesa […] sta nella testimonianza dei santi» («Varcare la soglia della speranza»). E di «forza», certo di una specie tutta particolare come è quella della santità, si è davvero trattato  se, per impedire a don Pino di operare, si è addirittura scomodata la mafia. Don Pino Puglisi, o «3P» (padre Pino Puglisi) come preferiva chiamarsi lui stesso, è stato ucciso da due mafiosi, poi rei confessi, nel giorno del suo 56esimo compleanno il 15 settembre 1993 a Palermo e proclamato beato il 23 maggio 2013, sempre a Palermo, alla presenza di oltre 90mila fedeli.

Era un prete, uno dei tanti, che aveva deciso di seguire «le sante ispirazioni del Signore» e perciò di mettersi «al servizio della sua gloria», come scrisse nella lettera in cui chiedeva di entrare in seminario nel lontano 10 settembre 1953. La sua è stata una vita totalmente spesa al servizio di Cristo e del Vangelo. Questo servizio, però, non si improvvisa, non è frutto di facili e passeggeri entusiasmi; è invece il compiersi di un processo di crescita d’amore che, nella sovrabbondanza, si comunica a tutti coloro che si incontrano. Da una pagina risalente al 1974 tutto ciò risulta con assoluta evidenza. Scrive don Pino: «Avrò avuto 21-22 anni, quando Cristo diventò per me una persona, un amico […]. Mi sono sentito di dialogare con lui. Me lo sono sentito proprio vicino, accanto come uno qualsiasi, un altro dei compagni, ma di quelli più amici […]. Ogni momento della mia giornata io lo riferivo a lui, me lo sentivo sempre vicino. E questo rapporto “personale” è continuato. Poi è subentrato un altro fattore: quello che hai fatto ai più piccoli dei miei fratelli lo hai fatto a me. Ecco che Gesù Cristo m’è stato presente anche negli altri. Divenuto sacerdote ho capito e sentito l’esigenza dell’approfondimento». Sono parole che paiono riecheggiare quelle sulla preghiera che si leggono in alcune pagine di santa Teresa d’ Avila o di santa Teresa di Gesù Bambino.

Nei suoi 33 anni di ministero don Pino ha affrontato le più diverse situazioni pastorali della vita del prete: la promozione vocazionale, il mondo del volontariato, l’insegnamento della religione, la cura delle parrocchie di Godrano e quella situata nel quartiere di Brancaccio, sua zona d’origine, il recupero di ragazzi e di giovani senza futuro destinati a diventare facile preda della mafia perché, come diceva, «vivono in mezzo alla strada [e] imparano soltanto il male». Come sappiamo fu proprio questa sua ultima forma di impegno e di attività che gli ha via via procurato le ostilità della mafia, prima fatte solo di minacce e di violente aggressioni, e poi terminate con il suo assassinio.

Le riflessioni di don Pino, mai scontate e per nulla inclini al facile sociologismo, sono saldamente ancorate alla Sacra Scrittura e al contempo sempre capaci di leggere il vissuto cristiano di coloro che, di volta in volta, si trovarono ad essere i suoi interlocutori: giovani, studenti, fidanzati, sposi. Queste riflessioni, provenienti dall’archivio personale, hanno anche un secondo valore: permettono al lettore di addentrarsi in punta di piedi nell’animo del suo autore per capire come la riflessione sulle realtà che gli stavano più a cuore o che erano fonte della sua preoccupazione di pastore andasse maturando.

Come responsabile diocesano per le vocazioni, don Pino coltivò una particolare sensibilità per questa tematica così importante per la vita di un giovane. Per lui il tema delle vocazioni veniva dopo quello della vita come «vocazione» e, di conseguenza, la vocazione al matrimonio e quella alla «verginità sponsale» erano due forme di un’unica vocazione da vivere anzitutto come espressione di amore e di totale dedizione a Cristo per mezzo di una specifica comunità cristiana e non di astratti e disincarnati spiritualismi.

Quando il 2 luglio 1960 don Pino venne ordinato sacerdote, nell’immaginetta ricordo scrisse la seguente preghiera: «O Signore, che io sia strumento valido nelle tue mani per la salvezza del mondo». La sua esistenza sacerdotale non è stata altro che questo. Proclamandolo Beato la Chiesa lo ha ricordato a tutti.

Recensione di P. Aldino Cazzago, pubblicata su Vatican Insider

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