Siria, il sostegno dei Maristi alla città di Aleppo


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(©Afp) Distruzione e disperazione ad Aleppo

C’è il pericolo «che la ripetizione della denuncia dei crimini commessi e delle sofferenze patite dai siriani, rischi di diventare una banalità. Abbiamo paura che, a forza di leggere le atrocità che vengono commesse in Siria, voi perdiate la capacità di indignarvi, rassegnandovi ad accettare l’inaccettabile». È questa la schietta e laconica considerazione rilanciata nella recente lettera dei «Maristi blu» di Aleppo, in Siria, e firmata dal medico siriano Nabil Antaki.

Nonostante tutto – persino di fronte all’ulteriore rischio di assuefarsi o addirittura di banalizzare gli orrori della guerra jihadista – la Congregazione dei Maristi continua a operare nel territorio siriano e a denunciare le condizioni disumane che i cristiani sono costretti ad affrontare da alcuni anni a questa parte. La presenza marista in Siria è costituita dalla comunità di Aleppo; i «Maristi blu», come vengono chiamati tutti coloro che si muovono intorno all’opera solidale marista, proseguono nel loro prezioso lavoro di aiuto, sostegno, distribuzione di cibo e medicinali, organizzazione di attività educative.

Da diverse settimane la città di Aleppo è stata isolata e privata dell’acqua, con una temperatura di 40 gradi all’ombra. Si fa la fila – interminabile ed estenuante – per poter racimolare un po’ d’acqua, proveniente da oltre un centinaio di pozzi che le autorità del luogo sono state costrette a scavare, per affrontare la grave crisi e garantire a una popolazione formata da 2 milioni di abitanti l’indispensabile provvista d’acqua. «Un anno fa, per questo crimine – afferma Antaki, rivolgendosi al mondo – molti di voi avevano protestato e i vostri media ne avevano parlato. Oggi, con la ripetizione continua di questo crimine, nessuno ne parla più, non fa più notizia».

Ovviamente non è solo il problema dell’acqua o dell’elettricità a mettere in ginocchio la città di Aleppo. Qui, si «sgozzano gli esseri umani» – racconta Nabil Antaki; il mondo si è indignato di fronte alle immagini cruenti delle persone date alle fiamme, uccise a sangue freddo, ferocemente sgozzate, però poi tutto è diventato normale. Le considerazioni di Antaki diventano, poi, ancora più forti: «La Siria si svuota del suo popolo, soprattutto dei suoi cristiani. Sono diventati i “profughi” che vi danno tanto fastidio. Fareste bene ad ascoltarli mentre raccontano le loro sofferenze e i pericoli che affrontano per passare clandestinamente in Europa. Ma, non hanno che da rimanere a casa loro, qualcuno dirà! Ma a casa loro c’è l’inferno, c’è il caos, c’è la morte. Non sono dei migranti come amate chiamarli per alleggerire la vostra coscienza, sono dei profughi; e poi, se i rifugiati vi disturbano così tanto, la prossima volta, prima di scatenare una guerra a casa loro, pensateci bene!».

Non si possono dimenticare le migliaia di persone che nel tentativo di fuga dalla propria patria hanno trovato la morte annegati e asfissiati. «Vi siete indignati – prosegue Antaki – solamente quando i vostri media vi hanno mostrato l’immagine straziante del piccolo Aylan su una spiaggia turca. Bisognava farlo prima, e anche adesso, dopo questo dramma. Ma, morire in mare, questo è diventato talmente banale!»; e ancora: «Davanti a tante miserie, sofferenze, morti, distruzioni e drammi, noi Maristi blu, non potevamo restare a braccia conserte. Noi denunciamo, attiriamo l’attenzione, rifiutiamo ciò che non si può accettare, protestiamo, informiamo e agiamo».

In questo oceano di dolore – ha dichiarato papa Francesco, proprio in questi giorni, ai partecipanti all’incontro promosso dal Pontificio Consiglio Cor unum – «non posso sottacere il grave danno alle comunità cristiane in Siria e in Iraq, dove molti fratelli e sorelle sono vessati a causa della propria fede, cacciati dalle proprie terre, tenuti in prigionia o addirittura uccisi». Per rispondere a questa difficile chiamata – ha proseguito il Pontefice – «è necessario che i cattolici rafforzino la collaborazione intra-ecclesiale e i legami di comunione che li uniscono alle altre comunità cristiane, cercando anche la collaborazione con le istituzioni umanitarie internazionali e con tutti gli uomini di buona volontà».

Grazie all’aiuto di appena tre associazioni occidentali i Maristi hanno acquistato tre camioncini attrezzandoli di serbatoi da 1.000 a 2.000 litri di acqua, di una pompa e di un piccolo generatore. Hanno anche acquistato dei serbatoi di 250 litri sistemandoli presso le famiglie rifugiate. Ma c’è ancora davvero tanto che è possibile fare.

«Dichiarate la vostra solidarietà – afferma in conclusione Nabil Antaki, lanciando un appello al mondo – con le persone che hanno fame e sete, malati o feriti, rifugiati o profughi, sulle strade o in mezzo al mare. Considerate i profughi come degli esseri umani che fuggono la guerra e la morte e non dei migranti che vengono da voi per vivere meglio. Siate generosi di cuore e ospitali. Poi, informate, lottate contro la disinformazione praticata da certi media, fate pressione sui vostri governanti e i vostri responsabili affinché cambino la loro politica per arrivare a una soluzione del dramma siriano e salvare ciò che può essere ancora salvato».

Scritto per Vatican Insider

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