Per educare un ragazzo ci vuole tanta gente


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©Ansa – La discoteca Cocorico’ di Riccione

A 16 anni hai tutta una vita davanti a te, poi basta un attimo… ed è finita! Che sia una discoteca o un pezzetto di spiaggia ad accompagnare gli ultimi istanti della tua esistenza potrebbe non bastare per comprendere in quali acque amare e inquinate i nostri giovani continuano a naufragare. E poi c’è il non senso e la solitudine che strozzano – come il cordone ombelicale che talvolta attenta alla vita del nascituro – il cuore e l’interiorità dei più giovani. Nel giro di due settimane due giovani hanno perduto la vita, forse per droga, forse per altro o forse per altro ancora! È in quel «forse» che, purtroppo oggi, sostano tutte le nostre incertezze, tutto e il contrario di tutto, contenuto in quell’avverbio del dubbio e dell’incertezza, di fronte al quale non riusciamo a rispondere.

È un tempo di crisi di notevole entità che non ha precedenti con la storia del passato, e, pertanto, è del tutto inutile provare a fare dei confronti. È tempo di crisi anche per le due grandi realtà educanti, come la scuola e la Chiesa. «La prima – afferma Giuseppe Savagnone, direttore dell’ufficio per la Cultura della diocesi di Palermo, nel suo profilo Facebook – da tempo ha abdicato al compito di proporre, insieme alle conoscenze, orizzonti di verità e di valore capaci di dare loro un senso e di conferire così all’istruzione uno spessore educativo. Ci si limita ormai – quando ci si riesce – a una trasmissione di saperi e, nel migliore dei casi, di metodologie, che hanno una valenza essenzialmente strumentale e non incidono direttamente sull’orientamento esistenziale degli studenti. La nostra scuola […] non è più in grado di proporre fini. Come un grande supermarket, dove ognuno va a cercare i prodotti che gli servono, ma non a scoprire gli scopi esistenziali a cui vuole destinarli. Ed è questo che accade anche nella Chiesa, dove le parrocchie sono anch’esse solo stazioni di servizio (una metafora del tutto analoga a quella del supermarket) per la distribuzione di riti e sacramenti – messe domenicali, battesimi, prime comunioni, matrimoni, funerali – ma non incidono più sul modo di pensare e sulla sensibilità dei fedeli, che le loro idee se le formano fuori delle mura del tempio».

Citando un proverbio africano, papa Francesco, lo scorso anno, ricordava che «per educare un figlio ci vuole un villaggio». Per educare un ragazzo – sottolineava il Papa – «ci vuole tanta gente: famiglia, insegnanti, personale non docente, professori, tutti!». Una responsabilità educativa che appartiene a tutti e che «forse» abbiamo perduto di vista.

Ma, allora, – riferisce con schiettezza Giuseppe Savagnone – «chi (dis)educa i nostri ragazzi? Chi insegna loro che è normale – anzi indispensabile, se si vuole essere come gli altri – perdere la verginità a 14 anni, andare in discoteca ubriacandosi e assumendo droghe, infischiarsene della politica, trasgredire sistematicamente tutte le raccomandazioni degli adulti, smettere di andare in chiesa, escludere l’adesione a un qualunque ideale che vada al di là di un’autorealizzazione spesso confusa con l’appagamento delle proprie pulsioni immediate?».

Se – come ha osservato recentemente papa Francesco – si sono moltiplicati i cosiddetti «esperti», «che hanno occupato il ruolo dei genitori anche negli aspetti più intimi dell’educazione. Sulla vita affettiva, sulla personalità e lo sviluppo, sui diritti e sui doveri, gli “esperti” sanno tutto: obiettivi, motivazioni, tecniche», bisogna ritornare urgentemente a formare dei «veri maestri», capaci di trasmettere insieme al sapere scientifico la ricerca dei valori più profondi. Servono «veri maestri» anche in ambito politico e sociale, capaci di garantire la dignità della persona e la salvaguardia dei propri diritti. Si tratta – conclude Savagnone – «di riscoprire un orizzonte di verità e di valori che possa essere condiviso anche in una società pluralistica, per proporlo a tutti i livelli ai giovani, ferme restando le particolari accentuazioni delle singole agenzie. Creare un’alleanza, una rete di solidarietà educativa, che attraversi le comunità educanti tradizionali infondendo loro nuovo coraggio e nuove idee».

Scritto per Vatican Insider

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