Il Papa in Ecuador, “Nella famiglia bisogna rischiare l’amore”


papa_ecuaA Guayaquil, presso il Parco de Los Samanes, il primo vero e proprio bagno di folla per Papa Francesco in terra ecuadoregna, oltre un milione di persone. Entusiasmo che il pontefice restituisce con la consueta disponibilità a stringere tante mani e a fermarsi per benedire gli ammalati. La vigilanza fa fatica a frenare l’ardore e il desiderio della folla di sfiorare il Papa per un solo istante. Prima di raggiungere il Parco de Los Samanes, Papa Francesco ha visitato il Santuario della Divina Misericordia dove ha sostato per un breve momento di preghiera e un saluto ai fedeli.

Il discorso di Papa Francesco – pronunciato durante la Messa – è, si potrebbe dire, teologicamente bello, e, forse, quello che – rispetto a tanti altri suoi discorsi – pone maggiormente in risalto la missione cristologica e antropologica della Madre di Dio, con la particolare attenzione rivolta verso tutte le famiglie.
Il Pontefice prende le mosse dal celebre brano delle nozze di Cana raccontato in Gv 2,1-11. “Non hanno più vino”, è il dato di fatto che riguarda gli uomini di ogni tempo e che Maria presenta all’attenzione del figlio Gesù, insieme a quel desiderio di stabilità, di amori fecondi e duraturi che interrogano e si rinnovano in ogni generazione. «Facciamo spazio a Maria, “la madre” – afferma il Pontefice – Facciamo insieme a lei l’itinerario di Cana. Maria è attenta, in quelle nozze già iniziate, è sollecita verso le necessità degli sposi. Non si isola in sé stessa, centrata nel proprio mondo, al contrario, l’amore la fa “essere verso” gli altri. E perciò si rende conto della mancanza del vino».

Il “vino” nell’esegesi scritturistica rappresenta la gioia, l’amore e l’abbondanza; caratteristiche, queste, che possono essere rintracciabili – nel racconto delle nozze di Cana – proprio nella persona di Gesù. Chi oggi è rimasto senza quel vino! «Quanti adolescenti e giovani – riferisce Papa Francesco – percepiscono che nelle loro case ormai da tempo non c’è più questo vino! Quante donne sole e rattristate si domandano quando l’amore se n’è andato scivolando via dalla loro vita! Quanti anziani si sentono lasciati fuori dalle feste delle loro famiglie, abbandonati in un angolo e ormai senza il nutrimento dell’amore quotidiano! La mancanza di vino può essere anche la conseguenza della mancanza di lavoro, delle malattie, delle situazioni problematiche che le nostre famiglie attraversano».
In tale contesto, il Pontefice latinoamericano accompagna l’attenzione dei fedeli verso la figura di Maria, presentata come una madre, attenta e premurosa, capace di rivolgersi sempre con fiducia a Gesù; Ella presenta direttamente la difficoltà degli sposi di Cana a suo Figlio… ponendo il problema nelle mani di Dio; «La sua premura per le necessità degli altri anticipa “l’ora” di Dio. Maria è parte di quell’ora, dal presepe fino alla croce. Lei, […] ci insegna a porre le nostre famiglie nelle mani di Dio; a pregare, alimentando la speranza che ci indica che le nostre preoccupazioni sono anche le preoccupazioni di Dio. Pregare ci fa sempre uscire dal recinto delle nostre preoccupazioni, ci fa andare oltre quello che ci fa soffrire, ci agita o ci manca, e ci mette nei panni degli altri. La famiglia è una scuola dove il pregare ci ricorda anche che c’è un “noi”, che esiste un prossimo vicino, evidente: vive sotto lo stesso tetto, condivide con noi la vita e ha delle necessità».

“Fate quello che vi dirà”, è la risposta e il punto di partenza che Maria suggerisce ai servitori presenti al banchetto di nozze a Cana, e a tutti noi oggi che desideriamo metterci alla sequela di Cristo. «Il servizio – ricorda Francesco – è il criterio del vero amore. E questo si impara specialmente nella famiglia, dove ci facciamo servitori per amore gli uni degli altri. Nel seno della famiglia, nessuno è escluso […]. La famiglia è l’ospedale più vicino, la prima scuola dei bambini, il punto di riferimento imprescindibile per i giovani, il miglior asilo gli anziani. La famiglia costituisce la grande ricchezza sociale, che altre istituzioni non possono sostituire, che dev’essere aiutata e potenziata, per non perdere mai il giusto senso dei servizi che la società presta ai cittadini. In effetti, questi non sono una forma di elemosina, ma un autentico “debito sociale” nei confronti dell’istituzione familiare, che tanto apporta al bene comune».

Pur conoscendo i limiti e le miserie della nostra umanità nella famiglia – afferma il Pontefice – «i miracoli si fanno con quello che c’è, con quello che siamo, con quello che uno ha a disposizione». Servono così delle “giare di purificazione” dove è possibile udire l’eco della Parola di Dio: «dove abbondò il peccato, ha sovrabbondato la grazia» (Rm 5,20). Nelle nostre famiglie non si scarta nulla, nessuna cosa è inutile! In vista del Giubileo della Misericordia e del Sinodo Ordinario che discuterà sulla famiglia – dice Papa Francesco – «vi invito ad intensificare le vostre preghiere […] perché persino quello che a noi sembra impuro, ci scandalizza o ci spaventa, Dio – facendolo passare attraverso la sua “ora” – lo possa trasformare in miracolo».

Il vino migliore – conclude il Papa – «sta per venire per ogni persona che ha il coraggio di amare. E viene anche se tutte le possibili variabili e le statistiche dicessero il contrario. Il vino migliore sta per venire per quelli che oggi vedono crollare tutto. Sussurratevelo fino a crederci: il vino migliore sta per arrivare, e sussurratelo ai disperati e a quelli con poco amore. Dio si avvicina sempre alle periferie di coloro che sono rimasti senza vino, di quelli che hanno da bere solo lo scoraggiamento; Gesù ha una preferenza per versare il migliore dei vini a quelli che per una ragione o per l’altra ormai sentono di avere rotto tutte le anfore. Come ci invita a fare Maria, facciamo “quello che Egli ci dirà” (cfr Gv 2,5) e siamo grati perché in questo nostro tempo e in questa nostra ora, il vino nuovo, il migliore, ci fa recuperare la gioia di essere famiglia».

Scritto per Korazym.org

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