L’Irlanda chiamata alle urne per ridefinire il matrimonio


Commuters wait at a bus stop in the early morning light in Dublin, Ireland, on November 22, 2010. Anger mounted in Ireland Monday after Prime Minister Brian Cowen confirmed the European Union had agreed to his request for a multi-billion-euro bailout. AFP PHOTO/Peter Muhly....(b. 49).Immagine eco5b.JPG da giochi host TIPO10 @autore AFP

(©Department of Foreign Affairs) Dublino

Con il referendum del 22 maggio prossimo, l’Irlanda è chiamata a votare la ridefinizione costituzionale del matrimonio e la conseguente apertura ai matrimoni gay. L’episcopato irlandese e il suo primate, mons. Diarmuid Martin, hanno più volte invitato i fedeli a riflettere con attenzione sui temi proposti dal referendum. «Il matrimonio – dichiara mons. Martin – non è una costruzione sociale, ma l’unione complementare tra un uomo e una donna, maschio e femmina, radicato nella natura stessa dell’umanità. […] Il cambiamento proposto non è un semplice allargamento dei diritti, ma un cambiamento profondo della filosofia che tiene unita una società e che tocca e riguarda ogni cittadino» (Radio Vaticana).

Già nel dicembre scorso, i vescovi irlandesi avevano pubblicato un documento pastorale, “Il significato del matrimonio”, per ribadire la posizione della Chiesa sulla legalizzazione dei matrimoni omosessuali nel Paese presentata dal governo di Dublino. «Ridefinire la natura del matrimonio – si legge nel documento – significa distruggere la struttura portante della società. […] La Chiesa cattolica continuerà a sostenere che le differenze tra un uomo e una donna non sono caratteri accessori dell’istituto matrimoniale, ma fondamentali; che i bambini hanno diritto ad avere un padre e una madre e che questo è per loro l’ambiente migliore in cui crescere».

In queste ultime settimane, nelle oltre 1.300 parrocchie irlandesi, continuano gli appelli rivolti ai fedeli per il No alla proposta referendaria. «“La posta in gioco – ribadisce mons. Seamus Freeman – non è l’uguaglianza”, come sostengono i fautori del sì, perché “la vera uguaglianza riconosce la differenza”: quella esistente “tra l’unione tra due persone dello stesso sesso e quella tra un uomo e una donna” aperta per sua natura alla vita.  Questo del resto è il senso delle attuali norme dell’articolo 41 della Costituzione irlandese che tutelano l’istituto matrimoniale in quanto fondamento della famiglia» (Radio Vaticana).

Anche il vescovo di Waterford Phonsie Culliman si era precedentemente espresso circa il concetto di uguaglianza rivendicato dai fautori del referendum. «Il messaggio con cui siamo bombardati, è che siamo tutti uguali. Questo è vero, siamo tutti uguali nella dignità, ma non siamo tutti gli stessi. Uomini e donne sono diversi. I bambini sono diversi dagli adulti. L’unione di un uomo e una donna è diversa da qualsiasi tipo di rapporto tra due uomini o due donne. Un uomo e una donna si uniscono nel portare nuova vita nel mondo e ogni bambino ha il diritto ad avere un padre e una madre (siano essi naturali o adottivi)».

Papa Francesco, nel gennaio scorso, incontrando le famiglie a Manila, affermava con chiarezza: «La famiglia è anche minacciata dai crescenti tentativi da parte di alcuni per ridefinire la stessa istituzione del matrimonio mediante il relativismo, la cultura dell’effimero, una mancanza di apertura alla vita». Poi, citando Wojtyla, dichiarava: «Ogni minaccia alla famiglia è una minaccia alla società stessa. Il futuro dell’umanità, come ha detto spesso san Giovanni Paolo II, passa attraverso la famiglia (cfr Familiaris consortio, 85). Il futuro passa attraverso la famiglia».

Risulta ulteriormente significativa la scelta di Papa Francesco di voler dedicare (già da diverse settimane) il tema delle Udienze generali alla famiglia. Una posizione, quella del Pontefice, che non è passata inosservata in tutti gli ambienti ecclesiali, e che sottolinea con fermezza la sacralità e la dignità del matrimonio.

Scritto per Vatican Insider

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