A chi ho pensato… se non a voi! 2


natale“A chi ho pensato quando, bambino pieno di freddo, giacevo nella mangiatoia, se non a voi? Di che ho parlato nella luce del Tabor con Mosé ed Elisa se non della mia passione per voi? E per che cosa mai mi sono trascinato lungo le quattordici interminabili stazioni se non per voi? E la mia stessa divinità e l’abbraccio del Padre mio, per chi li ho mai lasciati se non per voi? Voi volete seguirmi? Volete essere chiamati miei discepoli. Allora vi guidi il sentimento che animò me: quando io, Dio per essenza, non ci ho proprio tenuto con spasimo di essere eguale a Dio, ma svuotai me stesso e mi annientai, presi figura di schiavo, divenni simile agli uomini, discesi vestito di vesti umane quotidiane al di sotto di me, in obbedienza fino alla morte, fino alla morte di croce” (H.U. von Balthasar).

Non sono di certo parole da leggere come un qualsiasi rimprovero, né tanto meno vogliono puntare l’indice contro qualcuno. Il mistero della Incarnazione di Cristo ripropone piuttosto il senso della nostra vocazione; quella vocazione che ogni anno, maldestramente, cerchiamo di ricondurre presso la grotta di Betlemme… là, dove tutto ha avuto inizio!

Le parole di von Balthasar, citate prima, sono un invito alla sequela di Cristo. Non c’è una strada da seguire in alternativa a quella battuta da Gesù stesso, né possiamo abbreviarne il tragitto per mezzo di artificiose scorciatoie! Ma c’è ancora di più: la strada da percorrere non è geograficamente rintracciabile, poiché coincide con la persona stessa di Cristo. Dio ha scelto la concretezza della carne per rivelarsi all’uomo e questo fa del cristianesimo il più grande paradosso religioso di tutti i tempi.

Oggi, alcuni (anche tra coloro che si professano teologi cristiani) cercano di spiegare molti aspetti marginali dell’esistenza di Cristo, soffermandosi sulla datazione storica del 25 dicembre o sulla possibilità che Cristo sia nato in un’altra località rispetto al povero e sperduto paesello di Betlemme. Nessuna di queste perplessità potrà mai superare l’avvenimento principale della nostra fede, “il fatto” cioè che un Dio per farsi carne abbia scelto la misera condizione umana e sia venuto ad abitare in mezzo a noi e che, nel presente, nell’oggi della nostra vita quotidiana ritorni a mendicare la debole e vacillante attenzione dell’uomo.


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