Identikit del nuovo Arcivescovo di Palermo


catt_palermoLa Chiesa di Palermo – in “standby” da quasi due anni – attende il nuovo arcivescovo. Alla guida dell’arcidiocesi panormitana dal 2006, infatti, monsignor Paolo Romeo – che il 20 febbraio prossimo compirà 77 anni – nel febbraio 2013, aveva rassegnato – secondo le norme di Diritto canonico – le sue dimissioni. Come avviene di solito in questi casi – secondo una prassi non ufficiale – le dimissioni (a meno che non vi siano gravi motivi) non vengono accettate subito, e in attesa del successore viene prorogata la permanenza del vescovo dimissionario. In questi due anni, – a “cavallo fra due pontificati” – c’è stato tempo per ipotizzare i nomi dei possibili successori. Il 6 febbraio 2013, infatti, papa Benedetto XVI annunciava la sua rinuncia al ministero petrino e la conclusione del suo pontificato fissata per il 28 febbraio. Romeo, proprio in quei giorni rassegnava le sue dimissioni da Arcivescovo di Palermo per raggiunti limiti di età. A Palermo, così, ci si chiedeva chi sarebbe stato il prossimo papa e il prossimo arcivescovo.

Quali sono le attese della Chiesa siciliana a proposito della prossima o imminente nomina del nuovo arcivescovo di Palermo, e quali le specificità pastorali che dovranno caratterizzarlo? Lo abbiamo chiesto al direttore dell’Ufficio pastorale di Palermo. «Credo di poter fare mie – dichiara don Salvatore Priola – le indicazioni che i padri conciliari hanno sottoscritto nel decreto Christus Dominus al numero 16. Un vescovo che si comporti in mezzo ai propri fedeli come Gesù ha detto di sé: “Io sto in mezzo a voi come colui che serve” (Lc 22,27), li conosca e si lasci conoscere (cf. Gv 10,14); che sia di esempio per spirito di carità e per dedizione verso tutti, in modo che venga riconosciuta e apprezzata la sua autorità da tutti, credenti e non (cf. Mt 7,29); che abbia capacità “sinfoniche” nell’esecuzione delle tante ricchezze, di persone e di esperienze spirituali e pastorali, delle quali è dotata la nostra Chiesa; che sia disposto a qualsiasi opera buona (cf. 2Tm 2,21) e a sopportate tutto per amore del popolo che gli è affidato (cf. 2Tm 2,10); che tratti con particolare carità i sacerdoti, considerandoli come figli e amici e disponendosi ad ascoltarli e a trattarli con fiducia e benevolenza, prendendosi cura delle loro condizioni spirituali, intellettuali e materiali (cf. Cd 16)».

Analoga domanda abbiamo rivolto a un laico impegnato nell’arcidiocesi palermitana, docente della Pontificia Facoltà teologica di Sicilia San Giovanni Evangelista. «L’amore alla Chiesa – afferma la Maria Lo Presti – rende enormi le attese nei confronti del vescovo. Vi è la necessità di vivere e annunciare il Vangelo nella complessità della realtà attuale: percepire e far sì che si avverta come non sia “inutile” – e penso alle parole di Paolo VI – quanto è della fede cristiana per donne e uomini del nostro tempo. Questioni diverse interpellano con urgenza la comunità ecclesiale: dalle problematiche connesse alla famiglia, agli stili di vita in una società in cui vi sono nuove e crescenti povertà; dalle questioni sociali connesse alla mancanza di lavoro, alla formazione dei giovani… Per una testimonianza credibile del Vangelo, si attende un pastore-padre che favorisca la crescita della comunione ecclesiale, attraverso l’ascolto di ciascuno e la valorizzazione della ministerialità nelle sue più ampie espressioni».

Il prossimo arcivescovo di Palermo (o di qualsiasi altra diocesi), certamente, non potrà prescindere dal possedere anche altre caratteristiche, delineate da papa Francesco in questi due anni di pontificato. Nel giugno del 2013 (solo per fare un esempio), durante un incontro con i rappresentanti pontifici (o nunzi apostolici), al termine del suo discorso il Pontefice dettò ai presenti alcune indicazioni essenziali per individuare i possibili candidati all’episcopato, una sorta di vademecum che traccia l’identikit dei futuri vescovi. Ecco le indicazioni suggerite dal Papa: «Voi conoscete la celebre espressione che indica un criterio fondamentale nella scelta di chi deve governare: si sanctus est oret pro nobis, si doctus est doceat nos, si prudens est regat nos – se è Santo preghi per noi, se è dotto ci insegni, se è prudente ci governi. Nel delicato compito di realizzare l’indagine per le nomine episcopali siate attenti che i candidati siano Pastori vicini alla gente: questo è il primo criterio. Pastori vicini alla gente. È un gran teologo, una grande testa: che vada all’Università, dove farà tanto bene! Pastori! Ne abbiamo bisogno! Che siano padri e fratelli, siano miti, pazienti e misericordiosi; che amino la povertà, interiore come libertà per il Signore e anche esteriore come semplicità e austerità di vita, che non abbiano una psicologia da “Principi”. Siate attenti che non siano ambiziosi, che non ricerchino l’episcopato; […]. Quelli che ricercano l’Episcopato… no, non va. E che siano sposi di una Chiesa, senza essere in costante ricerca di un’altra. Siano capaci di “sorvegliare” il gregge che sarà loro affidato, di avere cioè cura per tutto ciò che lo mantiene unito; di “vigilare” su di esso, di avere attenzione per i pericoli che lo minacciano; ma soprattutto siano capaci di “vegliare” per il gregge, di fare la veglia, di curare la speranza, che ci sia sole e luce nei cuori, di sostenere con amore e con pazienza i disegni che Dio attua nel suo popolo. Pensiamo alla figura di san Giuseppe che veglia su Maria e Gesù, alla sua cura per la famiglia che Dio gli ha affidato, e allo sguardo attento con cui la guida nell’evitare i pericoli. Per questo i Pastori sappiano essere davanti al gregge per indicare la strada, in mezzo al gregge per mantenerlo unito, dietro al gregge per evitare che qualcuno rimanga indietro e perché lo stesso gregge ha, per così dire, il fiuto nel trovare la strada. Il pastore deve muoversi così!».

Scritto per Vatican Insider

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