La memoria liturgica di P. Pino Puglisi


pinopuglisiOgnuno di noi sente dentro di se un’inclinazione, un carisma. Un progetto che rende ogni uomo unico e irripetibile. Questa chiamata, questa vocazione, è il segno dello Spirito Santo in noi. Solo ascoltare questa voce può dare senso alla nostra vita” (Padre Pino Puglisi).

Sono trascorsi ventidue anni dal tragico omicidio di Padre Pino Puglisi, in odio alla fede, avvenuto il 15 settembre del 1993 in una borgata palermitana. Talvolta, riprendo il mio quaderno di Religione, che ancora custodisco come il più caro dei ricordi, per rileggere ciò che don Pino ci faceva scrivere in classe durante le sue lezioni. Era sempre sereno e contento di essere un sacerdote o meglio, come amava ripetere, un presbitero! Non perché, come dice etimologicamente il termine, presbitero (presbyteros) vuol dire “il più anziano” ma perché quel termine gli ricordava il presbiterio, il luogo dove è posto l’altare, e dunque la particolare vicinanza con il mistero e il sacrificio di Cristo lo rendeva lieto e orgoglioso di essere un prete. Era con questa “fierezza” che «3P» (Padre Pino Puglisi) riusciva a guardarti negli occhi e a volerti bene!

Oggi ricorre la memoria liturgica del Beato Giuseppe Puglisi, sacerdote e martire. La Chiesa lo ha beatificato il 25 maggio 2013. Nei testi liturgici che vengono utilizzati oggi per celebrarne la memoria è riportata – come testo per l’Ufficio delle Letture – una sua riflessione (pubblicata sulla rivista Presenza del Vangelo 1991, n. 5), che qui riporto in un breve estratto:

La testimonianza cristiana è una testimonianza che va incontro a difficoltà, una testimonianza che
diventa martirio. Dalla testimonianza al martirio il passo è breve, anzi è proprio questo che dà valore alla testimonianza. La testimonianza fa penetrare nell’intima natura di Gesù Cristo, nel segreto del suo essere, nella realtà misteriosa della sua persona. Il testimone sa che il suo annunzio risponde alle attese più intime e vere dell’umanità intera e dell’uomo singolo. L’uomo sperimenta che vivere è sperare, il presente è mediazione tra il già e il non ancora, tra il passato e il futuro e chiaramente ognuno di noi costruisce il proprio futuro sulla base del proprio passato”.

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