Primo bilancio sinodale, “Relatio post”


sinodoQuesta mattina, nel corso dell’undicesima Congregazione generale della III Assemblea generale straordinaria del Sinodo dei Vescovi, sul tema: “Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione” (5-19 ottobre 2014), il Relatore generale card. Péter Erdö, Arcivescovo di Esztergom-Budapest, ha tenuto la “Relatio post disceptationem”. Si tratta della “Relazione dopo la discussione” che offre una sorta di bilancio di metà percorso dei lavori sinodali e che proponiamo in breve sintesi.

La famiglia – si legge nella parte introduttiva del documento –, come ricordava il Concilio Vaticano II, è veramente «scuola di umanità», di cui oggi avvertiamo fortemente il bisogno. Nonostante i numerosi momenti di crisi “il desiderio di famiglia resta vivo, in specie fra i giovani, e motiva la necessità che la Chiesa annunci senza sosta e con convinzione profonda quel «Vangelo della famiglia» che le è stato affidato con la rivelazione dell’amore di Dio in Gesù Cristo”. A partire da tali premesse, i Padri sinodali hanno raccolto i risultati delle varie riflessioni che si sono susseguite nel corso di questa prima parte del Sinodo. Il documento è suddiviso in tre parti: L’ascolto: il contesto e le sfide sulla famiglia; Lo sguardo su Cristo: il Vangelo della famiglia; Il confronto: prospettive pastorali.

Nell’analizzare il contesto socio-culturale del nostro tempo è possibile rendersi conto del cambiamento antropologico-culturale che riguarda tutti gli aspetti della vita. “Va rilevato – scrive il card. Péter Erdö – anche il crescente pericolo rappresentato da un individualismo esasperato che snatura i legami familiari e finisce per considerare ogni componente della famiglia come un’isola, facendo prevalere, in certi casi, l’idea di un soggetto che si costruisce secondo i propri desideri assunti come un assoluto”. Questa analisi mette giustamente in evidenza il rischio della “solitudine” che, unita alle difficoltà economico-sociali, provoca una situazione di malessere generale in ogni uomo. In questa particola realtà prendono campo pratiche e contesti tradizionali che (come per esempio la poligamia, i matrimoni a tappe o combinati, ecc.) conducono alla prassi
“della convivenza che precede il matrimonio o anche di convivenze non orientate ad assumere la forma di un vincolo istituzionale”. Conseguentemente a questa particolare situazione – si legge nel documento – “molti sono i bambini che nascono fuori dal matrimonio, specie in alcuni paesi, e molti quelli che poi crescono con uno solo dei genitori o in un contesto familiare allargato o ricostituito. Il numero dei divorzi è crescente e non è raro il caso di scelte determinate unicamente da fattori di ordine economico. La condizione della donna ha ancora bisogno di essere difesa e promossa poiché si registrano non poche situazioni di violenza all’interno delle famiglie. I bambini spesso sono oggetto di contesa tra i genitori e i figli sono le vere vittime delle lacerazioni familiari. Anche le società attraversate dalla violenza a causa della guerra, del terrorismo o della presenza della criminalità organizzata, vedono situazioni familiari deteriorate. Le migrazioni inoltre rappresentano un altro segno dei tempi da affrontare e comprendere con tutto il carico di conseguenze sulla vita familiare”.

In tanti sentono, così, il bisogno di recuperare la cura della persona “di conoscersi interiormente, di vivere meglio in sintonia con le proprie emozioni e i propri sentimenti, di cercare una qualità relazionale nella vita affettiva”. Anche in tal senso non si può escludere il rischio di coltivare e vivere queste sfide in chiave individualista ed egocentrica, valorizzando un’affettività senza limiti, instabile e mutevole, “che non aiuta sempre i soggetti a raggiungere una maggiore maturità. In questo contesto, le coppie sono talvolta incerte, esitanti e faticano a trovare i modi per crescere. Molti sono quelli che tendono a restare negli stadi primari della vita emozionale e sessuale. La crisi della coppia destabilizza la famiglia e può arrivare attraverso le separazioni e i divorzi a produrre serie conseguenze sugli adulti, i figli e la società, indebolendo l’individuo e i legami sociali. Anche il calo demografico non solo determina una situazione in cui l’avvicendarsi delle generazioni non è più assicurato, ma rischia di condurre nel tempo a un impoverimento economico e a una perdita di speranza nell’avvenire”.

La Chiesa raccoglie queste sfide pastorali e desidera offrire una parola di speranza e soprattutto di senso. “Questo esige che la dottrina della fede, da far conoscere sempre di più nei suoi contenuti fondamentali, vada proposta insieme alla misericordia”. Risulta, così, chiaramente decisivo – come ha ripetuto recentemente Papa Francesco – “mantenere fisso lo sguardo su Gesù Cristo, sostare nella contemplazione e nell’adorazione del suo volto”. Occorre – si afferma nel documento –“distinguere senza separare i diversi gradi mediante i quali Dio comunica all’umanità la grazia dell’alleanza. […] Gesù stesso, riferendosi al disegno primigenio sulla coppia umana, riafferma l’unione indissolubile tra l’uomo e la donna, pur comprendendo che «per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non fu così» ( Mt 19,8). In tal modo, Egli mostra come la condiscendenza divina accompagni sempre il cammino umano, orientandolo verso il suo principio, non senza passare attraverso la croce”. I Padri sinodali distinguono tre tappe fondamentali nell’idea di famiglia pensata da Dio: la famiglia delle origini, quando Dio creatore istituì il matrimonio primordiale tra Adamo ed Eva, come fondamento solido della famiglia: maschio e femmina li creò (cf. Gn 1,24-31; 2,4b); la famiglia storica, ferita per il peccato (cf. Gn 3) e la famiglia redenta da Cristo (cf. Ef 5,21-32), a immagine della Santa Trinità, mistero da cui scaturisce ogni vero amore.

A proposito del discernimento dei valori presenti nelle famiglie ferite e nelle situazioni irregolari mentre il Concilio Vaticano II – recita il documento – “afferma che «l’unica Chiesa di Cristo sussiste nella Chiesa cattolica», riconosce che anche «al di fuori del suo organismo si trovino parecchi elementi di santificazione e di verità, che, appartenendo propriamente per dono di Dio alla Chiesa di Cristo, spingono verso l’unità cattolica» ( Lumen Gentium , 8)”. “Rendendosi dunque necessario un discernimento spirituale, – prosegue il testo della relazione – riguardo alle convivenze e ai matrimoni civili e ai divorziati risposati, compete alla Chiesa di riconoscere quei semi del Verbo sparsi oltre i suoi confini visibili e sacramentali. Seguendo lo sguardo ampio di Cristo, la cui luce rischiara ogni uomo (cf. Gv 1,9; cf. Gaudium et Spes , 22), la Chiesa si volge con rispetto a coloro che partecipano alla sua vita in modo incompiuto e imperfetto, apprezzando più i valori positivi che custodiscono, anziché i limiti e le mancanze”.

L’impegno della Chiesa è anche quello di “accompagnare con attenzione e premura i suoi figli più fragili, segnati dall’amore ferito e smarrito, ridonando fiducia e speranza, come la luce del faro di un porto o di una fiaccola portata in mezzo alla gente per illuminare coloro che hanno smarrito la rotta o si trovano in mezzo alla tempesta”. Si precisa, in tal senso, che “una dimensione nuova della pastorale familiare odierna, consiste nel cogliere la realtà dei matrimoni civili e, fatte le debite differenze, anche delle convivenze. Infatti, quando l’unione raggiunge una notevole stabilità attraverso un vincolo pubblico, è connotata da affetto profondo, da responsabilità nei confronti della prole, da capacità di resistere nelle prove, può essere vista come un germe da accompagnare nello sviluppo verso il sacramento del matrimonio. Molto spesso invece la convivenza si stabilisce non in vista di un possibile futuro matrimonio, ma senza alcuna intenzione di stabilire un rapporto istituzionale”. Il Vangelo della famiglia – ed è una sottolineatura non di poco conto che il documento propone – “mentre risplende grazie alla testimonianza di tante famiglie che vivono con coerenza la fedeltà al sacramento, con i loro frutti maturi di autentica santità quotidiana nutre pure quei semi che ancora attendono di maturare, e deve curare quegli alberi che si sono inariditi e domandano di non essere trascurati”.

I Padri sinodali hanno più volte sottolineato che le famiglie cattoliche sono chiamate ad essere esse stesse i soggetti attivi di tutta la pastorale familiare. “Non va mai dimenticato che la crisi della fede ha comportato una crisi del matrimonio e della famiglia e, come conseguenza, si è interrotta spesso la trasmissione della fede dai genitori ai figli. Dinanzi ad una fede forte l’imposizione di alcune prospettive culturali che indeboliscono la famiglia e il matrimonio non ha incidenza”.

A tal proposito è assolutamente importante e necessario rivedere la prassi pastorale attraverso una adeguata preparazione al cammino di fede riguardante il sacramento del Matrimonio, non per complicare la vita del cristiano ma per aiutarlo ad andare in profondità. “Per questo si è più volte insistito sul rinnovamento in questa luce della formazione dei presbiteri e degli altri operatori pastorali, mediante un maggiore coinvolgimento delle stesse famiglie”. Inoltre: “si è parimenti sottolineata la necessità di una evangelizzazione che denunzi con franchezza i fattori culturali, sociali ed economici, ad esempio l’eccessivo spazio dato alla logica del mercato, che impediscono un’autentica vita familiare, determinando discriminazioni, povertà, esclusioni, violenza. Per questo va sviluppato un dialogo e una cooperazione con le strutture sociali, e vanno incoraggiati e sostenuti i laici che si impegnano in ambito culturale e socio-politico”. Un’altra sottolineatura messa a tema dal Sinodo riguarda l’esigenza e la responsabilità di accompagnare i primi anni della vita matrimoniale, perché la coppia cresca nella consapevolezza delle sfide e del significato del matrimonio.

Una sensibilità nuova della pastorale odierna, – affermano i Padri – “consiste nel cogliere la realtà positiva dei matrimoni civili e, fatte le debite differenze, delle convivenze. Occorre che nella proposta ecclesiale, pur presentando con chiarezza l’ideale, indichiamo anche elementi costruttivi in quelle situazioni che non corrispondono ancora o non più a tale ideale”. In Occidente – prosegue il documento – “è in continua crescita il numero di coloro che, dopo aver vissuto insieme da lungo tempo, chiedono la celebrazione del matrimonio in Chiesa. La semplice convivenza è spesso scelta a causa della mentalità generale, contraria alle istituzioni ed agli impegni definitivi, ma anche per l’attesa di una sicurezza esistenziale (lavoro e salario fisso)”. I Padri sinodali ritengono sia necessario affrontare in modo costruttivo tali realtà, trasformandole in opportunità di cammino “verso la pienezza del matrimonio e della famiglia alla luce del Vangelo. Si tratta di accoglierle e accompagnarle con pazienza e delicatezza. A questo scopo è importante la testimonianza attraente di autentiche famiglie cristiane, come soggetti dell’evangelizzazione della famiglia”.

A proposito delle ferite familiari riguardanti la condizione dei separati, divorziati non risposati, divorziati risposati, e la richiesta, tra i partecipanti al Sinodo, di compiere scelte coraggiose, nel documento sinodale si legge: “Riconfermando con forza la fedeltà al Vangelo della famiglia, i Padri sinodali, hanno avvertito l’urgenza di cammini pastorali nuovi, che partano dall’effettiva realtà delle fragilità familiari, riconoscendo che esse, il più delle volte, sono più «subite» che scelte in piena libertà. Si tratta di situazioni diverse per fattori sia personali che culturali e socio-economici. Non è saggio pensare a soluzioni uniche o ispirate alla logica del «tutto o niente». Il dialogo e il confronto vissuti nel Sinodo dovranno continuare nelle Chiese locali, coinvolgendo le loro diverse componenti, in maniera che le prospettive che si sono delineate possano trovare la loro piena maturazione nel lavoro della prossima Assemblea Generale Ordinaria. La guida dello Spirito, costantemente invocato, permetterà a tutto il popolo di Dio di vivere la fedeltà al Vangelo della famiglia come misericordioso prendersi cura di tutte le situazioni di fragilità”.
Viene sottolineata ancora una volta l’esigenza, per la Chiesa, di ascoltare con rispetto e amore ogni famiglia ferita, iniziando i suoi membri – come riferiva Papa Francesco nella Evangelii Gaudium , 169 – “a questa «arte dell’accompagnamento», perché tutti imparino sempre a togliersi i sandali davanti alla terra sacra dell’altro (cf. Es 3,5). Dobbiamo dare al nostro cammino il ritmo salutare della prossimità, con uno sguardo rispettoso e pieno di compassione ma che nel medesimo tempo sani, liberi e incoraggi a maturare nella vita cristiana”. “Un tale discernimento – recita il documento sinodale – è indispensabile per i separati e i divorziati. Va rispettata soprattutto la sofferenza di coloro che hanno subito ingiustamente la separazione e il divorzio. Il perdono per l’ingiustizia subita non è facile, ma è un cammino che la grazia rende possibile. Parimenti va sempre sottolineato che è indispensabile farsi carico in maniera leale e costruttiva delle conseguenze della separazione o del divorzio sui figli: essi non possono diventare un “oggetto” da contendersi e vanno cercate le forme migliori perché possano superare il trauma della scissione familiare e crescere in maniera il più possibile serena”.

Per quanto riguarda la necessità, sottolineata dai Padri sinodali, di rendere più accessibili ed agili le procedure per il riconoscimento dei casi di nullità, “tra le proposte sono stati indicati il superamento della necessità della doppia sentenza conforme; la possibilità di determinare una via amministrativa sotto la responsabilità del vescovo diocesano; un processo sommario da avviare nei casi di nullità notoria. Secondo proposte autorevoli, andrebbe poi considerata la possibilità di dare rilevanza alla fede dei nubendi in ordine alla validità del sacramento del matrimonio. Va ribadito che in tutti questi casi si tratta dell’accertamento della verità sulla validità del vincolo. Circa le cause matrimoniali lo snellimento della procedura, richiesto da molti, oltre alla preparazione di sufficienti operatori, chierici e laici con dedizione prioritaria, esige di incrementare la responsabilità del vescovo diocesano, il quale nella sua diocesi potrebbe incaricare un sacerdote debitamente preparato che possa gratuitamente consigliare le parti sulla validità del loro matrimonio”.

Altro elemento importante presente nella “Relatio post disceptationem” sottolinea: “Le persone divorziate ma non risposate vanno invitate a trovare nell’Eucaristia il cibo che le sostenga nel loro stato. La comunità locale e i pastori devono accompagnare queste persone con sollecitudine, soprattutto quando vi sono figli o è grave la loro situazione di povertà”. Per la situazione dei divorziati risposati non va dimenticato “un attento discernimento e un accompagnamento carico di rispetto, evitando ogni linguaggio e atteggiamento che li faccia sentire discriminati. Prendersi cura di loro non è per la comunità cristiana un indebolimento della sua fede e della sua testimonianza dell’indissolubilità matrimoniale, anzi essa esprime proprio in questa cura la sua carità”.

A proposito della possibilità di accedere ai sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia, “alcuni hanno argomentato a favore della disciplina attuale in forza del suo fondamento teologico, altri si sono espressi per una maggiore apertura a condizioni ben precise quando si tratta di situazioni che non possono essere sciolte senza determinare nuove ingiustizie e sofferenze. Per alcuni l’eventuale accesso ai sacramenti occorrerebbe fosse preceduto da un cammino penitenziale – sotto la responsabilità dal vescovo diocesano –, e con un impegno chiaro in favore dei figli. Si tratterebbe di una possibilità non generalizzata, frutto di un discernimento attuato caso per caso, secondo una legge di gradualità, che tenga presente la distinzione tra stato di peccato, stato di grazia e circostanze attenuanti”.

Alcuni Padri sinodali si chiedono: “se è possibile la comunione spirituale, perché non poter accedere a quella sacramentale? È stato perciò sollecitato un maggiore approfondimento teologico a partire dai legami tra sacramento del matrimonio e Eucaristia in rapporto alla Chiesa-sacramento. Parimenti va approfondita la dimensione morale della problematica, ascoltando e illuminando la coscienza dei coniugi”.

Nell’affrontare il delicato problema delle persone omosessuali, ci si è interrogati sulla possibilità di saper garantire loro (doti e qualità da offrire alla comunità cristiana) uno spazio di fraternità nelle nostre comunità. Spesso esse desiderano incontrare una Chiesa che sia casa accogliente per loro. “Le nostre comunità sono in grado di esserlo accettando e valutando il loro orientamento sessuale, senza compromettere la dottrina cattolica su famiglia e matrimonio?”. Inoltre: “La questione omosessuale ci interpella in una seria riflessione su come elaborare cammini realistici di crescita affettiva e di maturità umana ed evangelica integrando la dimensione sessuale: si presenta quindi come un’importante sfida educativa. La Chiesa peraltro afferma che le unioni fra persone dello stesso sesso non possono essere equiparate al matrimonio fra uomo e donna. Non è nemmeno accettabile che si vogliano esercitare pressioni sull’atteggiamento dei pastori o che organismi internazionali condizionino aiuti finanziari all’introduzione di normative ispirate all’ideologia del gender”. La Chiesa, inoltre, “ha attenzione speciale verso i bambini che vivono con coppie dello stesso sesso, ribadendo che al primo posto vanno messi sempre le esigenze e i diritti dei piccoli”.

Un altro aspetto trattato nel documento e non meno importante degli altri, riguarda la trasmissione della vita e la sfida della denatalità. La mentalità odierna “riduce la generazione della vita a una variabile della progettazione individuale o di coppia. I fattori di ordine economico esercitano un peso talvolta determinante contribuendo al forte calo della natalità che indebolisce il tessuto sociale, compromette il rapporto tra le generazioni e rende più incerto lo sguardo sul futuro. L’apertura alla vita è esigenza intrinseca dell’amore coniugale”. Anche in questo ambito occorre un linguaggio realista, che sappia partire dall’ascolto delle persone e sappia dar ragione della bellezza e della verità di una apertura incondizionata alla vita come ciò di cui l’amore umano ha bisogno per essere vissuto in pienezza. “È su questa base che può poggiare un adeguato insegnamento circa i metodi naturali, che consenta di vivere in maniera armoniosa e consapevole la comunicazione tra i coniugi, in tutte le sue dimensioni, insieme alla responsabilità generativa. In questa luce va riscoperto il messaggio dell’Enciclica Humanae Vitae di Paolo VI, che sottolinea il bisogno di rispettare la dignità della persona nella valutazione morale dei metodi di regolazione della natalità”.

La sfida dell’educazione e il ruolo della famiglia nell’evangelizzazione non vanno sottovalutate. “Vanno tenute in debito conto le esigenze e le attese di famiglie capaci di testimonianza nella vita quotidiana, luoghi di crescita, di concreta ed essenziale trasmissione delle virtù che danno forma all’esistenza”. Bisogna sostenere i genitori nel loro impegno educativo, accompagnando bambini, ragazzi e giovani nella loro crescita attraverso cammini personalizzati capaci di introdurre al senso pieno della vita e di suscitare scelte e responsabilità, vissute alla luce del Vangelo.

Le riflessioni sinodali, proposte in breve sintesi, sono – conclude il documento – “frutto del dialogo sinodale svoltosi in grande libertà e in uno stile di reciproco ascolto, intendono porre questioni e indicare prospettive che dovranno essere maturate e precisate dalla riflessione delle Chiese locali nell’anno che ci separa dall’Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei vescovi prevista per l’ottobre 2015. Non si tratta di decisioni prese né di prospettive facili. Tuttavia il cammino collegiale dei vescovi e il coinvolgimento dell’intero popolo di Dio sotto l’azione dello Spirito Santo potranno guidarci a trovare vie di verità e di misericordia per tutti”.

Scritto per Korazym.org

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