Stalkink “è” femminicidio


donneVolevo spaventarla, non volevo farle del male…”. Risponde così – nella maggior parte dei casi – l’autore di un’efferata violenza contro le donne. Un fenomeno dilagante nella cultura del nostro tempo, che prende il nome di “femminicidio” e che, purtroppo, talvolta viene sottovalutato dalla nostra società. Negli ultimi quattordici anni le vittime di femminicidio sono state 2.391; di queste, l’89% delle donne aveva subito continui e pesanti attacchi di stalking. E’ facile, in questi casi, appellarsi alle motivazioni del “raptus” per spiegare l’efferatezza di un omicidio, apparentemente illogico. Nel raptus, però, manca l’elemento della premeditazione, che è invece presente nelle numerose e costanti azioni compiute dallo stolker nei confronti della vittima. Lo ha spiegato bene il prof. Nicola Malizia – esperto criminologo e docente all’Università di Enna, durante un interessantissimo  seminario formativo organizzato dall’Assostampa Enna e dal Consiglio regionale dell’Ordine dei Giornalisti di Sicilia –, il raptus non esiste, e in campo scientifico, peraltro, la medicina non è ancora riuscita ad offrire plausibili spiegazioni. E’ estremamente importante – precisa il prof. Malizia – conoscere le dinamiche dello stalking per comprendere l’esito, drammatico e finale, del femminicidio. Nel momento in cui, infatti, lo stolker impone la sua presenza, vessando la donna con numerose strategie di contatto, il femminicidio – continua Malizia – è già in atto.

Nel documento (Instrumentum laboris) che guiderà i lavori dell’ormai imminente Sinodo dei Vescovi sulla Famiglia – convocato da Papa Francesco per il mese di ottobre 2014 e 2015 – anche questa pericolosa minaccia contro le donne ha trovato uno spazio per la discussione e il confronto. Recita, infatti, il testo del documento: “Unanime e trasversale nelle risposte è anche il riferimento alla violenza psicologica, fisica e sessuale, e agli abusi commessi in famiglia ai danni in particolare delle donne e dei bambini, un fenomeno purtroppo non occasionale, né sporadico, particolarmente in certi contesti. Si ricorda anche il terribile fenomeno del femminicidio, spesso legato a profondi disturbi relazionali e affettivi, e conseguenza di una falsa cultura del possesso. Si tratta di un dato davvero inquietante, che interroga tutta la società e la pastorale familiare della Chiesa” (66).  La Chiesa – ne sono testimonianza i documenti magisteriali pubblicati in passato – ha sempre difeso la dignità e la preziosità della donna. Il particolare richiamo, messo a tema tra gli argomenti del Sinodo, è un ulteriore invito alla salvaguardia del valore umano della persona.

Nelle nuove generazioni – indifferentemente se giovani o adulti – il rispetto della persona non è più vissuto come un valore etico-sociale imprescindibile. L’articolo 14 della “Convenzione di Istanbul” (il primo strumento giuridicamente vincolante per gli stati in materia di violenza sulle donne e violenza domestica), pubblicata nel maggio 2011 dal Consiglio d’Europa, giustamente stabilisce la necessità di includere nei programmi scolastici di ogni ordine e grado dei materiali didattici su temi quali la parità tra i sessi, il reciproco rispetto, la soluzione non violenta dei conflitti nei rapporti interpersonali, la violenza contro le donne basata sul genere e il diritto all’integrità personale, appropriati al livello cognitivo degli allievi.
L’amore e il rispetto per la dignità della persona, e soprattutto della donna, dovrebbe però cominciare “a casa”. E’ infatti nel cuore delle mura domestiche che: i gesti, le parole e le attenzioni nei confronti di ciascun familiare dovrebbero contenere tutta la dignità e il rispetto dovuto ad ogni persona.

Siamo purtroppo eredi di una storia di enormi condizionamenti – affermava Giovanni Paolo II nella “Lettera alle donne” del giugno 1995 – “che, in tutti i tempi e in ogni latitudine, hanno reso difficile il cammino della donna, misconosciuta nella sua dignità, travisata nelle sue prerogative, non di rado emarginata e persino ridotta in servitù. Ciò le ha impedito di essere fino in fondo se stessa, e ha impoverito l’intera umanità di autentiche ricchezze spirituali”. Il Pontefice, in quel documento, invitava la Chiesa ad “un impegno di rinnovata fedeltà all’ispirazione evangelica, che proprio sul tema della liberazione delle donne da ogni forma di sopruso e di dominio, ha un messaggio di perenne attualità, sgorgante dall’atteggiamento stesso di Cristo”. “Guardando poi – proseguiva Papa Wojtyla – a uno degli aspetti più delicati della situazione femminile nel mondo, come non ricordare la lunga e umiliante storia – per quanto spesso «sotterranea» – di soprusi perpetrati nei confronti delle donne nel campo della sessualità? Alle soglie del terzo millennio non possiamo restare impassibili e rassegnati di fronte a questo fenomeno. È ora di condannare con vigore, dando vita ad appropriati strumenti legislativi di difesa, le forme di violenza sessuale che non di rado hanno per oggetto le donne”.

Scritto per Korazym.org

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