Corea: Papa Francesco beatifica i primi martiri davanti ad un milione di persone


martiri_coreaSeo So-Mun lo si potrebbe considerare il polmone della fede coreana, uno dei luoghi maggiormente onorati dalla Chiesa di Seul, un sacrario di estrema rilevanza storica, religiosa e culturale che ricorda le vittime della persecuzione religiosa del XVIII secolo. Al centro del parco di Seo So-Mun una torre, composta da tre colonne di granito, commemora i 44 martiri testimoni della fede cristiana. A pochi passi dalla torre monumentale si trova, poi, il primo edificio cattolico di Corea, la Chiesa di Yakhyeon costruita nel 1892. Papa Francesco inizia la terza giornata del suo viaggio apostolico in Corea sostando davanti a quest’importante luogo della memoria, prima di recarsi nella piazza Gwanghwamun per la Messa di Beatificazione di Paul Yun Ji-chung e dei suoi 123 compagni martiri (tutti laici, eccetto un sacerdote, padre James Ju Mun-mo, cinese, che fu il primo a celebrare una Messa nel Paese).

Non è la prima volta che la Chiesa coreana porta agli onori degli altari alcuni suoi testimoni della fede cristiana. La prima beatificazione fu celebrata nel 1925 (79 martiri nelle persecuzioni avvenute tra il 1839 e il 1846), la seconda nel 1968 (24 martiri nelle persecuzioni del 1866), mentre Papa Giovanni Paolo II, nel maggio del 1984, durante la sua visita in Corea, canonizzò 103 martiri coreani. Diversamente da quanto avviene di solito nell’annuncio del cristianesimo, la fede cattolica non fece il suo ingresso in Corea attraverso la vita missionaria proveniente dall’Occidente, ma “dal di dentro”, grazie all’interessamento dei laici che impararono a conoscere e ad incontrare Cristo “autonomamente” e a testimoniarlo attraverso il martirio. “Vi entrò – dirà Papa Francesco durante la Messa – attraverso i cuori e le menti della gente coreana stessa. Essa fu stimolata dalla curiosità intellettuale, dalla ricerca della verità religiosa. Attraverso un iniziale incontro con il Vangelo, i primi cristiani coreani aprirono le loro menti a Gesù. Volevano conoscere di più su questo Cristo che ha sofferto, è morto ed è risorto dai morti”. Riconosciuto il martirio di Paul Yun Ji-chung e dei suoi 123 compagni, in “odium fidei”, con decreto del 7 febbraio 2014, Papa Francesco presiede oggi in Corea la Messa di beatificazione. La cornice di popolo scesa in piazza Gwanghwamun per assistere al rito è superiore ad ogni aspettativa; oltre un milione di persone ha riempito sin dalle prime ore dell’alba la grande piazza di Seul, e le immagini catturate dall’alto degli elicotteri probabilmente ne contano molti di più.

“Oggi – afferma il Papa durante la sua omelia – celebriamo questa vittoria in Paolo Yun Ji-chung e nei suoi 123 compagni. […] Tutti vissero e morirono per Cristo ed ora regnano con Lui nella gioia e nella gloria”. La vittoria e la testimonianza dei martiri – prosegue il Pontefice – “continua a portare frutti anche oggi in Corea, nella Chiesa che riceve incremento dal loro sacrificio”. Le parole di Papa Francesco sottolineano l’importanza, la dignità e la bellezza della vocazione laicale, “i laici sono stati i primi apostoli della Corea”. Gesù – prosegue il Papa – “chiede al Padre di consacrarci nella verità e di custodirci dal mondo. […] Non gli chiede di toglierci dal mondo. Sappiamo che invia i suoi discepoli perché siano lievito di santità e di verità nel mondo: il sale della terra, la luce del mondo. In questo, i martiri ci indicano la strada”. Il prezzo – in termini di sofferenza e persecuzioni – che i primi cristiani dovettero pagare fu alto, “erano disposti a grandi sacrifici e a lasciarsi spogliare di quanto li potesse allontanare da Cristo: i beni e la terra, il prestigio e l’onore, poiché sapevano che solo Cristo era il loro vero tesoro”. Oggi – ricorda il Papa – “molto spesso sperimentiamo che la nostra fede viene messa alla prova dal mondo, e in moltissimi modi ci vien chiesto di scendere a compromessi sulla fede, di diluire le esigenze radicali del Vangelo e conformarci allo spirito del tempo. E tuttavia i martiri ci richiamano a mettere Cristo al di sopra di tutto e a vedere tutto il resto in questo mondo in relazione a Lui e al suo Regno eterno. Essi ci provocano a domandarci se vi sia qualcosa per cui saremmo disposti a morire”.

E’ l’esempio dei martiri che educa le comunità cristiane alla carità e alla vita di fede. “Il loro esempio – conclude Papa Francesco – ha molto da dire a noi, che viviamo in società dove, accanto ad immense ricchezze, cresce in modo silenzioso la più abbietta povertà; dove raramente viene ascoltato il grido dei poveri; e dove Cristo continua a chiamare, ci chiede di amarlo e servirlo tendendo la mano ai nostri fratelli e sorelle bisognosi”.

Al termine della Messa il card. Andrew Yeom Soo-jung, Arcivescovo di Seoul, rivolge al Papa i suo saluto. “L’accolgo con gioia insieme ai laici, religiosi e sacerdoti di tutta la chiesa coreana. […] La chiesa cattolica in Corea ha già 103 santi martiri e oltre a questi, attraverso la beatificazione di oggi, ha anche 124 beati. Questa zona attorno a Gwanghwamun è il sito storico dove sono stati martirizzati i numerosi antenati della nostra fede. […] La Chiesa cattolica in Corea è cresciuta sul sangue dei martiri e si è dimostrata un buon esempio per la società coreana promuovendo la giustizia e i diritti umani. Perciò ritengo che la beatificazione di oggi sarà un’occasione di sollecito per realizzare la concordia e l’unità non solo dei cattolici coreani ma anche del popolo coreano e di tutti gli altri popoli asiatici, attraverso lo scambio della fraternità universale. La Chiesa coreana cercherà sempre di essere la luce e il sale per l’evangelizzazione del mondo, e di essere inoltre una chiesa che serve i poveri, gli oppressi e gli emarginati facendo sentire loro la gioia del Vangelo”.

Si conclude così uno dei momenti principali della visita di Papa Francesco, atteso dal Pontefice e dalla Chiesa coreana che preso parte all’evento con una imponente, significativa e soprattutto non del tutto scontata partecipazione.

Scritto per Korazym.org

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