La Passione di Cristo e le ferite del nostro tempo


prima_2Le meditazioni scritte da mons. Giancarlo Maria Bregantini, Arcivescovo di Campobasso-Boiano, in occasione della Via Crucis al Colosseo 2014, presieduta da Papa Francesco, raccontano la Passione di Cristo e le ferite della nostra società. Un testo – dal titolo “Volto di Cristo, volto dell’uomo” – per nulla scontato che descrive nel dettaglio gli affanni, le inquietudini e le sofferenze del nostro tempo. Le quattordici stazioni di questa Via Crucis, commentate da Bregantini, dovrebbero diventare il “lavoro quotidiano” di ogni governo, di ogni istituzione politica e religiosa; se ne dovrebbe parlare a scuola, a lavoro, con gli amici… non certamente per piangersi addosso e liquidare sbrigativamente la questione, demandandola agli “altri” (poiché – si sa – quando ci sono doveri da svolgere non è mai compito mio!), ma per iniziare nel proprio piccolo ad assumersi – seriamente – le proprie responsabilità. Di seguito alcuni frammenti tratti dal testo di questa splendida Via Crucis.


(I Stazione) Gesù condannato a morte

Il dito puntato che accusa

La condanna sbrigativa di Gesù raccoglie cosi le facili accuse, i giudizi superficiali tra la gente, le insinuazioni ed i preconcetti che chiudono il cuore e si fanno cultura razzista, di esclusione e di “scarto”, con le lettere anonime e le orribili calunnie. Accusati, si è subito sbattuti in prima pagina; scagionati, si finisce in ultima! E noi? Sapremo avere una coscienza retta e responsabile, trasparente, che non volga mai le spalle all’innocente, ma si schieri, con coraggio, in difesa dei deboli, resistendo all’ingiustizia e difendendo ovunque la verità violata?

(II Stazione) Gesù è caricato della croce
Il pesante legno della crisi

[La Croce] E’ anche il peso di tutte le ingiustizie che hanno prodotto la crisi economica, con le sue gravi conseguenze sociali: precarietà, disoccupazione, licenziamenti, un denaro che governa invece di servire, la speculazione finanziaria, i suicidi degli imprenditori, la corruzione e l’usura, con le aziende che lasciano il proprio paese. Questa è la croce pesante del mondo del lavoro, l’ingiustizia posta sulle spalle dei lavoratori. Gesù la prende sulle sue e ci insegna a non vivere più nell’ingiustizia, ma capaci, con il suo aiuto, di creare ponti di solidarietà e di speranza, per non essere pecore erranti né smarrite in questa crisi.

(III Stazione) Gesù cade per la prima volta
La fragilità che ci apre all’accoglienza

Con questa forza interiore che gli viene dal Padre, Gesù ci aiuta anche ad accogliere la fragilità degli altri; a non infierire su chi è caduto, a non essere indifferenti verso chi cade. E ci dà la forza di non chiudere la porta a chi bussa alle nostre case, chiedendo asilo, dignità e patria. Consapevoli della nostra fragilità, accoglieremo tra noi la fragilità degli immigrati, perché trovino sicurezza e speranza.

(IV Stazione) Gesù incontra la Madre
Le lacrime solidali

E’ carico di emozione e di lacrime struggenti questo incontro di Gesù con la sua mamma Maria. […]
Raccoglie tutte le lacrime di ogni mamma per i figli lontani, per i giovani condannati a morte, trucidati o partiti per la guerra, specie i bambini-soldato. Vi sentiamo il lamento straziante delle madri per i loro figli, morenti a causa dei tumori prodotti dagli incendi dei rifiuti tossici. Lacrime amarissime! Solidale condivisione dello strazio dei figli! Mamme vigilanti nella notte con le lampade accese, trepidanti per i giovani travolti dalla precarietà o inghiottiti dalla droga e dall’alcol, specie il sabato notte!

(V Stazione) Gesù è aiutato da Simone di Cirene a portare la Croce
La mano amica che solleva

Per caso, passa Simone di Cirene. Ma diventa un incontro decisivo nella sua vita. […] Ma da casuale, quell’incontro si trasformerà in una sequela decisiva e vitale dietro a Gesù, portando ogni giorno la sua croce, rinnegando se stesso (cfr Mt 16,24-25). […] Qui sta la vera guarigione dal nostro egoismo, sempre in agguato. La relazione con gli altri ci risana e genera una fraternità mistica, contemplativa, che sa guardare alla grandezza sacra del prossimo, che sa scoprire Dio in ogni essere umano, che sa sopportare le molestie del vivere, aggrappandosi all’amore di Dio. Solo aprendo il cuore all’amore divino, sono spinto a cercare la felicità degli altri nei tanti gesti del volontariato: una notte in ospedale, un prestito senza interessi, una lacrima asciugata in famiglia, la gratuità sincera, l’impegno lungimirante del bene comune, la condivisione del pane e del lavoro, vincendo ogni forma di gelosia e di invidia.

(VI Stazione) Veronica asciuga il volto di Gesù
La tenerezza femminile

Gesù allora si ferma di fronte ad una donna che gli viene incontro senza nessuna esitazione. E’ la Veronica, vera immagine femminile della tenerezza! Il Signore qui incarna il nostro bisogno di gratuità amorevole, di sentirci amati e protetti da gesti di premura e di cura. Le carezze di questa creatura si bagnano del sangue prezioso di Gesù e sembrano togliere via gli atti di profanazione che ha ricevuto in quelle ore di torture. La Veronica riesce a toccare il dolce Gesù, a sfiorarne il candore. Non solo per alleviare ma per partecipare al suo soffrire. In Gesù, riconosce ogni prossimo da consolare, con tocco di tenerezza, per giungere al gemito di dolore di quanti oggi non ricevono assistenza né calore di compassione. E muoiono di solitudine.

(VII Stazione) Gesù cade per la seconda volta
L’angoscia del carcere e della tortura

E così Gesù, spinto avanti a forza, si accascia, sotto la fatica e l’oppressione, accerchiato, circondato dalla violenza, privo ormai di forze. Sempre più solo, sempre più nelle tenebre! Lacerato nella carne, fiaccato nelle ossa. Riconosciamo in Lui l’amara esperienza dei detenuti di ogni carcere, con tutte le sue disumane contraddizioni. Circondati e accerchiati, “spinti con forza per cadere”. Il carcere, oggi, è ancora troppo tenuto lontano, dimenticato, ripudiato dalla società civile. Ci sono le assurdità della burocrazia, le lentezze della giustizia. Doppia pena è poi il sovraffollamento: è un dolore aggravato, un’ingiusta oppressione, che consuma la carne e le ossa. Alcuni – troppi! – non ce la fanno… E anche quando un nostro fratello esce, lo consideriamo ancora un “ex-detenuto”, chiudendogli così le porte del riscatto sociale e lavorativo. Ma più grave è la pratica della tortura, purtroppo ancora diffusa in varie parti della terra, in molteplici modi. Come è stato per Gesù: anche Lui percosso, umiliato dalla soldataglia, torturato con la corona di spine, flagellato con crudeltà.

(VIII Stazione) Gesù incontra le donne di Gerusalemme
Condivisione e non commiserazione

Come fiaccole accese si presentano le figure femminili lungo la via del dolore. Donne di fedeltà e di coraggio, che non si lasciano intimorire dalle guardie né scandalizzare dalle piaghe del Buon Maestro. […] Gesù è scosso dal loro pianto amaro, ma le esorta a non consumare il cuore nel vederlo martoriato, per essere donne non più piangenti, ma credenti! Chiede un dolore condiviso e non una commiserazione sterile e piagnucolosa. Non più lamenti ma voglia di rinascere, di guardare avanti, di procedere con fede e speranza verso quell’aurora di luce che sorgerà ancora più accecante sul capo di quanti camminano rivolti a Dio. Piangiamo su noi stessi se ancora non crediamo in quel Gesù che ci ha annunciato il Regno della salvezza. Piangiamo sui nostri peccati non confessati. E ancora, piangiamo su quegli uomini che scaricano sulle donne la violenza che hanno dentro. Piangiamo sulle donne schiavizzate dalla paura e dallo sfruttamento. Ma non basta battersi il petto e provare compassione. Gesù è più esigente. Le donne vanno rassicurate come fece Lui, vanno amate come un dono inviolabile per tutta l’umanità. Per la crescita dei nostri figli, in dignità e speranza.

(IX Stazione) Gesù cade per la terza volta
Vincere la cattiva nostalgia

Distrutto dalle tribolazioni, dalla persecuzione, dalla spada, oppresso dal legno della croce. Stremato! Sembra dire, come noi, in tanti momenti bui: Non ce la faccio più! E’ il grido dei perseguitati, dei morenti, dei malati terminali, degli oppressi sotto il giogo. […] Ci aiuti la contemplazione di Gesù accasciato, ma capace di alzarsi, a saper vincere le chiusure che la paura del domani imprime nel nostro cuore, specie in questo tempo di crisi. Superiamo la cattiva nostalgia del passato, la comodità dell’immobilismo, del “si è sempre fatto così!”. Quel Gesù che barcolla e cade, ma poi si rialza, è la certezza di una speranza, che, alimentata dalla preghiera intensa, nasce proprio dentro la prova e non dopo la prova né senza la prova! Saremo più che vincitori, per virtù del suo amore!

(X Stazione) Gesù è spogliato delle vesti
L’unità e la dignità

In Gesù, innocente, denudato e torturato, riconosciamo la dignità violata di tutti gli innocenti, specialmente dei piccoli. Dio non ha impedito che il suo corpo, spogliato, fosse esposto sulla croce. Lo ha fatto per riscattare ogni abuso, ingiustamente coperto e dimostrare che Lui, Dio, è irrevocabilmente e senza mezzi termini dalla parte delle vittime.

(XI Stazione) Gesù è crocifisso
Al letto degli ammalati

E lo crocifissero! Gesù non scende, non abbandona la croce. Resta, obbediente fino in fondo alla volontà del Padre. Ama e perdona. Anche oggi, come Gesù, molti nostri fratelli e sorelle sono inchiodati ad un letto di dolore, negli ospedali, nelle case di riposo, nelle nostre famiglie. E’ il tempo della prova, in amari giorni di solitudine e anche di disperazione: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (Mt 27,46). La nostra mano non sia mai per trafiggere, ma sempre per avvicinare, consolare ed accompagnare gli infermi, rialzandoli dal loro letto di dolore. La malattia non chiede permesso. Giunge sempre inattesa. A volte sconvolge, limita gli orizzonti, mette a dura prova la speranza. Amaro è il suo fiele. Solo se troviamo, accanto a noi, qualcuno che ci ascolta, ci sta vicino, si siede sul nostro letto … allora la malattia può diventare una grande scuola di sapienza, incontro col Dio Paziente. Quando qualcuno prende su di sé le nostre infermità, per amore, anche la notte del dolore si apre alla luce pasquale del Cristo crocifisso e risorto. Quella che umanamente è una condanna, può trasformarsi in un’oblazione redentrice, per il bene delle nostre comunità e famiglie. Sull’esempio dei santi.

(XII Stazione) Gesù muore in croce
Il gemito delle sette parole

Le sette parole di Gesù sulla croce sono un capolavoro di speranza. Gesù, lentamente, con passi che sono anche i nostri, attraversa tutto il buio della notte, per abbandonarsi, fiducioso, nelle braccia del Padre. E’ il gemito dei morenti, il grido dei disperati, l’invocazione dei perdenti. E’ Gesù! «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (Mt 27,46). E’ il grido di Giobbe, di ogni uomo colpito dalla sventura. E Dio tace. Tace perché la sua risposta è lì, sulla croce: è Lui, Gesù, la risposta di Dio, Parola eterna incarnata per amore.

(XIII Stazione) Gesù deposto dalla croce
L’amore è più forte della morte

Prima di essere sepolto nella tomba, Gesù viene consegnato finalmente a sua Madre. E’ l’icona di un cuore strappato che ci dice che la morte non impedisce l’ultimo bacio della madre al figlio suo. Prostrata sul corpo di Gesù, Maria s’incatena in un abbraccio totale a Lui. Questa icona è chiamata semplicemente “Pietà”. […] Lacrime e sangue sono mescolate in questa tragica consegna. Come la vita nelle nostre famiglie, che, a tratti, è travolta da perdite improvvise e dolorose, con un vuoto incolmabile, specie nella morte di un figlio. Pietà allora significa farsi prossimi dei fratelli che sono nel lutto e non si danno pace. E’ carità grande prendersi cura di chi sta soffrendo nel corpo piagato, nella mente depressa, nell’animo disperato. Amare fino alla fine è l’insegnamento supremo lasciatoci da Gesù e da Maria. E’ la quotidiana fraterna missione di consolazione, che ci viene consegnata in questo fedele abbraccio tra Gesù morto e la sua Madre Addolorata.

(XIV Stazione) Gesù è posto nel sepolcro
Il giardino nuovo

Quel giardino in cui si trova la tomba, dove viene sepolto Gesù, ricorda un altro giardino: quello dell’Eden. Un giardino che a causa della disobbedienza perse la sua bellezza e divenne desolazione, luogo di morte e non più di vita. I rami selvatici che ci impediscono di respirare la volontà di Dio, come l’attaccamento al denaro, alla superbia, allo spreco della vita, vanno tagliati e innestati ora al legno della Croce. E’ questo il nuovo giardino: la croce impiantata nella terra! […] La morte ci disarma, ci fa capire che siamo esposti ad un’esistenza terrena che ha un termine. Ma è davanti a quel corpo di Gesù, deposto nel sepolcro, che prendiamo coscienza di chi siamo. Creature che, per non morire, hanno bisogno del loro Creatore.

Qui per leggere il testo integrale della Via Crucis

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