“Il coraggio di bussare al cuore di Dio”


Settimana densa di impegni per Papa Francesco: dalla visita pastorale ad Assisi agli incontri con l’equipe di cardinali chiamati a valutare una possibile riforma della Curia romana; il pensiero e la preghiera (più volte ricordata nei suoi interventi) per le vittime della strage di Lampedusa; l’annuncio della terza Assemblea generale straordinaria del Sinodo dei Vescovi che si svolgerà nell’ottobre 2014, sul tema “Le sfide pastorali della famiglia nel contesto dell’evangelizzazione”, e le normali attività di governo della Chiesa che il Pontefice ha scelto di seguire da vicino e senza l’ausilio (al tempo di Papa Ratzinger risultato altamente rischioso) di particolari intermediari. Un’attività, questa, su cui Papa Francesco ha deciso di vigilare a tempo pieno, per rispondere al “grido” di cambiamento (non dal punto di vista dottrinale della fede cristiana) udito in ambito gerarchico e laicale.

Durante la Messa quotidiana celebrata nella Cappella della Domus Sanctae Marthae, Papa Francesco riflette sulla qualità del nostro modo di pregare. “Come preghiamo! – afferma il Pontefice nel testo riportato da Radio Vaticana – Preghiamo così, per abitudine, pietosamente ma tranquilli, o ci mettiamo noi proprio con coraggio, davanti al Signore per chiedere la grazia, per chiedere quello per cui preghiamo?”. Nella preghiera dovremmo poter mettere in conto “il coraggio di avere fiducia che il Signore ci ascolti, il coraggio di bussare alla porta… il coraggio di bussare al cuore di Dio”.

Nella preghiera il Signore offre se stesso, è Cristo infatti ad offrire al Padre la nostra preghiera. “Mai – ricorda Papa Francesco – il Signore dà o invia una grazia per posta: mai! La porta Lui! E’ Lui, la grazia! Quello che noi chiediamo è un po’ come [ride] … è la carta che avvolge la grazia. Ma la vera grazia è Lui, che viene a portarmela. E’ Lui. La nostra preghiera, se è coraggiosa, riceve quello che chiediamo ma anche quello che è più importante: il Signore”.
Certamente – come ricordano le pagine del Vangelo stesso – c’è anche chi, ricevuta la grazia del Signore, non torna indietro per ringraziarlo. Inoltre – ricorda il Pontefice – “noi chiediamo una grazia, ma non osiamo dire: «Ma vieni Tu a portarmela». Sappiamo che una grazia sempre è portata da Lui: è Lui che viene e ce la dà. Non facciamo la brutta figura di prendere la grazia e non riconoscere Quello che ce la porta, Quello che ce la dà: il Signore”.

A Proposito della preghiera, il teologo tedesco Karl Rahner, scriveva: “Ah, Signore Dio, io non mi meraviglio se le mie preghiere ricadono a terra senza arrivare presso a te! Non bado spesso neanch’io a quello che dico. La mia preghiera è spesso un impegno, un ‘compito’ che devo sbrigare, e son contento quando l’ho dietro di me. E invece di essere preso dalla tua presenza, sono  impegnato nel mio pregare, nel mio ‘compito’. […] E quando prego, mi pare che le mie parole cadano tutte nel buio sordo; che nessun’eco mi risponda e mi venga a dire che la mia preghiera ha toccato il tuo cuore”. Anche a noi capita spesso di considerare la preghiera un “compito” da svolgere frettolosamente, tanta è la preoccupazione di dover sbrigare le numerose faccende (domestiche e di lavoro) presenti nell’arco di una giornata, costringendo le parole della preghiera a correre inesorabilmente, seguendo il ritmo dei nostri impegni. Ma come dicevano i Padri della Chiesa: il Signore, nonostante tutto, sa aspettare!

Scritto per Korazym.org

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