Schönborn : “Iniziamo a riformare noi stessi”


“Riformare se stessi”, è questa la riforma più urgente e anche la più impegnativa che bisogna operare nella Chiesa. Sono le considerazioni personali dell’arcivescovo di Vienna, il card. Christoph Schönborn, raccolte dall’agenzia Sir durante una chiacchierata con i giornalisti svoltasi a Bratislava. “L’esempio che ci dà Papa Francesco, – prosegue il porporato – con la sua vita di preghiera, con la sua umiltà, con la sua semplicità è una chiamata alla propria conversione. È questa la mia riforma, la più urgente e la più difficile”.

Tra gli altri argomenti affrontati dal presidente dei vescovi austriaci vi è anche la riforma della Curia romana, attesa da più parti e annunciata ufficialmente in questi giorni, che dovrebbe rimettere in gioco la collegialità della Chiesa. “Le Curie – dichiara Schönborn – anche quelle diocesane sono organizzazioni e come tali devono funzionare. Possono funzionare più o meno bene. Nella Curia romana, ci sono disfunzioni importanti ma che sono conosciute. Per esempio, manca la comunicazione orizzontale e tanti lo hanno fatto notare. È un aspetto da riformare seriamente. C’è poi un’addizione di enti che sono troppo numerosi. A questo proposito, non si vede perché i dicasteri debbano per forza essere sotto la direzione di un cardinale. Non è necessario. Ci sono dicasteri che esigono profili professionali specifici e che possono essere guidati da personalità che presentano queste qualità”.

Nei confronti dalla Curia romana Schönborn non nasconde i sentimenti di profondo rispetto e di gratitudine per il lavoro svolto fino ad oggi, “per niente al mondo – chiarisce – vorrei una Chiesa nazionale. Dio ci protegga da una Chiesa nazionale. Siamo Chiesa cattolica con un centro di unità, con il Papa, vescovo di Roma, centro dell’unità e al servizio dell’unità. Centro, dunque, di unità in uno stile fraterno”. Certamente non si può non tenere in considerazione la necessità di una migliore e maggiore “internazionalizzazione della Curia”  con particolare attenzione all’aspetto e soprattutto al “controllo” finanziario, già iniziato con il pontificato di Benedetto XVI. “Noi, in diocesi, – rivela l’arcivescovo di Vienna – abbiamo un ente che controlla le finanze delle parrocchie e delle associazioni e ogni anno c’è la revisione del bilancio di queste istituzioni. Questo mancava in Vaticano ed era grave. Sono aspetti pratici da riformare”.

A tal proposito diventa davvero urgente e necessario lavorare ancora di più sul criterio della collegialità episcopale, migliorando il rapporto tra la Curia e le Chiese locali. Questo, secondo Schönborn, non dev’essere inteso come rottura rispetto al passato, ma come sostanziale continuità. “Già Benedetto XVI – chiarisce – aveva in vista questo aspetto della collegialità e prima di lui Giovanni Paolo II, con i suoi viaggi, ha sempre insistito molto sul rapporto tra la Chiesa locale e la Curia romana. Ma c’è a livello della collegialità molto da rivedere”. Un rapporto  “da pastore a pastore”, “con tutta semplicità”, “con la massima disponibilità”. “Ciò che noi desideriamo – conclude – è che sia un rapporto fraterno perché siamo tutti fratelli”.

Le considerazioni di Christoph Schönborn fanno riflettere, soprattutto quando il porporato sottolinea l’esigenza di “riformare se stessi”, frenando quella pericolosa tentazione di identificare la propria causa con quella della Chiesa, ponendo così la Chiesa stessa sotto il patrocinio del proprio servizio. L’attaccamento sincero alla Chiesa – scriveva il grande teologo francese, Henri-Marie de Lubac – “non può servire a canonizzare i nostri pregiudizi e non può conferire alle nostre parzialità il carattere assoluto della fede universale. Sarà bene perciò ridirlo a noi stessi: una certa fiducia nel futuro ed un certo distacco, fanno parte dello spirito cattolico. […] Per quanto sia radicata nella storia, la Chiesa non è schiava di nessuna epoca storica e di nessuna realtà essenzialmente temporale”.

Scritto per Vatican Insider

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