Una luce che illumini la casa 2


Nonostante i numerosi consensi raccolti in poco tempo, dall’inizio del suo pontificato fino ad oggi, pare che l’azione pastorale di Papa Francesco susciti in alcuni una velata sensazione di fastidio. Se da una parte, infatti, è possibile registrare un notevole gradimento nei gesti, nelle scelte, e in alcune sorprendenti novità di stile incarnati dal Papa latinoamericano, dall’altra (nella buona fede di entrambe le posizioni) c’è chi rimane perplesso e insoddisfatto. “La discussione – asseriva Xavier de Maistre – risveglia l’obiezione e tutto finisce col dubbio”. Uno dei maggiori luoghi comuni porta in questi casi a rovistare nel passato e a proporre un confronto tra l’attualità di un pontefice e quella del suo predecessore, con un evidente dispendio di energie culturali e senza, peraltro, riuscire a far combaciare le due figure che – con buona pace per tutti – non saranno mai perfettamente convergenti.

Papa Francesco, a tal proposito, parla del suo predecessore con evidenti attestati di stima che non lasciano spazio a ipotetiche controversie o particolari ingerenze e contrapposizioni: “Io a Benedetto XVI voglio tanto bene, è un uomo di Dio, un uomo umile, un uomo che prega. […] Adesso abita in Vaticano e c’è chi chiede: ma non ti ingombra? Non ti rema contro? No, per me è come avere il nonno saggio in casa. Quando in famiglia c’è il nonno, è venerato ed è ascoltato. Benedetto XVI non si immischia. Per me è come avere il nonno a casa, è il mio papà. Se ho una difficoltà posso andare a parlargli”. Di contro Benedetto XVI, nel giorno del suo congedo ufficiale, il 28 febbraio del 2013, si era rivolto a tutti i cardinali con queste parole: “Che il Signore vi mostri quello che è voluto da Lui. E tra voi, tra il Collegio Cardinalizio, c’è anche il futuro Papa al quale già oggi prometto la mia incondizionata reverenza ed obbedienza”.

Se il gesto di un Pontefice può aiutarci e avvicinarci di più al misterioso ed esigente amore di Dio ben venga. Se alcune infrastrutture culturali interrompono il confronto e il dialogo, perché non aprire altre strade, nel rispetto della dottrina della fede cristiana, che possano favorire l’unità ecclesiale e fare di tutto per il maggior servizio al Signore? Possiamo noi frenare e opporre resistenza all’azione dello Spirito santo? “Anzi, – affermava Papa Francesco un mese dopo la sua elezione al soglio di Pietro – per dirlo chiaramente, lo Spirito Santo ci dà fastidio. Perché ci muove, ci fa camminare, spinge la Chiesa ad andare avanti”. E noi – ribadiva il Pontefice – “vogliamo che lo Spirito Santo si assopisca. Vogliamo addomesticare lo Spirito Santo. E questo non va. Perché lui è Dio e lui è quel vento che va e viene, e tu non sai da dove. È la forza di Dio; è quello che ci da la consolazione e la forza per andare avanti. Ma andare avanti! E questo dà fastidio. La comodità è più bella. […] Questa tentazione ancora è di oggi”.

Del resto, la personalità e lo stile di un pontefice non può essere confezionata dentro il nostro personalissimo gusto estetico; così come appare eccessiva la posizione espressa recentemente dallo statunitense Edward Luttwak, che si è detto “scioccato” per aver visto il Papa benedire – con la visita pastorale a Lampedusa – “l’arrivo illegale di immigrati illegali”. Nella Chiesa, ogni vocazione o scelta di vita è generata da un particolarissimo carisma (ritenuto dal cristiano dono di Dio) che risulterebbe incomprensibile e paradossale se venisse letto fuori da quell’armonia ecclesiale capace di coniugare diversità e ricchezze. Proprio oggi, durante l’udienza generale, Papa Francesco – parlando della cattolicità della Chiesa – ha affermato: “La Chiesa è come una grande orchestra in cui c’è varietà: non siamo tutti uguali, e non dobbiamo essere tutti uguali. Tutti siamo diversi, differenti, ognuno con le proprie qualità e questo è il bello della Chiesa: ognuno porta il suo, quello che Dio gli ha dato, per arricchire gli altri. E tra le componenti c’è questa diversità, ma è una diversità che non entra in conflitto, non si contrappone; è una varietà che si lascia fondere in armonia dallo Spirito Santo; è Lui il vero «Maestro», e Lui stesso è l’armonia” (Radio Vaticana).

Bisogna allora rivedere alcuni giudizi e ripercorrere l’antica strada dell’abbandono alla volontà di Dio, lasciando che ogni cosa buona, un gesto, una particolare attenzione, una scelta piuttosto che un’altra (proposta da un pontefice o da una qualsiasi altra persona) ci aiuti a riscoprire la bellezza di essere persone in comunione. «Non si accende – ricorda il Vangelo – una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa» (Mt 5, 15).

Scritto per Vatican Insider


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