Acireale, niente funerali religiosi per i boss della mafia


Mons. Antonino Raspanti, vescovo di Acireale, mette nero su bianco e con un decreto, promulgato recentemente nella propria diocesi, stabilisce che “sia privato delle esequie ecclesiastiche in tutto il territorio della Diocesi di Acireale chi è stato condannato penalmente per reati di mafia, con sentenza  definitiva, dal competente organo giudiziario dello Stato italiano, se prima della  morte non abbia dato alcun segno di pentimento”.

Il decreto si apre con una citazione dettata dal beato Giovanni Paolo II nella storica visita alla Valle dei Templi di Agrigento il 9 maggio 1993: “La fede […] esige non solo un’intima adesione personale, ma anche una coraggiosa testimonianza esteriore, che si esprime in una convinta condanna del male. Essa esige qui, nella vostra terra, una chiara riprovazione della cultura della mafia, che è una cultura di morte, profondamente disumana, antievangelica, nemica della dignità delle persone e della convivenza civile”. Uno degli anatemi più vigorosi lanciati da Papa Wojtyla nel corso del suo pontificato che portò la mafia a rispondere, quattro mesi dopo (il 15 settembre del 1993), con l’uccisione di Padre Pino Puglisi, il parroco di Brancaccio inviso alla mafia locale per la sua attività pastorale considerata un ostacolo per gli interessi della criminalità organizzata.

Bisogna verificare – precisa il decreto del Vescovo di Acireale – “che l’eventuale concessione delle esequie non causi pubblico scandalo dei fedeli”. Oltre alla privazione delle esequie ecclesiastiche, come ricorda il can. 1185 del Codice di Diritto Canonico, verrà negata qualsiasi messa esequiale. Per coloro che sono deceduti in “odor di mafia” non è esclusa la possibilità di pregare e di celebrare Messe di suffragio. Tale sanzione giuridica – prosegue il testo del decreto – “sia di stimolo al ravvedimento di coloro che perseverano in tali atteggiamenti ed invito ad abbandonare scelte di vita capaci di produrre l’effetto giuridico del diniego delle esequie”.

Anche Papa Benedetto XVI, nel corso della Visita Pastorale a Palermo (ottobre 2010), oltre al martirio di Padre Puglisi ricordò i Servi di Dio Rosario Livatino e Mario Giuseppe Restivo. “Spesso – disse il Pontefice – la loro azione non fa notizia, perché il male fa più rumore, ma sono la forza, il futuro della Sicilia! (…) Cari giovani di Sicilia, siate alberi che affondano le loro radici nel “fiume” del bene! Non abbiate paura di contrastare il male! Insieme, sarete come una foresta che cresce, forse silenziosa, ma capace di dare frutto, di portare vita e di rinnovare in modo profondo la vostra terra! Non cedete alle suggestioni della mafia, che è una strada di morte, incompatibile con il Vangelo, come tante volte i nostri Vescovi hanno detto e dicono!”.

Mons. Raspanti – sulla scia di altri coraggiosi vescovi siciliani e nel rispetto delle norme ecclesiastiche promulgate dalla Chiesa e menzionate nel decreto – chiude così un’annosa vicenda che rischiava di creare confusione nella prassi pastorale del territorio siciliano, dove il defunto – anche se mafioso – viene talvolta salutato come una “brava persona”!

Scritto per Vatican Insider

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