I sacerdoti: servitori della comunione e della cultura dell’incontro


“Il Sacerdozio è l’amore del cuore di Gesù”. Era questa la profonda convinzione di Giovanni Maria Vianney, meglio conosciuto come il Santo Curato d’Ars, a proposito del ministero sacerdotale di cui egli diventò il principale protettore. Nel giugno del 2009, Papa Benedetto XVI decise di indire ufficialmente un “Anno Sacerdotale” proprio in occasione del 150° anniversario del “dies natalis” del Patrono di tutti i parroci del mondo. Erano gli anni più tristi per moltissime vocazioni sacerdotali e per la Chiesa intera, dilaniata e messa alla prova dal crimine della pedofilia, e bisognava, nonostante tutto, ritornare a guardare il sacerdozio di Cristo con la fierezza e la freschezza delle origini. Benedetto XVI scrisse così uno dei documenti più belli del suo pontificato, la Lettera di indizione dell’Anno Sacerdotale, una sorta di poema spirituale interamente dedicato alla figura del Santo Curato d’Ars e alla sua luminosa testimonianza di sacerdote.

Di fronte agli scandali, infatti, e alle sofferenze che vedevano la Chiesa messa a dura prova per l’infedeltà di alcuni suoi ministri, “ciò che massimamente può giovare in tali casi alla Chiesa – scriveva Papa Ratzinger – non è tanto la puntigliosa rilevazione delle debolezze dei suoi ministri, quanto una rinnovata e lieta coscienza della grandezza del dono di Dio, concretizzato in splendide figure di generosi Pastori, di Religiosi ardenti di amore per Dio e per le anime, di Direttori spirituali illuminati e pazienti. A questo proposito, gli insegnamenti e gli esempi di san Giovanni Maria Vianney possono offrire a tutti un significativo punto di riferimento”. In un altro passaggio della Lettera Benedetto XVI, citando le parole del Curato d’Ars, scriveva ancora: “Tutti noi sacerdoti dovremmo sentire che ci riguardano personalmente quelle parole che egli metteva in bocca a Cristo: «Incaricherò i miei ministri di annunciare ai peccatori che sono sempre pronto a riceverli, che la mia misericordia è infinita». Dal Santo Curato d’Ars noi sacerdoti possiamo imparare non solo un’inesauribile fiducia nel sacramento della Penitenza che ci spinga a rimetterlo al centro delle nostre preoccupazioni pastorali, ma anche il metodo del «dialogo di salvezza» che in esso si deve svolgere”.

Anche Papa Francesco ha voluto proseguire il cammino della Chiesa ponendo al centro di tutto la “misericordia di Dio” e rilanciando il ministero sacerdotale, orientandone il servizio nelle periferie del mondo, dove c’è sofferenza e povertà. “Non è precisamente nelle auto-esperienze o nelle introspezioni reiterate che incontriamo il Signore: – dichiarava Papa Francesco a pochi giorni dalla sua elezione – i corsi di auto aiuto nella vita possono essere utili, però vivere la nostra vita sacerdotale passando da un corso all’altro, di metodo in metodo, porta a diventare pelagiani, a minimizzare il potere della grazia, che si attiva e cresce nella misura in cui, con fede, usciamo a dare noi stessi e a dare il Vangelo agli altri, a dare la poca unzione che abbiamo a coloro che non hanno niente di niente” (Messa Crismale, 28 marzo 2013).

Il prete, ricordava il Pontefice latinoamericano, deve portare con sé l’odore delle pecore che gli sono state affidate, e il profumo di quell’unzione sacra che lo ha ordinato sacerdote di Cristo. Anche durante le giornate della recente Gmg, Papa Francesco ha più volte richiamato il valore e l’importanza del sacerdozio. I giovani – diceva a vescovi e  sacerdoti – hanno bisogno di essere ascoltati ed è necessario che qualcuno raccolga pazientemente le loro preoccupazioni e il desiderio di vita. “Questo ve lo chiedo con tutto il cuore! Nel confessionale, nella direzione spirituale, nell’accompa-gnamento. Sappiamo perdere tempo con loro. Seminare, costa e affatica, affatica moltissimo! Ed è molto più gratificante godere del raccolto! (…) Gesù ci chiede che seminiamo con serietà”; e ancora: “Essere servitori della comunione e della cultura dell’incontro! Vi vorrei quasi ossessionati in questo senso. E farlo senza essere presuntuosi, imponendo «le nostre verità», ma bensì guidati dall’umile e felice certezza di chi è stato trovato, raggiunto e trasformato dalla Verità che è Cristo e non può non annunciarla (cfr Lc 24,13-35)”.

Di contro dobbiamo però, anche noi laici, renderci conto di un’importante responsabilità che siamo chiamati a vivere nei confronti dei nostri sacerdoti, in termini di preghiera, attenzione e collaborazione. Non bisognerebbe, infatti, considerare il ministero del sacerdote una preoccupazione esclusiva del Papa. C’è una responsabilità comune alla quale ciascun cristiano è chiamato, proprio nei confronti di chi ha il compito annunciare e servire Cristo abbracciando il sacramento dell’Ordine. A tal proposito, il teologo svizzero H. U. von Balthasar affermava: “Se il rapporto che i fedeli hanno con gli uomini del Ministero, il papa, i vescovi e sacerdoti, non è vivificato dalla carità, il ministero che presiede loro scade nella burocrazia, che poi si fa presto a denunciare e criticare senza prender coscienza della propria parte di responsabilità”.

Scritto per Vatican Insider

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