Il magistero “temibile” di Benedetto XVI


“Sono felice. La scelta di quest’uomo, proprio lui, a sorpresa, è una vera scelta di qualità. (…) Sì, insisto, è la scelta migliore. Primo, è un latinoamericano, e di questo sono molto felice. Non solo: è anche un latinoamericano dalle vedute aperte. È un gesuita, che sicuramente dispone di una formazione e preparazione teologica molto solida. È un uomo che ha sempre condotto una vita semplice, non in grandi e sontuosi palazzi di potere. Un uomo abituato ad andare tra i fedeli anche a piedi scalzi, col bastone di pastore. Già con i primi gesti ha dato consigli e segnali: non ha chiesto né cercato applausi trionfali né parole pompose, bensì preghiera in silenzio”. Sono, queste, le considerazioni personali del professor Hans Küng, massimo teologo cattolico critico oggi, pubblicate su “La Repubblica” del marzo scorso.

Anche Vito Mancuso – anch’egli teologo cattolico critico dei nostri giorni – dice di sentirsi, per la prima volta e dopo tanto tempo, “veramente e spontaneamente rappresentato dai gesti di Papa Francesco, dalle sue parole, dal suo modo di intendere la speranza cristiana”. “Forse l’immagine che principalmente mi ha colpito – dichiara Mancuso su Agoravox.it – è quella del Papa che si presenta alla reception della casa nella quale alloggiava a Roma da cardinale… per saldare il conto di persona. Cui potremmo aggiungere la scelta di un’automobile normale invece di quella riservata al pontefice, la croce di metallo al posto di quella d’oro, il viaggio in pullman. Soprattutto il fatto di non chiamare mai se stesso «Papa», ma sempre e soltanto «Vescovo di Roma» (così come, a quanto mi risulta, non ha mai chiamato il predecessore «Papa emerito»). Si tratta di atteggiamenti che presuppongono una ecclesiologia derivante dal Concilio Vaticano II e che non andrebbero, a mio avviso, minimizzati, perché credo che esprimano una deliberata volontà programmatica da parte del nuovo pontefice”.

In passato, infatti, si era soliti parlar male e attaccare il Papa in carica. Oggi invece sta accadendo il contrario, e così c’è chi pensa che attraverso Papa Francesco si possa mettere definitivamente fuori gioco Papa Benedetto. Ma un Pontefice emerito, come Ratzinger, ottantaseienne, “chiuso” in un monastero di clausura dentro le mura vaticane, lontano dai principali canali di informazione non può comportare nessun pericolo se non quello che riguarda i contenuti del suo magistero.
E’ proprio questo il nocciolo della questione; è il pensiero teologico di Benedetto XVI che in realtà fa paura e si vorrebbe occultare, o tutt’al più sostituirlo con qualcosa di meno impegnativo per tutta quanta la Chiesa. Ci si limita così a ciarlare sul colore delle pantofole rosse del Papa (o su altre sciocchezze) per mantenere un profilo basso (molto basso!) della fede cristiana, legata esclusivamente al colore e alle immagini ed evitare così di affrontare con maturità e coerenza evangelica i nodi della questione che riguardano un Dio che è entrato nella carne e nella storia di ogni uomo.

E’ davanti a questi temi – ben argomentati e spiegati da Papa Benedetto XVI, con un linguaggio accessibile a tutti – che si vuole evitare il confronto; per questo motivo il magistero di Ratzinger risulta scomodo e temibile. Hans Küng e Vito Mancuso recitano, infatti, le loro “litanie” (ormai note a tutti) davanti all’immagine di un Papa Francesco strumentalizzata e ritagliata secondo variegati e tornacontisti convincimenti personali: Küng invoca tra le riforme principali quelle relative al “ruolo della donna, l’enciclica Humanae Vitae quindi la contraccezione, l’ordinazione di donne, l’ecumenismo con le altre Chiese, l’apertura della Chiesa ai drammi del mondo, dalla morale sessuale in Africa al resto”; Vito Mancuso – da parte sua – chiede le stesse cose, di “guardare in faccia le cose senza infingimenti o diplomazie, dicendosela tutta fino in fondo. In primo luogo per quanto attiene alla morale sessuale: ci sono moltissime statistiche a riguardo del fatto che la stragrande maggioranza dei cattolici «praticanti» disattende completamente le prescrizioni magisteriali in materia di sessualità”.

In questa girandola variegata di opinioni c’è chi accoglie nelle parole di Papa Francesco soltanto un aspetto del suo discorso; come per esempio il concetto di povertà della Chiesa, strombazzato a destra e a manca da tante persone con l’esclusivo richiamo all’aspetto economico della vicenda. Poi se il termine “povero” dovesse fare riferimento anche ad uno specifico modo di appartenere a Dio, totalmente spoglio cioè della materialità delle cose umane (incluso il denaro), di tutto ciò che offre stabilità alla nostra esistenza… questo, allora, sarebbe un altro discorso! Per le questioni morali basta rileggere alcuni testi dove il card. Bergoglio, a chiare lettere, dimostra di seguire e approvare le indicazioni del magistero.

Non di meno, uno degli ultimi segnali di continuità e adesione al magistero Papa Francesco lo ha espresso recentemente durante una delle sue omelie dettate nella Casa Santa Marta parlando della cultura del benessere e del fascino del provvisorio. Anche di fronte alla scelta di avere un figlio, ci si lascia spesso condizionare dal benessere. Il Papa ha immaginato un dialogo tra una coppia di sposi: «No, no, più di un figlio, no! Perché non possiamo fare le vacanze, non possiamo andare qua, non possiamo comprare la casa; no! Va bene seguire il Signore, ma fino a un certo punto…». Poi, a proposito di alcune coppie che si sposano pensando: «finché dura l’amore e poi vediamo». È questo afferma il Pontefice – «il fascino del provvisorio» la seconda «ricchezza» che affascina gli uomini di oggi; e li spinge, in particolare, a «diventare padroni del tempo: facciamo piccolo il tempo al momento». Il pensiero del Papa va anche a «tanti uomini e donne che hanno lasciato la loro casa per fare un matrimonio e per tutta la vita sono arrivati fino alla fine». Questo — ha affermato — «è seguire Gesù da vicino, è il definitivo». Mentre «il provvisorio non è seguire Gesù; il provvisorio è territorio nostro», nel quale noi «siamo padroni».

I professori Küng e Mancuso sono certamente in grado di leggere in questi accenni dettati da Papa Francesco – poveri e comprensibili a tutti – l’anticipo di una morale ben radicata al magistero della Chiesa.

Scritto per Korazym.org

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