La vita qualitativamente migliore dell’ uomo religioso


“Volete combattere la depressione? – titolava non molto tempo fa un noto quotidiano italiano in uno dei suoi articoli – State lontani da casa, chiesa e ufficio. State lontani da casa, evitate le chiese, non andate in discoteca e nemmeno nei centri commerciali. Piuttosto dedicatevi alla palestra”. L’indagine a cui il quotidiano faceva riferimento era stata realizzata da Riza Psicosomatica e condotta su circa 1000 intervistati, maschi e femmine, tra i 25 e i 55 anni.

La depressione è un disturbo certamente diffuso nel nostro Paese. “Chi ne soffre – dicono alcuni esperti – mostra un umore depresso, una marcata tristezza quasi quotidiana e tende a non riuscire più a provare lo stesso piacere nelle attività che provava prima. Le persone che soffrono di depressione, si sentono sempre giù, l’umore ed i pensieri sono sempre negativi. Sembra che presentino un vero e proprio dolore di vivere, che li porta non riuscire a godersi più nulla”.

Risulta poco credibile, però, che a complicare la tipologia del malessere depressivo possa contribuire la frequentazione della Chiesa. Anzi! Talvolta, proprio in ambito ecclesiale, si può ritrovare quella serenità perduta (che alcuni episodi dolorosi della vita ci hanno tolto). Intendiamoci, la Chiesa non è una stazione medica nel senso tecnico del termine! Determinate patologie hanno, infatti, bisogno della professionalità di medici specializzati. Indicare però la Chiesa come luogo non adeguato per la riconquista della propria serenità è sicuramente eccessivo.

Tante sono le testimonianze di coloro che (talvolta in preda a vera e propria disperazione) hanno trovato in parrocchia, nei gruppi o nei movimenti ecclesiali un luogo sereno e accogliente che ha potuto permettere la rinascita della loro persona.
Sei stato mollato dalla moglie o dal marito, i tuoi figli hanno scelto la strada dell’indifferenza nei rapporti familiari, a lavoro respiri l’aria viziata di un mondo insano e opportunista, ognuno pensa a se stesso e non c’è tempo per occuparsi del tuo problema! Cosa fai? Vai in palestra? Trenta minuti di “ciclette” riusciranno ad infrangere quel velo sottile che separa il tuo desiderio di felicità dalle fatiche quotidiane della vita? E’ davvero difficile considerare questa ipotesi (utile certamente per distrarsi un po’) la soluzione più adeguata.

Un’altra equipe di ricercatori, della Yeshiva University, qualche anno fa, ha verificato uno stretto legame tra ottimismo/felicità e la frequenza alle funzioni religiose. Sembra, infatti, che la partecipazione alle attività proposte nei luoghi di culto offra un 56% in più di probabilità di possedere una visione positiva e ottimistica della vita rispetto ad altre alternative surrogate. Gli esperti sottolineano, inoltre, una minore probabilità di depressione.

“La ricerca è pubblicata sull’ultimo numero di “Journal of Religion and Health” e il campione utilizzato è stato di 92.539 donne, in postmenopausa, provenienti da ambienti diversi e di età superiore ai 50 anni. Eliezer Schnall, professore associato di psicologia clinica, ha però avvertito, correttamente, che non c’è un determinato principio di causalità tra l’andare in Chiesa e la felicità, potrebbe anche essere l’inverso, ovvero che le persone più positive scelgano di andare in Chiesa” (Uccr). La ricerca appare decisamente in linea con tutta una serie sterminata di risultati di ricerche precedenti che dimostrano il fortissimo legame tra l’essere praticanti e l’essere felici. “Tanto che perfino la rivista dell‘American Psychological Association (APA), ha in qualche modo voluto consigliare agli psicologi di promuovere il coinvolgimento religioso ai propri pazienti vittime di disturbi mentali, come la depressione” (Uccr).

Le statistiche dicono allora che l’uomo religioso ha l’opportunità di vivere una vita qualitativamente migliore. In ogni caso – come affermava il filosofo e teologo francese Blaise Pascal – “Se Dio esiste, si ottiene la salvezza. Se ci sbagliamo, si è vissuto un’esistenza lieta rispetto alla consapevolezza di finire in polvere”.

Pubblicato su Korazym.org

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