Bagnasco: è insufficiente il sostegno delle istituzioni per la scuola


Il Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, card. Angelo Bagnasco, ha aperto in questi giorni – con una relazione sul tema “La Chiesa e la scuola” – il laboratorio nazionale promosso dalla Cei sulle prospettive di scuola e formazione professionale in riferimento alla “questione educativa”. Si tratta della prima tappa di un percorso di sensibilizzazione sulle tematiche della scuola (statale e paritaria) e della formazione professionale, volto a coinvolgere la comunità ecclesiale e tutta la società in una riflessione sull’importanza della scuola come ambiente educativo, nel quadro degli orientamenti pastorali per il decennio in corso Educare alla vita buona del Vangelo. La riflessione proposta dal Presidente della Cei è un richiamo alla valorizzazione e al sostegno della scuola, perché tutti – istituzioni pubbliche, Chiesa e famiglie – si impegnino a promuoverla e a sostenerla con ulteriore attenzione.

“Una società – afferma mons. Bagnasco – che non investa energie economiche e umane nella scuola, nella formazione e nell’innovazione, finisce per subordinare l’uomo al lavoro e al denaro, come appare in modo drammatico nella finanziarizzazione dell’economia e nella conseguente subordinazione del lavoro alla finanza, elemento che interpella fortemente l’ambito educativo. Il contesto culturale nel quale siamo inseriti è spesso segnato da uno scetticismo e un individualismo che sfaldano i presupposti stessi dell’educazione, finendo per ridurla a mera trasmissione di conoscenze e capacità tecniche”. Forse la nostra società – sazia di un benessere conseguito nel tempo – si è indebolita nel versante dei valori che riguardano la dimensione sociale e culturale della dignità della persona. La nostra generazione, talvolta, rinuncia al compito dell’educazione “e abbandona alla solitudine i più giovani che, anche senza saperlo esprimere, chiedono di essere accompagnati e di avere davanti a sé esempi credibili e autorevoli”.

L’Arcivescovo di Genova sottolinea da un lato lo smarrimento percepito da chi lavora nella scuola, spesso causato “dall’insufficiente sostegno delle istituzioni, come mostrano non da ultimo i tagli al personale e ai fondi stanziati per le attività e la strumentazione. Da qui il disagio vissuto da tanta parte degli insegnanti, spesso scoraggiati e disillusi perché scarsamente valorizzati e non pienamente riconosciuti nel loro importante e delicato compito formativo”, dall’altro il disorientamento delle famiglie “di fronte alle nuove sfide e meno attrezzata ad assumersi vere responsabilità educative, chiede sempre di più alla scuola, demandando ad essa in termini sia quantitativi che qualitativi”. Ne viene fuori, insomma, un immagine di scuola sofferente, chiamata a svolgere un ruolo di supplenza e di sostegno nei confronti della famiglia. “Si avverte – precisa Bagnasco –, in generale, il forte bisogno di una presa di responsabilità più forte, da parte delle famiglie, davanti all’educazione dei figli: esse devono svolgere appieno il loro compito di formazione e orientamento, dando vita a un’autentica autonomia, nel rispetto del quadro scolastico istituzionale. Lo Stato, da parte sua, deve incentivare tale assunzione di responsabilità e favorire una sana autonomia, come previsto dalla stessa Costituzione”.

Il Presidente dell’episcopato italiano non dimentica di richiamare all’attenzione l’annoso pregiudizio nei confronti delle scuole paritarie cattoliche, gli ostacoli, i numerosi vincoli e le complessità burocratiche presenti nel sistema italiano che non permettono una piena sussidiarietà tra scuole statali e paritarie. Nonostante i positivi riconoscimenti e le disposizioni contenuti nella Legge 62/00 a proposito di scuole paritarie, “permangono – dichiara Bagnasco – svariate difficoltà applicative della legge summenzionata, quali l’incertezza della disponibilità finanziaria, la lentezza nell’erogazione dei fondi, l’eccesso di prescrizioni e di controlli burocratici, l’assenza di uffici ministeriali con specifiche competenze sulle scuole paritarie”. E’ da registrare, inoltre, una negativa presa di posizione nei confronti della Chiesa, ritenuta oggetto di privilegi che sottraggono energie alle risorse comuni. Il 70% delle scuole paritarie sono cattoliche; ad esse, purtroppo, non viene riconosciuto il valido contributo sociale e il risparmio economico offerto alla Nazione.

Secondo alcuni autorevoli dati statisti pubblicati dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, (La scuola in cifre 2009-2010), le scuole paritarie (per la maggior parte scuole dell’infanzia) rappresentano il 24% delle scuole italiane. Esse raccolgono spesso bambini per i quali non c’è posto nelle strutture statali. Il 10% della popolazione scolastica si forma in tale contesto, ma ricevono dallo Stato solo l’1% della quota stanziata per gli istituti. E’ doveroso ricordare – precisa Bagnasco – che “mentre il costo medio annuo per ogni alunno della scuola statale si aggira sui 7 mila euro, l’erario ne stanzia per ogni alunno delle scuole paritarie appena 500. Moltiplicando le cifre, risulta che le scuole paritarie fanno risparmiare allo Stato 6 miliardi di euro l’anno”. L’Arcivescovo di Genova, infine, dedica una particolare attenzione al caso-Bologna dove, “i cittadini, tra poco più di venti giorni, saranno chiamati a esprimersi attraverso un referendum consultivo sull’opportunità di eliminare le convenzioni comunali con le scuole paritarie di ogni ordine e grado. I promotori della consultazione – ha spiegato – si appellano, come sovente accade, all’articolo 33 della Costituzione, secondo il quale il diritto di istituire scuole e istituti di educazione da parte di enti e privati deve avvenire «senza oneri per lo Stato»”.

Secondo il presidente dei vescovi italiani, “a questa presa di posizione si deve replicare, come stanno facendo importanti esponenti e associazioni, che nel caso delle scuole paritarie non si tratta di un onere nei confronti dello Stato in quanto, sebbene esso contribuisca economicamente al loro sostentamento, è ben di più quanto esse fanno risparmiare alla collettività rispetto a quanto ricevono da essa. Non si tratta dunque in alcun modo di un onere, e per questo risulta pretestuoso il riferimento all’articolo in questione”.

Pubblicato su Korazym.org

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