Il Concilio ci vuole tutti santi: la riflessione di André Vauchez


“L’aspetto forse più importante del Concilio Vaticano II è stato il riconoscimento da parte della Chiesa cattolica del fatto che tutti i battezzati sono ugualmente chiamati alla santità”. Sono le considerazioni personali espresse dal prof. André Vauchez, Membre de l’Académie des inscriptions et belles-lettres  di Parigi, pubblicate nella rivista “Forma sororum. Lo sguardo di Chiara d’Assisi oggi”. Il tema relativo alla santità fu, infatti, uno degli aspetti programmatici più innovativi presentati dal Concilio nel capitolo V della Costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium. “Se i Padri conciliari diedero a questa tematica tanto risalto – ricorderà poi Giovanni Paolo II nella Novo millennio ineunte – non fu per conferire una sorta di tocco spirituale all’ecclesiologia, ma piuttosto per farne emergere una dinamica intrinseca e qualificante. […] Questo dono di santità, per così dire, oggettiva, è offerto a ciascun battezzato”.

Vauchez attribuisce al Concilio il merito di aver elaborato – per la prima volta nella storia – una teologia del laicato, capovolgendo così l’inadeguata posizione di sudditanza nei confronti delle gerarchie ecclesiastiche. In questo particolare tempo storico – quello relativo agli anni del Concilio – bisognava, inoltre, “ritrovare gli elementi fondamentali e specifici del Cristianesimo per rispondere ai bisogni dell’uomo moderno e riconfigurarlo a Cristo”. Secondo lo storico medievalista francese il Concilio Vaticano II si è svolto in ritardo rispetto ai tempi: “La Chiesa cattolica ha cercato un terreno di intesa con la società moderna e democratica proprio nel momento in cui tale società veniva contestata dall’interno e stava per entrare in crisi, come dimostrano gli avvenimenti del ‘68”. Vauchez, nella sua analisi, sottolinea anche la difficoltà di entrare in dialogo con la realtà post-moderna dove – nel frattempo – l’individualismo e il rifiuto di ogni regola morale hanno prodotto un tipo di cultura edonista ed egocentrica, che “guarda solo al presente e rigetta le sue radici, particolarmente quelle cristiane, un’eredità sorpassata di cui ci si può vergognare”.

Nonostante il segno dei tempi è importante oggi – scrive Vauchez – “che la Chiesa si rimetta ancora più profondamente in causa, basandosi sullo «zoccolo» delle riforme promosse dal Concilio, ma riconsiderando tutte le modalità della sua presenza nel mondo e il senso della sua missione”.
Tuttavia, se da un lato – soprattutto in Europa – assistiamo al disfacimento dei valori umani e spirituali dell’uomo, dall’altro registriamo l’attenzione della Chiesa nel voler – con interventi e proposte adeguate al tempo presente – riqualificare la fede non come presupposto ovvio del vivere comune ma come impegno coerente e costante della presenza di Dio nel mondo. “Ciò di cui il mondo oggi ha particolarmente bisogno – afferma, infatti, Papa Benedetto XVI nella Lettera Apostolica Porta fidei – è la testimonianza credibile di quanti, illuminati nella mente e nel cuore dalla Parola del Signore, sono capaci di aprire il cuore e la mente di tanti al desiderio di Dio e della vita vera, quella che non ha fine”.

Le considerazioni che il prof. André Vauchez riporta nel testo della sua pubblicazione – che è possibile consultare integralmente nella rivista sopra citata – sono solo un accenno al vastissimo panorama culturale e religioso preso in esame dal Concilio. Il Vaticano II – come lo stesso studioso francese ricorda – non ha messo a tema (rispetto ai precedenti concili) anatemi e condanne, ma entra in dialogo “pastorale” con le incertezze e le incongruenze del tempo storico in cui è nato… e in quello presente.

Il testo integrale dell’articolo è stato pubblicato su:
FORMA SORORUM Monastero Clarisse S. Lucia
Viale Vanni, 6 06062 CITTÀ DELLA PIEVE PG
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Pubblicato su Korazym.org

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