Con le opinioni non si costruiscono le cattedrali


Quali erano i fondamenti che strutturavano la vita delle prime comunità cristiane, le loro principali occupazioni e le attività riservate alla formazione del singolo credente? E’ una domanda questa che soprattutto oggi dovrebbe ritornare ad interrogarci seriamente, per comprendere il valore del Vangelo e riconoscere l’errore di averlo vissuto, a tutti i livelli, con irresponsabile indifferenza. Dalla morale alla politica, nelle relazioni interpersonali, nei giudizi sulla famiglia, nella società, nel lavoro per il bene comune e in mille altre circostanze il ritornello è sempre lo stesso: vivere come se Dio non esistesse! In questi giorni di campagna elettorale i nodi al pettine sono sempre più numerosi, tutti però prospettano tempi migliori facendo coincidere la svolta decisiva con la loro stessa persona e con ipotesi di programmi simili a certi contratti dove tra le note, scritte con minuscoli e spesso illeggibili caratteri, l’inganno – seppur nascosto – è validamente contemplato!

Quando Joseph Ratzinger, ancora cardinale, denunciò le sporcizie presenti all’interno della Chiesa, ebbe poi il coraggio – diventato Papa – di estirparne le radici, tornando ad annunciare le verità contenute nel Vangelo. Adesso tocca a noi, a tutti quei laici che non considerano il proprio Battesimo un semplice certificato anagrafico, rimuovere le sporcizie della nostra società, tenendo presente la dignità e il valore cristiano dell’essere umano. Le prime comunità cristiane si distinsero per il loro modo, straordinariamente nuovo, di lavorare per il bene comune, convinti che la dottrina insegnata dal Nazareno potesse diventare (e così fu), in pochissimo tempo, un modello di vita capace di trasformare l’esistenza umana. Cristo era al centro di ogni attività, “Ogni giorno – ce lo ricordano i Vangeli – tutti insieme frequentavano il tempio e spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo la simpatia di tutto il popolo” (At 2,46-47).

Le case e le famiglie dei primi cristiani costituivano il principale punto di riferimento per tutta la società e di poveri ce n’erano davvero pochi; ancora negli Atti degli Apostoli leggiamo infatti: “Non c’era infatti tra loro alcun bisognoso: poiché quanti possedevano campi o case, li vendevano e portavano il ricavato delle vendite mettendolo ai piedi degli apostoli. Veniva poi distribuito a ciascuno secondo che ne aveva bisogno” (At 4,34-35). Oggi, invece, culturalmente e socialmente più evoluti, il povero rimane povero, e se qualcosa si può fare per aiutarlo bisogna attendere e rispettare i tempi burocratici della “legge”, che purtroppo non è quella di Dio! “Non era facile. – scriveva C. Péguy descrivendo l’azione evangelizzatrice degli Apostoli – La terra tutt’intera… era tutta imbrattata di paganesimo. […] era tutta asservita al culto dei falsi dei. Essi furono i primi cristiani… dovettero ripulire la terra… come un bambino sudicio”.

Anche oggi non è facile, la logica dell’interesse privato è la nuova forma di paganesimo e “noi” siamo i falsi dei del terzo millennio. Si racconta che Heinrich Heine – il maggior poeta tedesco del periodo di transizione tra il romanticismo e il realismo – osservando per la prima volta uno splendido duomo medievale, rivolgendosi ad un amico cristiano abbia esclamato: “Questi vostri padri avevano dei dogmi. Voi credenti d’oggi, solo delle opinioni. E con le opinioni non si costruiscono le cattedrali”.

Pubblicato su Korazym.org

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