Un pallone gonfio d'aria


Gli eroi del calcio italiano – quelli che se non esistessero renderebbero sciatto il fine settimana di tanti tifosi, mentre per altri non cambierebbe assolutamente nulla – scendono in campo. Si ripete così un rito antico che continua a consumarsi in tanti stadi italiani ed internazionali, e che è diventato negli ultimi anni sempre più spregiudicato, trasformando alcuni dei suoi protagonisti (giocatori, allenatori…) in vere e proprie, e soprattutto preziosissime, miniere d’oro, verso cui tutti – presidenti di club, sponsor, diritti televisivi e giovani donne in cerca di marito – sono disposti ad inginocchiarsi per trarne adeguato profitto!

“Lo stadio – pare dicesse Eugenio Montale – offre partecipazione non tanto per i suoi magri spettacoli quanto perché è l’aspetto visibile di una grande macchina che implica denaro a palate, scommesse, retroscena di ogni genere, ingaggi, disingaggi, uomini venduti a peso d’oro come merce preziosa”.
Il mondo del pallone è una di quelle strane realtà, peraltro, che sembra non risentire dell’attuale crisi economica in cui vessa il nostro paese.
Tutti i big del calcio continuano, infatti, a percepire regolarmente il loro “stipendio”, qualcuno evade il fisco e altri entrano nell’illecito giro del calcio scommesse… ma alle divinità del calcio italiano – ci mancherebbe – tutto è permesso e condonato. La recente manovra economica ha messo in ginocchio gli italiani del ceto medio, quelli che vivono di stipendio (i più fortunati), i cassintegrati e i disoccupati, e qualcuno ingenuamente si chiede se sia educativo e corretto continuare a strapagare questi capricciosi giocolieri del pallone! L’aspetto più preoccupante è il ritorno di immagine che, nonostante tutto, continua a far sognare milioni di tifosi, piccoli e grandi, permettendo all’eroe calciatore (forte, bello e strapagato) di diventare il simbolo della propria vita, anche se “si è trovato coinvolto” in qualche “spiacevole” illecito.

“Gli uomini – afferma un inedito Joseph Ratzinger negli anni ’80 a proposito di calcio – si identificano con il gioco e con i giocatori, e partecipano quindi personalmente all’affiatamento e alla rivalità, alla serietà e alla libertà: i giocatori diventano un simbolo della propria vita; il che si ripercuote a sua volta su di loro: essi sanno che gli uomini rappresentano in loro se stessi e si sentono confermati. Naturalmente tutto ciò può essere inquinato da uno spirito affaristico che assoggetta tutto alla cupa serietà del denaro, trasforma il gioco da gioco a industria, e crea un mondo fittizio di dimensioni spaventose”. Giovanni Paolo II diceva che “lo sport vuol dire non solo forza fisica e grossi muscoli, ma è qualcosa che ha anche un’anima”. Forse è proprio quest’anima che è stata smarrita e che pochi si preoccupano di ritrovare.

Comunque tutti pronti, poiché lo spettacolo – dentro e fuori gli stadi – è appena iniziato, e come accade da qualche anno a questa parte, tra scommesse illecite, partite vendute, ricorsi e sentenze giuridiche e intemperanze da parte di alcuni giocatori, conviene riesumare un antico adagio trapattoniano che così recita: “Il pallone è una bella cosa, ma non va dimenticata una cosa: è gonfio d’aria”.

Pubblicato su Korazym.org

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