I mattoni rossi e il calcio


azzurriAlmeno per una giornata il calcio italiano – con le sue innumerevoli e ingloriose contraddizioni – si ferma, e la spedizione azzurra – giunta in Polonia per disputare gli Europei di calcio 2012 – sosta in silenzio di fronte alla parete di mattoni rossi del Campo di concentramento di Auschwitz, dove venivano eseguite le sentenze di morte dell’orrore nazista.
Buffon depone una corona di fiori tricolore e la commozione – scolpita nei volti dei 23 giocatori azzurri – è palese.

È un’esperienza toccante, – dichiara Giorgio Chiellini – finché non lo vedi con i tuoi occhi non ti accorgi delle atrocità che sono state commesse in questo luogo. Per noi – prosegue il difensore juventino – è stata un’esperienza molto toccante, è stato importante venire qui per ricordare e testimoniare, nella consapevolezza che tutto quello che è accaduto non si deve mai più ripetere.

L’insegna dell’entrata Arbeit macht frei (il lavoro rende liberi), il filo spinato e le camere a gas, i binari di Birkenau (il campo di sterminio nazista dove furono uccisi un milione di ebrei) dove giungevano i convogli carichi di ebrei provenienti da tutta l’Europa, scuotono la delegazione azzurra, molti i giocatori che non riescono a trattenere le lacrime.

Samuel Modiano, uno degli ebrei italiani sopravvissuti all’Olocausto, racconta ai giocatori del calcio italiano la follia del crimine nazista. Mi rivolgo a voi che siete giovani e che state vedendo qualcosa di orribile. Qui noi, una volta entrati, perdevamo il nome e la dignità. Loro, come tutti noi, – prosegue Samuel Modiano – avranno letto libri e visto documentari ma essere qui di presenza è tutta un’altra cosa. Se siamo qui è perché il ricordo viva ancora e perché tutto quello che è successo allora non accada mai più. Ci siamo portati dentro sempre la stessa domanda: perché noi ci siamo salvati? La risposta l’ho trovata adesso: la mia missione è quella di spiegare a tutti che siamo tutti uguali, che non ci sono razze diverse l’una dall’altra e che non deve mai più succedere.

Gli azzurri seduti sui binari di Birkenau, i binari della morte, ascoltano le testimonianze di Modiano e di altri due superstiti, Piero Terracina e Anna Weiss.

Piero Terracina ricorda ancora gli undici dell’Italia campione del mondo del ’38 in Francia Biavati – dice – è quello che inventò il doppio passo… Mi emozionavo con Carosio, ma fu l’ultima volta: a noi ebrei, vietarono anche la radio.

I tre superstiti e gli azzurri (alcuni dei quali intervengono per esprimere le personali emozioni) hanno reso l’incontro molto intenso, e un giornalista tedesco commenta: Molto più profondo di quello della nostra nazionale della settimana scorsa.

Questa particolare visita della Nazionale italiana al Museo e al Campo di concentramento di Auschwitz restituisce un po’ di decoro al calcio nostrano, deformato dagli interessi economici e dall’inganno, e al di là dei risultati che riusciremo a conseguire nell’imminente Euro 2012, la giornata ad Auschwitz è un valore più grande da non dimenticare.

(Pubblicato su Medeu.it)

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