Recensione: Edith Stein. La grande figlia d’Israele, della Chiesa, del Carmelo


quadernicarmelitaniFRANCESCO SALVARANI, Edith Stein. La grande figlia d’Israele, della Chiesa, del Carmelo, Ed. Ares, Milano 2009, pp. 564.

«Generosa testimone della fede… eminente figlia d’Israele e figlia fedele della Chiesa». Con queste parole Giovanni Paolo II, nell’ottobre del 1998, sintetizzò la straordinaria figura di Santa Teresa Benedetta della Croce, la carmelitana scalza morta nel campo di sterminio di Auschwitz – Birkenau il 9 agosto del 1942.
Francesco Salvarani, sacerdote di Reggio Emilia, docente di Lettere e Filosofia ha voluto probabilmente trarre spunto dalle parole di Giovanni Paolo II per titolare il suo libro: “Edith Stein. La grande figlia d’Israele, della Chiesa e del Carmelo”. L’Autore ha delineato, in un corposo volume, la vicenda biografica di questa grande santa, allieva del filosofo Edmund Husserl e protagonista della cultura filosofico-teologica del secolo scorso. “Più che una biografia – rivela don Salvarani in un intervento pubblico – è un’autobiografia, perché ho voluto far parlare lei, la santa, rifacendomi costantemente alle sue opere, ai suoi scritti”. Il testo, infatti, rispecchiando fino in fondo l’impronta metodologica che l’Autore ha voluto imprimere nella sua opera, racconta l’intera esistenza della giovane Stein: gli anni dell’infanzia, gli studi filosofici, la conversione al cattolicesimo, l’ingresso nel Carmelo di Colonia, la deportazione ad Auschwitz e il martirio. Salvarani offre al lettore la possibilità di coniugare in Edith Stein produzione filosofica ed esperienza di vita, mostrando il volto di una donna coraggiosa e volitiva, capace di oltrepassare qualsiasi limite culturale pur di abbracciare la verità.
Francesco Salvarani nel suo libro, rispetto ad altre biografie, descrive gli aspetti meno noti della vita di Edith Stein come per esempio gli avvenimenti che precedono il battesimo, l’ateismo e l’indifferenza religiosa. Assolutamente coinvolgente risulta poi la parte centrale del libro dove l’Autore descrive gli stati d’animo e alcune scelte importanti della vita che porteranno Edith Stein ad intraprendere il cammino di ricerca della verità (cf. pp. 239-244), la conversione dall’ebraismo al cattolicesimo, l’impegno culturale e filosofico verso le intuizioni di una fenomenologia dell’essere e dell’essere divino come persona. Tutto questo a partire dall’incontro con una “Verità”, raccontata negli scritti di Santa Teresa d’Avila, attraverso cui la giovane Edith Stein decide di dare una svolta alla propria vita.
Salvarani, con risoluta convinzione, mette in rilievo il misterioso legame tra chiamata alla fede cattolica e vocazione carmelitana. Egli, infatti, precisa nel suo testo: “Edith cercava la Verità e ha scoperto che la Verità è l’amore, è Dio stesso e che Cristo ne è la rivelazione. […] Se quella chiamata alla fede cattolica, già in sé misteriosa, riservava altro mistero da svelare, Edith non era il tipo da tirarsi indietro: si può supporre, infatti che, nell’approfondire il significato del Battesimo, abbia avvertito che la sua chiamata alla fede cattolica includeva pure, nell’affidamento a Teresa d’Avila, la sua vocazione al Carmelo. Si trattava di una rivoluzione globale nella sua vita, la soprannaturalizzazione, nel modo più completo, di tutto il resto della sua esistenza” (pp. 243-244).
Nel testo pubblicato da Salvarani (per una scelta redazionale dell’Editore e per i sopraggiunti problemi di vista dell’Autore stesso che gli hanno impedito di curarne la revisione) manca un’ampia parte filosofica relativa alle due battaglie culturali che Edith Stein ha combattuto nei confronti di Husserl nel momento in cui il fondatore della fenomenologia sembrava orientare il suo pensiero filosofico verso un’impostazione più soggettivistica, e quella relativa al filosofo Heidegger che riduceva l’essere ad un concetto temporale. Sarà proprio Edith Stein, attraverso la sua importantissima opera “Essere finito ed Essere eterno” a restituire alla realtà la sua dimensione ontologica.
Ma la vera svolta culturale e religiosa vissuta da Teresa Benedetta della Croce è l’incontro con Cristo. In questa nuova dimensione Edith Stein percepisce un rinnovato senso di corresponsabilità che il Carmelo le permette di vivere con pienezza. Alla morte del maestro e amico Husserl – commenta Salvarani – “Edith era certa dell’onestà intellettuale e morale del grande filosofo, che aveva seguito, amato e difeso, pur non condividendo la svolta neokantiana che in lui aveva preso la fenomenologia. Ma la scoperta di Cristo, e di tutto ciò che consegue, le aveva dato quel senso di corresponsabilità che nutriva soprattutto per le persone verso le quali si sentiva in debito di riconoscenza. Nel Carmelo la responsabilità la viveva in universalità e pienezza” (p. 406).

Michelangelo Nasca
Recensione pubblicata in Quaderni Carmelitani n. 25, Simboli familiari nel Carmelo, Edizioni OCD (2012).

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