Sette anni con Papa Benedetto


Durante l’omelia “Pro eligendo Romano Pontifice” del 18 aprile2005 – sedici giorni dopo la morte di Giovanni Paolo II –, come decano del Sacro Collegio, il cardinale Ratzinger offriva all’attenzione dei cardinali, che da lì a poco avrebbero dovuto eleggere il nuovo Papa, alcune considerazioni relative alle principali urgenze della Chiesa. Ed è, probabilmente, da quelle parole che il futuro Benedetto XVI, appena eletto papa, prenderà le mosse. “Ogni giorno – asseriva lo stimato e autorevole Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede – nascono nuove sette e si realizza quanto dice San Paolo sull’inganno degli uomini, sull’astuzia che tende a trarre nell’errore (cf Ef 4, 14). Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare «qua e là da qualsiasi vento di dottrina», appare come l’unico atteggiamento all’altezza dei tempi odierni. Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie”.

I vassalli del pensiero comune, pretenzioso e pressappochista, spacciarono le parole di Ratzinger – che peraltro aveva più volte espresso il desiderio del pensionamento per dedicarsi ai suoi studi – per propaganda elettorale. I cardinali elettori, però, conoscevano bene la caratura culturale e la determinazione teologica dell’illustre decano, e certamente quelle sue parole (per molti dei porporati presenti) non caddero nel dimenticatoio.
Ben consapevoli delle difficoltà che il nuovo pontefice avrebbe dovuto affrontare – poiché le “sporcizie della Chiesa” non erano semplici sfumature poetiche che Ratzinger decise di incastonare nel testo della sua Via Crucis scritta in quello stesso anno – e soprattutto dopo la mastodontica attività di governo di Papa Wojtyla, non fu necessario il terzo giorno di conclave perché i cardinali eleggessero Benedetto XVI successore di Pietro, spiazzando lo stesso card. Ratzinger per quella inaspettata decisione.
“Vedere che l’incredibile realmente accadeva, – ricorda Papa Benedetto XVI nel libro intervista Luce del mondo di Peter Seewald – è stato un vero shock. Ero convinto che ci fossero persone migliori e più giovani di me. Perché il Signore mi ha fatto questo, ho dovuto rimetterlo a Lui. Ho cercato di rimanere imperturbabile, confidando appieno nel fatto che Egli mi avrebbe guidato”. “Signore, cosa mi stai facendo? – ricorda ancora il Pontefice – Ora la responsabilità è tua. Tu mi devi condurre! Io non ne sono capace. Se tu mi hai voluto, ora devi anche aiutarmi”.

L’attività di governo messa in atto da Benedetto XVI, in questi sette anni di pontificato, ha riguardato in modo particolare «la fede e l’unità della Chiesa»: la riapertura del dialogo con il movimento lefebvriano, gli ulteriori passi in avanti con ebraismo e islam, il richiamo all’obbedienza e alla natura stessa della Chiesa che – ricorda il Papa – “vive non grazie alle proprie forze, ma per l’azione di Dio. Come unica e indivisa comunità essa è opera di Dio, non il prodotto degli uomini e delle loro capacità”.

Se con Giovanni Paolo II crollarono i muri del totalitarismo e il Papa dovette tenere testa al potere dell’uomo nei confronti di altri uomini, con Benedetto XVI fu il demonio in persona a guardare con preoccupazione l’ascesa del nuovo pontefice che in brevissimo tempo avrebbe smascherato la concupiscenza e il crimine della pedofilia di tanti sacerdoti, ricordando a tutti i credenti che il male esiste e il demonio non è una leggenda metropolitana.
Ne “L’ultimo esorcista. La mia battaglia contro Satana” scritto da Gabriele Amorth con Paolo Rodari, Amorth afferma con estrema chiarezza: “Benedetto XVI è temutissimo da Satana. Le sue messe, le sue benedizioni, le sue parole sono come dei potenti esorcismi. (…) Il modo con cui Benedetto XVI vive la liturgia. Il suo rispetto delle regole. Il suo rigore. La sua postura sono efficacissimi contro Satana. La liturgia celebrata dal Pontefice è potente. Satana è ferito ogni volta che il Papa celebra l’eucaristia. Satana molto ha temuto l’elezione di Ratzinger al soglio di Pietro”.

Con “una misura nuova”, dunque, – quella del Figlio di Dio che “oltre-passa i limiti della condizione umana segnata dal peccato e supera la barriera che tiene l’uomo prigioniero, separato da Dio e dalla vita eterna” – Benedetto XVI continua a suggerire un nuovo umanesimo fermamente ancorato alla figura di Cristo.

Ieri… il card. Ratzinger nella già citata omelia del 18 aprile2005: “«Adulta» non è una fede che segue le onde della moda e l’ultima novità; adulta e matura è una fede profondamente radicata nell’amicizia con Cristo. É quest’amicizia che ci apre a tutto ciò che è buono e ci dona il criterio per discernere tra vero e falso, tra inganno e verità. Questa fede adulta dobbiamo maturare, a questa fede dobbiamo guidare il gregge di Cristo. Ed è questa fede – solo la fede – che crea unità e si realizza nella carità”.
Oggi… Papa Benedetto XVI nella lettera apostolica “Porta fidei”: “In questo tempo terremo fisso lo sguardo su Gesù Cristo, “colui che dà origine alla fede e la porta a compimento” (Eb 12,2): in lui trova compimento ogni travaglio ed anelito del cuore umano. La gioia dell’amore, la risposta al dramma della sofferenza e del dolore, la forza del perdono davanti all’offesa ricevuta e la vittoria della vita dinanzi al vuoto della morte, tutto trova compimento nel mistero della sua Incarnazione, del suo farsi uomo, del condividere con noi la debolezza umana per trasformarla con la potenza della sua Risurrezione. In lui, morto e risorto per la nostra salvezza, trovano piena luce gli esempi di fede che hanno segnato questi duemila anni della nostra storia di salvezza”.

(Articolo pubblicato su Korazym.org)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *