EllaOne: la pillola dei cinque giorni dopo


La “EllaOne” non è, purtroppo, la marca di una nuova bibita ma l’ultimo ritrovato medico-scientifico approvato dall’Agenzia italiana del farmaco lo scorso novembre. Si tratta, infatti, di una compressa – un contraccettivo denominato “pillola dei cinque giorni dopo” – che già dalla prossima settimana potrà essere venduto nelle farmacie italiane dietro presentazione di una ricetta medica non ripetibile. Il medico, prima di prescrivere il farmaco, è tenuto a verificare l’assenza di una gravidanza preesistente attraverso l’esito negativo di un test a base di beta Hcg, test che la donna può effettuare anche con un semplice stick sulle urine reperibile nelle farmacie.

Gli esperti tengono a precisare che non si tratta di un farmaco abortivo ma di un anticoncezionale d’emergenza, un principio attivo che agisce con tempi più lunghi rispetto alla già disponibile pillola del giorno dopo; e nel caso in cui la pillola venisse presa a fecondazione già avvenuta – dicono – non funzionerebbe! La stessa Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha ribadito come la contraccezione di emergenza eviti il concepimento. Lo scorso anno Lucio Romano, ginecologo e copresidente nazionale dell’Associazione Scienza & Vita, in una nota spiegava che “con il definitivo via libera alla ‘pillola dei cinque giorni dopo’ assistiamo all’ultimo atto di una progressiva banalizzazione dell’aborto. Far passare come mero contraccettivo un prodotto che agisce fino a cinque giorni dopo il rapporto sessuale e che può svolgere un’azione antiannidamento in utero dell’embrione e quindi un’azione abortiva, non solo è antiscientifico, ma rappresenta l’ennesima riprova di una deriva culturale che veicola messaggi fuorvianti. Quando ellaOne sarà liberamente disponibile nelle farmacie – conclude Romano – l’aborto verrà presentato, mistificandolo, come contraccettivo” (L’Eco di Bergamo).

Il presidente della Pontificia Accademia per la vita, Ignacio Carrasco de Paula, a proposito del via libera arrivato dal Css sulla pillola dei 5 giorni dopo, aveva affermato: “La Chiesa non è aprioristicamente avversa alla contraccezione d’emergenza. (…) Ma bisogna tener conto del fatto che non è stata sviluppata ancora una procedura che consenta la diagnosi immediata dell’avvenuto concepimento”. “Che una donna – precisa Carrasco – che subisce violenza sessuale possa disporre di un farmaco che, bloccando l’ovulazione, impedisca un eventuale concepimento, è una prospettiva ragionevole e auspicabile. Il discorso cambia se il farmaco invece d’impedire il concepimento bloccasse la crescita del neoconcepito o addirittura provocasse l’espulsione; in questo caso ci troveremmo di fronte a una tecnica aggiuntiva, molto raffinata, di cancellazione della vita umana”.

Anche l’Osservatore Romano aveva espresso delle ragionevoli perplessità: “Se serve a poco o a niente, non si capisce la fretta di mettere in vendita questa pillola, e l’insistenza per la sua commercializzazione. (…) E poi, sarà possibile arrivare in farmacia con un precoce test di gravidanza? E sarà questo sufficiente a escludere che l’annidamento sia avvenuto, o magari stia avvenendo proprio nel lasso di tempo, pur breve, fra l’analisi e l’acquisto? A dispetto degli sforzi di chiarimento, la situazione dei cosiddetti contraccettivi di emergenza sembra essere in parte ancora oscura, e davvero molto controversa”.

L’Ulipistral acetato 30 mg è stato approvato dall’Ema come contraccettivo d’emergenza già nel maggio del 2009 e successivamente anche dalla Fda nell’agosto 2010 – ha ricordato Alberto Aiuto, amministratore delegato di Hra Pharma Italia – in Italia ha ricevuto il via libera dell’Aifa l’8 novembre del 2011. Ad oggi è autorizzato in 39 Paesi (27 Ue, Norvegia, Islanda, Liechtenstein, Serbia, Croazia, Bosnia, Djibouti, Gabon, Israele, Singapore, Sud Corea e Stati Uniti) e già commercializzato in 28 Stati”.

Il dubbio, comunque, che questo farmaco possa cancellare una vita umana appena concepita esiste, e non è così semplice – come ci viene invece spiegato – verificarlo! Si continua così a giocare, sarcasticamente, con il principio del ragionevole dubbio, e considerato il costo del farmaco (34,89 euro a confezione, a carico del paziente) e il beneficio economico che ne trarranno alcune case farmaceutiche, converrebbe operare scelte meno affrettate e maggiormente responsabili.

(Articolo pubblicato su Korazym.org)

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