Ravasi: "La cultura antidoto contro ogni violenza e prevaricazione"


Nella splendida ed incantevole cornice della Basilica Cattedrale di Monreale, in Sicilia, si è aperto in questi giorni “Il Cortile dei Gentili”, un’istituzione promossa dal Pontificio Consiglio della Cultura per aprire un dialogo serio e rispettoso tra credenti e agnostici o atei. A dettare la prolusione il card. Gianfranco Ravasi, presidente del dicastero promotore.

Nel corso dei saluti iniziali, mons. Antonino Raspanti, vescovo di Acireale e coordinatore dell’incontro, ha ricordato tre nuove realtà che faranno da cornice all’evento siciliano promosso dal Pontificio Consiglio della Cultura: “Il Cortile della Narrazione”, un laboratorio di scrittura e narrativa affidato al dott. Stas’ Gawronski (autore e conduttore di CultBook, la trasmissione televisiva di Rai Educational dedicata ai libri), “Il Cortile dei Bambini” che disegneranno come vedono la loro isola su un lunghissimo foglio dispiegato sul sagrato della Cattedrale e “Il Cortile Web” che offrirà a tutti coloro che sono a casa la possibilità di seguire su internet (grazie a Google, diventato partner del Cortile dei Gentili) tutti gli eventi proposti, con l’ulteriore opportunità di formulare delle domande in diretta streaming.

All’inizio della sua prolusione mons. Ravasi non nasconde la propria emozione per le meravigliose immagini musive osservate, presenti nel monumentale Duomo di Monreale, “di fronte a questa straordinaria meraviglia – sottolinea il prelato – ogni parola o riflessione risulta stonata, perché in questo luogo dovrebbe trionfare l’esperienza della contemplazione”.

Due le premesse suggerite dal Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura per introdurre il tema della serata: società, cultura e fede. La prima riguarda il significato del termine “bellezza”;  Ravasi cita le parole di due uomini di cultura che a proposito di bellezza scrivono: “Il bello è solo l’inizio del tremendo” (R. M. Rilke), “La bellezza del mondo ha due tagli, uno di gioia, l’altro d’angoscia, e taglia in due il cuore” (Virginia Woolf). “La Sicilia e le sue bellezze – conclude, dunque, Ravasi – sono ininterrottamente incrociate tra di loro con questi due volti. La bellezza è oggi incastonata in orribili agglomerati urbani, devastazioni, illegalità, degenerazioni, pietre lastricate di sangue dalla mafia. La bellezza è ininterrottamente deposta in grembi osceni, ed è per questo che noi non dobbiamo farla morire ma fiorire”.

La seconda parola chiave è determinata dal significato dato alla parola “cultura”, quella realtà umana che dovrebbe essere attraversata da – così lo definisce Ravasi – un guizzo di coscienza. “Abbiamo bisogno – prosegue l’illustre biblista – di ritrovare la cultura come un elemento trasversale che feconda, con la coscienza, con la sensibilità, con una profondità interiore, tutto l’agire dell’uomo”. Parlare oggi di “cultura mafiosa” – precisa mons. Ravasi – è l’esatto antipodo della parola cultura stessa. Bisogna allora purificare il nostro linguaggio, “un popolo – asseriva Octavio Paz, scrittore messicano, premio Nobel della letteratura – comincia a corrompersi quando corrompe la sua grammatica” .

“Il nostro modo squallido di parlare – sottolinea Ravasi – le chiacchiere, le volgarità, la banalità e la superficialità sono segno di una profonda «incultura». Oggi sperimentiamo anche il rischio dell’indifferenza, “che Dio esista o non esista appare a molti del tutto insignificante, la si considera una perdita di tempo di fronte alla bieca quotidianità sulla quale siamo curvi”.

Il Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura non delude le aspettative, le sue parole – tutte dettate a braccio – vengono accolte con entusiasmo dai numerosi presenti (esponenti della cultura, filosofi, storici, giuristi e letterati e gente semplice) che gremiscono la “Basilica d’oro” della cittadina monrealese.

(Articolo pubblicato su Vatican Insider)

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