Il primato della coscienza, la Chiesa e gli italiani


E’ interessante leggere in questi giorni le preoccupazioni (chiamiamole così!) espresse da alcuni quotidiani circa l’orientamento etico-morale degli italiani, in modo particolare quello dei cattolici. Attraverso una serie “discutibilissima” di sondaggi l’italiano medio risulterebbe sensibile nel valutare le indicazioni della Chiesa su questioni riguardanti il diritto alla vita, la morale, la sessualità. Il cristianesimo rappresenta un forte punto di riferimento per almeno otto persone su dieci, ma in pochi – riferiscono con ironico sarcasmo detti sondaggi – considerano le prescrizioni della Chiesa vincolanti per i propri comportamenti. L’indagine confermerebbe, allo stesso tempo, la diffusione del «relativismo» in ambito etico e morale. L’insegnamento delle gerarchie ecclesiali viene ascoltato, ma subordinato ai convincimenti individuali. Qualcuno asserisce che in determinate circostanze, dal punto di vista della morale (famiglia, vita, sessualità) molte persone si muovono secondo coscienza.

Qualche anno fa, un grosso quotidiano asseriva che il vero “problema” (anche se fra le righe sei costretto a leggere: la causa di tutto!) andava rintracciato nella persona del Romano Pontefice. “Fra Chiesa e politica – afferma il quotidiano – il rapporto, da qualche anno, è più complesso e conflittuale. Soprattutto da quando è divenuto Papa Joseph Ratzinger. Attento a marcare i confini dell’identità cattolica, in modo costante. […] La fiducia nei confronti di Papa Benedetto XVI è sullo stesso livello di un anno fa. Anzi: è salita un poco. (Oggi è espressa da oltre il 55% degli italiani. Giovanni Paolo II era 20 punti sopra. Ma è difficile mettere a confronto un Papa-teologo con un Papa-pastore, icona della sofferenza)”. Ovviamente, per confutare tali affermazioni basta osservare l’incredibile flusso di persone che ogni domenica riempie, inverosimilmente, l’imponente colonnato berniniano, per ascoltare la parola di “quel Papa” a cui i sondaggi non renderebbero giustizia. Si comprende così, con estrema ovvietà, l’infondatezza di certe affermazioni. Porre a confronto gli ultimi due pontificati (quello di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI), cercando ad ogni costo di screditare l’operato di Papa Ratzinger, è stata una strategia ricorrente (un vero e proprio tormentone mediatico!) soprattutto nei primi anni di pontificato di Benedetto XVI.

I motivi sono evidenti: mettere in discussione la credibilità della Chiesa attraverso due dei suoi più illustri rappresentanti, costringendo i cattolici ad operare una scelta tra due realtà appartenenti alla medesima esperienza cristiana. Per tornare alla provocazione iniziale: cosa significa muoversi secondo coscienza? “La coscienza, – recita il Catechismo della Chiesa Cattolica – è un giudizio della ragione mediante il quale la persona umana riconosce la qualità morale di un atto concreto che sta per porre, sta compiendo o ha compiuto. In tutto quello che dice e fa, l’uomo ha il dovere di seguire ciò che sa essere giusto e retto” (CCC, n. 1778). La coscienza morale, dunque, perché possa guidare rettamente la condotta umana, non può fare a meno del concetto di verità. “Rifiutando – scrive San Paolo ai Corinzi – le dissimulazioni vergognose, senza comportarci con astuzia né falsificando la parola di Dio, ma annunziando apertamente la verità, ci presentiamo davanti a ogni coscienza, al cospetto di Dio” (2Cor 4, 1-2). Occorre – affermava Papa Ratzinger – rieducarsi al desiderio della conoscenza della verità autentica, alla difesa della propria libertà di scelta di fronte ai comportamenti di massa alle lusinghe della propaganda, per nutrire la passione della bellezza morale e della chiarezza della coscienza.

E’ necessario rieducarsi, formarsi al desiderio di verità autentiche, anche se purtroppo oggi è più facile “deformare” la coscienza piuttosto che aiutarla a crescere. “In realtà, sono in questione non soltanto le responsabilità personali degli adulti o dei giovani, che pur esistono e non devono essere nascoste, ma anche un’atmosfera diffusa, una mentalità e una forma di cultura che portano a dubitare del valore della persona umana, del significato stesso della verità e del bene, in ultima analisi della bontà della vita. Diventa difficile, allora, trasmettere da una generazione all’altra qualcosa di valido e di certo, regole di comportamento, obiettivi credibili intorno ai quali costruire la propria vita” (Benedetto XVI).

(Pubblicato su Korazym.org)


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