Silenzio e contemplazione


cogitor“Pensa che cosa doveva essere nell’anima della Vergine allorché, dopo l’Incarnazione, possedeva in sé il Verbo Incarnato, il Dono di Dio. In che silenzio, in che raccoglimento, in che adorazione doveva seppellirsi nel fondo della sua anima per stringere quel Dio di cui essa era la Madre! Mia piccola Guite, egli è in noi. Oh teniamoci strette a lui. In questo silenzio, con questo amore della Vergine, è così che passeremo l’avvento, non è vero?” (Elisabetta della Trinità).

Proviamo ad immaginare ciò che accade, in genere, alle donne nel momento in cui attendono la nascita di un bambino.
Cambia tutto! Il corpo si dilata per far spazio a quella nuova creatura che, giorno dopo giorno, cresce nel grembo della madre. Ma accade anche qualcosa di straordinario: la madre, da subito, entra in dialogo con il proprio bambino, ne riconosce la presenza in maniera talmente intima e reale che non può far a meno di “parlare con lui”.

Se questo è ciò che accade normalmente alle donne, pensiamo quale rapporto si sia potuto instaurare tra Maria e Cristo nei giorni che precedettero il parto. La Vergine sapeva di essere diventata la Madre di Dio, e in questo tempo di attesa si curva verso il Cristo che porta in grembo per contemplarlo silenziosamente. “In che silenzio, in che raccoglimento, – come ci ricorda la Beata Elisabetta della Trinità – in che adorazione doveva seppellirsi nel fondo della sua anima per stringere quel Dio di cui essa era la Madre!”.

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