Ringraziando e benedicendo, Gesù trasforma il pane e il vino


corpus_domini«In essa [nell’ Eucaristia, ndr] Gesù ha anticipato il suo Sacrificio, un Sacrificio non rituale, ma personale. Nell’Ultima Cena Egli agisce mosso da quello “spirito eterno” con il quale si offrirà poi sulla Croce (cfr Eb 9,14). Ringraziando e benedicendo, Gesù trasforma il pane e il vino. E’ l’amore divino che trasforma: l’amore con cui Gesù accetta in anticipo di dare tutto se stesso per noi. Questo amore non è altro che lo Spirito Santo, lo Spirito del Padre e del Figlio, che consacra il pane e il vino e muta la loro sostanza nel Corpo e nel Sangue del Signore, rendendo presente nel Sacramento lo stesso Sacrificio che si compie poi in modo cruento sulla Croce. Possiamo dunque concludere che Cristo è sacerdote vero ed efficace perché era pieno della forza dello Spirito Santo, era colmo di tutta la pienezza dell’amore di Dio, e questo proprio “nella notte in cui fu tradito”, proprio nell’“ora delle tenebre” (cfr Lc 22,53). E’ questa forza divina, la stessa che realizzò l’Incarnazione del Verbo, a trasformare l’estrema violenza e l’estrema ingiustizia in atto supremo d’amore e di giustizia. Questa è l’opera del sacerdozio di Cristo, che la Chiesa ha ereditato e prolunga nella storia, nella duplice forma del sacerdozio comune dei battezzati e di quello ordinato dei ministri, per trasformare il mondo con l’amore di Dio. Tutti, sacerdoti e fedeli, ci nutriamo della stessa Eucaristia, tutti ci prostriamo ad adorarLa, perché in essa è presente il nostro Maestro e Signore, è presente il vero Corpo di Gesù, Vittima e Sacerdote, salvezza del mondo. Venite, esultiamo con canti di gioia! Venite, adoriamo! Amen» (Benedetto XVI, 3 giugno 2010).

L’istituzione eucaristica potremmo considerarla il terzo grande mistero della fede cristiana, o se preferiamo sottolinearne l’unicità, il terzo colossale scandalo per una religione.
L’Incarnazione di Cristo, infatti, aveva già spiazzato e messo alla prova la fede israelitica che veniva chiamata a riconoscere nella persona del Nazareno l’antica promessa: la venuta del Messia. Questa realtà era difficile da comprendere. Quale relazione poteva esserci tra Dio e un bambino? Il secondo scandalo era quello della Croce. Poteva un dio, forte e potente, lasciarsi umiliare e crocifiggere come un infame bestemmiatore per poi risorgere (avvenimento umanamente poco credibile!) dalla morte? Infine l’istituzione dell’Eucaristia, che abbraccia Incarnazione, Passione, Morte e Resurrezione di Cristo in un unica realtà misterica e celebrativa, non come il semplice ricordo dell’ultima cena di Gesù trascorsa con gli apostoli ma come memoriale della Sua morte e resurrezione.
 
Nel mistero eucaristico il mangiare e bere il corpo e il sangue di Cristo vuol dire assumere in sé ciò che, apparentemente, sembrerebbe stare semplicemente accanto a noi. C’è come un confine, un limite che deve essere necessariamente oltrepassato: “Assumete dentro di voi ciò che sembra stare soltanto accanto a voi, e come io posso oltrepassare i confini, così lasciate anche voi cadere i vostri confini, assumendo me” (Von Balthasar).
 
L’intento di Cristo non è quello di annullare l’autocoscienza umana per assorbirla nella Sua. Egli desidera che l’uomo conduca una “vita nuova”, libera da ogni ristrettezza e calcolo umano, attraverso una modalità assolutamente inedita, una realtà dove è possibile partecipare della vita di Cristo. Tutto questo poteva accadere solo attraverso un concreto e corporeo atto d’amore da parte di Dio.  Egli viene, infatti, ad instaurare una alleanza eterna con tutta l’umanità; percorre le strade dell’uomo, la sua vita, la sua storia; abbraccia le nostre fatiche, prende su di sé i nostri peccati, lasciandoci il conforto della sua amicizia, la certezza della sua presenza.

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