Benedetto XVI parla al clero ricordando il valore dell’obbedienza


Vatican PopeL’obbedienza – afferma papa Ratzinger durante una splendida riflessione rivolta in questi giorni al clero romano –  “è una parola che non piace a noi, nel nostro tempo. Obbedienza appare come un’alienazione, come un atteggiamento servile. Uno non usa la sua libertà, la sua libertà si sottomette ad un’altra volontà, quindi uno non è più libero, ma è determinato da un altro, mentre l’autodeterminazione, l’emancipazione sarebbe la vera esistenza umana. Invece della parola «obbedienza», noi vogliamo come parola chiave antropologica quella di «libertà»”.

Obbedire è però il “privilegio” del cristiano, il privilegio di poter fare amicizia con Dio; un po’ come accadde ad Abramo che obbedendo divenne “amico di Dio”; «Ma tu, Israele mio servo, tu Giacobbe, che ho scelto, discendente di Abramo mio amico, un’amicizia tra Dio e l’uomo che può realizzarsi» (Is 41, 8); e ancora nel libro di Daniele: «Non ritirare da noi la tua misericordia, per amore di Abramo tuo amico, di Isacco tuo servo, d’Israele tuo santo, ai quali hai parlato, promettendo di moltiplicare la loro stirpe come le stelle del cielo,come la sabbia sulla spiaggia del mare» (Dn 3, 35-36).

La vera libertà può esprimersi dentro un cammino di obbedienza e il prototipo principale di tale obbedienza è solo Cristo, che rivela all’uomo se stesso accondiscendendo incondizionatamente alla volontà del Padre.

“L’obbedienza di Cristo – prosegue il Pontefice – è conformità della sua volontà con la volontà del Padre; è un portare la volontà umana alla volontà divina, alla conformazione della nostra volontà con la volontà di Dio. […] Gesù riassume tutto il processo della sua vita, del portare, cioè, la vita naturale umana alla vita divina e in questo modo trasformare l’uomo: divinizzazione dell’uomo e così redenzione dell’uomo, perché la volontà di Dio non è una volontà tirannica, non è una volontà che sta fuori del nostro essere, ma è proprio la volontà creatrice, è proprio il luogo dove troviamo la nostra vera identità”.

Interessante risulta a tal proposito un pensiero tratto dagli scritti della giovane carmelitana scalza Teresa di Gesù Bambino: “Allora, come ai giorni della mia prima infanzia, esclamai: «Dio mio, scelgo tutto. Non voglio essere una santa a metà, non ho paura di soffrire per Voi, temo una cosa sola, cioè di conservare la mia volontà: prendetela, perché scelgo tutto quello che Voi volete…»” (Teresa di Gesù Bambino – Manoscritto A, 37).

In quel “tutto” scelto dalla giovane Teresa di G.B. c’è un importantissima e fiduciosa adesione alla volontà di Dio (scelgo tutto quello che Voi volete). Teresa teme di conservare la propria volontà, e per questo motivo farà di tutto per discostarsene: “Le mie mortificazioni consistevano nel rompere la mia volontà, sempre pronta a imporsi, nel trattenere una battuta di risposta, nel rendere servizietti senza farli valere, nel privarmi di appoggiare il dorso quand’ero seduta, ecc. ecc.”

Conclude Papa Ratzinger: “Gesù, portando l’uomo, l’essere uomo, in sé e con sé, nella conformità con Dio, nella perfetta obbedienza, cioè nella perfetta conformazione tra le due volontà, ci ha redenti e la redenzione è sempre questo processo di portare la volontà umana nella comunione con la volontà divina. E’ un processo sul quale preghiamo ogni giorno: “sia fatta la tua volontà”. E vogliamo pregare realmente il Signore, perché ci aiuti a vedere intimamente che questa è la libertà, e ad entrare, così, con gioia in questa obbedienza e a “raccogliere” l’essere umano per portarlo – con il nostro esempio, con la nostra umiltà, con la nostra preghiera, con la nostra azione pastorale – nella comunione con Dio”.

Tutt’altro che umiliazione, l’obbedienza è dunque un progetto di vita che consente all’uomo di riconoscere il disegno della volontà di Dio, diventando così la sua più autentica e più grande aspirazione.

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